Sono arrivate le condanne definitive per l’omicidio di Lele Scieri. «Conosciamo finalmente i nomi e i volti degli assassini di Emanuele Scieri». Sono quelli di Alessandro Panella e Luigi Zabara, i due ex caporali che ieri sono stati definitivamente condannati in Cassazione per l’omicidio volontario aggravato di Emanuele Scieri. Il parà siracusano 26enne in servizio militare trovato cadavere nell’agosto […]
Omicidio Lele Scieri, definitive le condanne per gli ex caporali: «Gli assassini cadono sempre»
Sono arrivate le condanne definitive per l’omicidio di Lele Scieri. «Conosciamo finalmente i nomi e i volti degli assassini di Emanuele Scieri». Sono quelli di Alessandro Panella e Luigi Zabara, i due ex caporali che ieri sono stati definitivamente condannati in Cassazione per l’omicidio volontario aggravato di Emanuele Scieri. Il parà siracusano 26enne in servizio militare trovato cadavere nell’agosto del 1999 all’interno della caserma Gamerra di Pisa, tre giorni dopo la morte. «È stata definitivamente scritta la storia», commenta l’avvocato Ivan Albo, uno dei legali di parte civile che rappresenta i familiari di Scieri. Panella è stato condannato a 22 anni di carcere, Zabara invece a nove anni e nove mesi. Così ha deciso la prima sezione della Cassazione che ha rigettato i ricorsi degli imputati. Entrambi assenti ieri in aula a Roma.
Condanne definitive per l’omicidio Scieri dopo più di un quarto di secolo
«Finalmente abbiamo chiuso questa pagina tristissima che andava avanti da troppi anni», afferma Francesco Scieri, il fratello della vittima che invece ieri in aula era presenta. «Mia mamma no, non c’era – aggiunge – perché non ce la fa più. Ma quando ha ricevuto la telefonata degli avvocati è scoppiata a piangere». Di anni, per arrivare alle condanne per l’omicidio di Lele Scieri ce ne sono voluti 26. Più di un quarto di secolo. Inizialmente archiviato come suicidio, il caso del parà siracusano è stato riaperto dopo la relazione finale della commissione parlamentare d’inchiesta.
Le indagini, per un periodo, sono state portate avanti su un binario parallelo dalla giustizia ordinaria e da quella militare. E ci è voluta la pronuncia della Corte di Cassazione a risolvere il conflitto. Poi un lungo processo con tre gradi di giudizio. Nel procedimento con il rito abbreviato è stato assolto il sottufficiale dell’esercito Andrea Antico, anche lui accusato di omicidio. Il reato di favoreggiamento per gli ex ufficiali della Folgore Enrico Celentano e Salvatore Romondia, intanto, era andato in prescrizione.
«Gli assassini cadono sempre»
Torna indietro con il pensiero l’avvocata Alessandra Furnari, da anni al fianco dei familiari di Scieri. «Mi è tornata subito in mente la frase con cui avevo chiuso la mia discussione nel processo di primo grado», confida a MeridioNews facendo riferimento a un aforisma del mahatma Gandhi: «In tutti i tempi ci sono stati tiranni e assassini. Per un certo periodo sono sembrati invincibili, ma alla fine cadono sempre». E così è andata anche per l’omicidio di Lele Scieri.
«Ci sono voluti anni di impegno su diversi fronti – aggiunge l’avvocata Furnari – ma il muro di omertà è stato finalmente abbattuto. E si è arrivati al risultato che, sin dall’inizio, avrebbe dovuto essere il più naturale». Una sentenza che restituisce verità e giustizia alla storia del parà siracusano che all’interno della caserma Gamerra di Pisa ci ha passato più tempo da morto che da vivo. Ammazzato con la violenza del nonnismo. «Nessuno potrà più permettersi di parlare di suicidio e nemmeno di una caduta accidentale», sottolinea la legale.
«Ha cucito le vite di tante persone»

«Emanuele ha cucito le vite di tante persone che si sono ritrovate a lottare per la giustizia». È la riflessione di Sofia Amoddio che è stata la presidente della commissione parlamentare d’inchiesta che ha portato alla riapertura delle indagini sul caso di Lele Scieri. Tra quelle vite cucite c’è sicuramente quella di Carlo Garozzo. Amico fraterno di Emanuele Scieri e presidente dell’associazione Giustizia per Lele. Una realtà che, nonostante non sia stata ammessa come parte civile nel processo, non ha mai smesso di puntare all’obiettivo per cui è nata, subito dopo la morte del 26enne siracusano. «Con dignità e compostezza – dice Garozzo – abbiamo portato avanti questa battaglia di civiltà. Ci resta l’amarezza di una vita che non è stata vita ma anche la forza di essere stati parte di una storia – conclude il presidente di Giustizia per Lele – che, nella sua drammaticità, ha contribuito a renderci migliori, attenti e vigili».