«Un’escalation di rabbia, violenza e sopraffazione. Non si sa se indignarsi di più per la dignità calpestata o per la capacità, sempre più diffusa, di assistere a tutto ciò con indifferenza». È il dubbio con cui si apre una lunga riflessione di Trame di Quartiere, la cooperativa che da più di un decennio opera nel quartiere […]
Sicurezza a Catania, le proposte di Trame di Quartiere: «Non si può rispondere alla violenza con la violenza»
«Un’escalation di rabbia, violenza e sopraffazione. Non si sa se indignarsi di più per la dignità calpestata o per la capacità, sempre più diffusa, di assistere a tutto ciò con indifferenza». È il dubbio con cui si apre una lunga riflessione di Trame di Quartiere, la cooperativa che da più di un decennio opera nel quartiere San Berillo di Catania, una delle zone più ricche di contraddizioni del capoluogo etneo. Una riflessione che parte dagli ultimi casi di cronaca (le continue sparatorie notturne e l’omicidio di Alessandro Indurre nel parcheggio di un supermercato in pieno giorno) – su cui tra pochi giorni in città è attesa la commissione nazionale antimafia – ma cerca di andare oltre le ipotesi di facili soluzioni preconfezionate. «Quello che manca è una reazione di ribellione che sarebbe necessaria a sovvertire l’ordine delle cose. Sembra quasi che ci si stia abituando, con un’inquietante rassegnazione, al degrado di ogni valore e diritto nella nostra società», fanno notare da Trame di Quartiere senza dimenticare, però, il lumicino di speranza che è arrivata, di recente, dalla grande partecipazione in città al corteo per la Palestina.
Di fronte alla questione sicurezza a Catania, «abbiamo assistito persino alla richiesta allo Stato da parte del sindaco Enrico Trantino di inviare l’esercito. In questo modo – analizzano i soci della cooperativa – alla violenza si risponde con la violenza. È la risposta più rapida, quella che dà ai cittadini un’immediata sensazione di sicurezza e, perciò, viene spacciata come la strategia migliore. Ma opprimendo i diritti – affermano – non si eliminano i problemi, si creano nuovi bisogni». Secondo chi con quei bisogni è poi abituato a dover fare i conti quotidianamente, a mancare del tutto sarebbe una visione di responsabilità collettiva. «Invece di guardare alla città nel suo insieme, si preferisce puntare il dito contro i più fragili, stigmatizzarli a gran voce, intervenire sul singolo caso invece di affrontare con coraggio l’intero fenomeno».
È la prospettiva di chi – tra sgomberi, demolizioni e altre azioni repressive da parte di amministrazioni locali e forze dell’ordine – a San Berillo ci vive ogni giorno e sperimenta sempre più le due narrazioni divergenti che si stanno costruendo a Catania: da una parte c’è l’esaltazione delle bellezze , della vivibilità e della cultura della città (tanto da arrivare alla candidatura a Capitale della Cultura) «con una visione quasi futuristica». Dall’altra parte, invece, c’è la quotidianità raccontata dai residenti: chi vive in centro denuncia vetri rotti delle auto e malamovida; più in periferia, invece, i cittadini lamentano l’assenza dei servizi, la gestione inefficace della raccolta differenziata, strade trasformate in discariche a cielo aperto. Insomma, una città divisa in due. «Il problema non è soltanto la situazione in sé, ma anche l’incertezza, l’assenza di risposte e, ancor di più, la mancanza di una volontà politica e di un intervento concreto e tempestivo», sottolineano da Trame di Quartiere ricordando che a San Berillo da oltre due mesi si è costretti a convivere con un cumulo di rifiuti di circa sette metri cubi abbandonati su una delle strade riqualificate con fondi del Pnrr «che dovrebbero servire a ridurre la marginalità sociale. Questa sarebbe la “rigenerazione urbana”?», si chiedono in modo retorico puntando l’accento anche su un paradosso: «Da quello stesso androne di via Maraffino, oggi ridotto a discarica, si accede anche a una proprietà comunale. Quindi, di fatto, il Comune, oltre a chiedere conto ai privati, dovrebbe intimare anche a sé stesso di rimuovere i rifiuti».
E a essere lasciati in stato di abbandono non solo soltanto i luoghi fisici di alcuni quartieri. «Il disagio e la povertà non solo non vengono presi in carico, ma vengono criminalizzati. E non viene neanche data risposta – lamentano da Trame di Quartiere – a chi prova a pretendere che anche qui vengano garantiti diritti e dignità». Ed è anche proprio il caso di San Berillo dove, come ricostruiscono dalla cooperativa, «da quando sono iniziati i lavori di riqualificazione, la situazione è diventata ancor più insostenibile. Gli accessi sono stati bloccati, siamo barricati dentro da quasi un anno. Talvolta sembra di trovarsi nel cuore di una retata permanente», aggiungono dalla cooperativa che, negli ultimi dieci anni, ha portato avanti un percorso che ha permesso di riaprire Palazzo De Gaetani trasformandolo in un luogo vivo e condiviso che oggi ospita attività culturali e sociali, e due appartamenti di housing che accolgono 13 persone escluse dal mercato abitativo catanese. «Ogni giorno proviamo a tenere insieme memoria e futuro, relazioni sociali e nuove visioni, idee e confronti, a costruire una contronarrazione – continuano da Trame di Quartiere – rispetto all’immagine che da decenni segna in maniera quasi indelebile San Berillo, con l’obiettivo di dare forma a un quartiere e a una città più inclusivi, giusti e sostenibili. Crediamo – concludono – che le soluzioni stiano nel lavoro delle politiche sociali, non nelle politiche oppressive sulla sicurezza».




