Omicidio Lucifora, chiesto rito abbreviato per ex carabiniere Avvocato: «Abbiamo nuovi elementi da sottoporre al giudice»

«Abbiamo elementi nuovi da sottoporre al giudice a sostegno della tesi del mio assistito che continua a professarsi innocente». Sulla natura di queste novità non fa nemmeno un accenno l’avvocato Piter Tomasello, il legale dell’ex carabiniere Davide Corallo. L’unico indagato per l’omicidio dello chef 57enne Peppe Lucifora, picchiato e strangolato nella sua casa di Modica la notte tra il 10 e l’11 novembre del 2019, ha scelto di richiedere di essere giudicato con il rito abbreviato condizionato e «subordinato proprio all’integrazione di questi nostri nuovi elementi che sottoporremo al giudice per l’udienza preliminare il prossimo 4 marzo», spiega l’avvocato a MeridioNews

«È stato lo stesso Corallo a spingere per chiedere il rito abbreviato – aggiunge il legale – proprio per la celerità del procedimento rispetto a quello ordinario». Il pubblico ministero aveva chiesto al giudice per le indagini preliminari il giudizio immediato. «Noi, invece abbiamo decido di optare per l’abbreviato condizionato proprio dopo avere visionato l’intero fascicolo degli atti d’indagine», puntualizza Tomasello. Intanto, l’ex militare 39enne originario di Giarratana (in provincia di Ragusa) che è stato in servizio alla stazione dei carabinieri di Buccheri (nel Siracusano) e che adesso è stato sospeso, resta in carcere dove è finito dopo essere stato arrestato con l’accusa di avere ucciso Lucifora.

Gravi indizi di colpevolezza erano stati raccolti dal Ris di Messina e dai carabinieri di Modica sulla presenza di Corallo in casa del cuoco, primo tra tutti il ritrovamento del suo dna. Il carabiere, tra l’altro, era stato tra i sospettati fin da subito. Interrogato tre mesi dopo il delitto – quando era stato iscritto nel registro degli indagati – aveva dichiarato di non avere nulla a che vedere con quanto accaduto. Lucifora è stato strangolato con una sola mano ed è morto per soffocamento meccanico. Dal suo aggressore avrebbe provato a difendersi, come dimostrerebbero i segni delle percosse sul volto e la frattura della mandibola emersi dall’autopsia. Nella camera da letto della casa nel quartiere Dente, il cuoco è stato lasciato chiuso a chiave e seminudo


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