La corte d’Assise di Pisa, dopo una camera di consiglio durate circa sei ore (dalle 15.15 alle 21.15), non ha emesso la sentenza per il processo di primo grado con rito ordinario per l’omicidio volontario aggravato del parà della Folgore siracusano Emanuele Scieri. Il 26enne trovato cadavere, tre giorni dopo la morte, sotto la torretta di asciugatura dei paracadute all’interno della caserma Gamerra di Pisa nell’agosto del 1999. I giudici hanno rimesso la sentenza in istruttoria perché hanno ritenuto necessario ascoltare altri tre testimoni. Così sono state disposte altre udienze: la prossima è già stata fissata per il 13 luglio. Imputati nel processo sono i due ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara, per cui il procuratore Alessandro Crini aveva chiesto rispettivamente una condanna a 24 anni e 21 anni, riconoscendo le attenuanti generiche. I loro legali ne avevano chiesto l’assoluzione. Nel procedimento con il rito abbreviato, erano già stati assolti in primo grado il sottufficiale dell’esercito Andrea Antico, anche lui accusato di omicidio, e gli ex ufficiali della Folgore Enrico Celentano e Salvatore Romondia per il reato di favoreggiamento. Sentenza per cui la procura ha già fatto appello e il processo di secondo grado dovrebbe iniziare a breve.
I legali di parte civile, che assistono la madre di Scieri Isabella Guarino e il fratello Francesco, gli avvocati Alessandra Furnari e Ivan Albo, avevano chiesto la condanna per i due ex caporali. A distanza di 24 anni dai fatti e dopo sette anni dalla riapertura del caso – che inizialmente era stato archiviato come suicidio – in seguito alla relazione finale della commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Sofia Amoddio, oggi era attesa la sentenza che, alla fine, dopo circa sei ore di camera di consiglio, non è arrivata. Ad attenderla con ansia anche gli amici che, subito dopo la morte di Scieri, avevano fondato l’associazione Giustizia per Lele e che non hanno mai interrotto la loro battaglia verso la ricerca della verità. Eppure, non sono stati ammessi come parte civile al processo. «Dita incrociate e mano a battere sul cuore – aveva scritto il presidente Carlo Garozzo – Occhi chiusi e 23 lunghissimi anni alle spalle. Giustizia sarà, giustizia dovrà essere!» E, al momento, si deve ancora aspettare.
«Alessandro Panella deve essere assolto perché il fatto non sussiste o, comunque, per non averlo commesso». Questa era stata la richiesta avanzata, alla fine delle sue due ore di arringa, da parte dell’avvocato Andrea Cariello, legale d’ufficio che difende Panella, principale imputato del processo. L’ex caporal maggiore della Folgore era stato arrestato lo stesso giorno in cui sarebbe dovuto partire per tornare negli Stati Uniti, già con in mano il biglietto sola andata Roma-Chicago e anche quello successivo per San Diego (in California), dove viveva da una decina d’anni e lavorava come interprete per una società privata. «Se stavolta riescono a incastrarmi, mi sa che ci muoio in carcere», aveva detto in una conversazione con un familiare senza sapere di essere intercettato. Nel corso della scorsa udienza, i legali Andrea Di Giuliomaria e Mariateresa Schettini avvocati difensori di Zabara avevano fatto la stessa richiesta di assoluzione e, in via subordinata, anche quella di riqualificazione del reato in omicidio preterintenzionale o morte come conseguenza di altro delitto e la prescrizione. Adesso, decisive potrebbero essere le prossime udienze in cui saranno chiamati altri tre testimoni.
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