Processo omicidio Scieri, procura chiede 24 e 21 anni per i due ex caporali: «Lo hanno ammazzato due volte»

«Una macchina di imbrogli e di sotterfugi manzoniana che si è sviluppata sull’esigenza di un costrutto che doveva raccontare un’altra versione dei fatti». Così il procuratore di Pisa Alessandro Crini ha definito la ricostruzione da parte dell’esercito di quanto accaduto all’interno della caserma Gamerra nell’agosto del 1999 nel corso della sua requisitoria a cui è stata dedicata l’intera udienza di ieri del processo per l’omicidio volontario aggravato di Emanuele Scieri, il parà siracusano in servizio militare. Al termine delle sette ore, il procuratore ha chiesto per gli imputati, i due ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara, la condanna rispettivamente a 24 anni e 21 anni riconoscendo le attenuanti generiche. Nel procedimento con il rito abbreviato, sono stati assolti in primo grado il sottufficiale dell’esercito Andrea Antico anche lui accusato di omicidio e gli ex ufficiali della Folgore Enrico Celentano e Salvatore Romondia, per il reato di favoreggiamento. Sentenza per cui la procura ha già fatto appello.

«Ho individuato dieci comportamenti che non quadrano nella ricostruzione dell’esercito ma l’unico comandamento era negare tutto. In questa schifosissima vicenda si sono sentite un sacco di cose citrulle». Lo ha sottolineato Crini nelle sette ore di udienza durante le quali ha scelto di impostare la requisitoria «come un racconto» diviso in tre parti: il contesto; le indagini partite dalla relazione finale della commissione d’inchiesta sul caso e la ricostruzione dell’omicidio con le responsabilità penali e personali dei due imputati. Su Zabara ha ricordato il tentativo di «costruirsi un alibi» con la telefonata intercettata a un collega della Gamerra a cui avrebbe chiesto di confermare che avessero viaggiato insieme. Per Panella, invece, per l’accusa a parlare chiaro sarebbe già «l’oggettività delle intercettazioni» con i familiari e il tentativo di disfarsi degli scarponi dell’epoca. Il procuratore Crini è anche tornato su un punto fondamentale del processo, quello delle presenze dei due ex commilitoni in caserma la notte dell’omicidio: «Partivano dal presupposto che se le carte dicono che le persone fossero alla Gamerra, allora doveva essere davvero così. E, invece, attraverso diverse testimonianze, abbiamo scoperto che il dato inoppugnabile è che i registri erano spesso errati. Uno stratagemma – ha spiegato – per coprirsi l’uno con l’altro».

Quello che a distanza di 24 anni si sta celebrando al tribunale di Pisa è un processo indiziario ma «con indizi precisi e concordanti». A partire dalle dichiarazioni dei testimoni chiave, il caporale Vincenzo Ara e Alessandro Meucci. Quest’ultimo è il commilitone che la sera dell’omicidio (il 13 agosto del 1999) era di servizio come piantone alle camerate e che ha raccontato di avere visto rientrare Panella, Antico e Zabara dopo il contrappello. «Erano molto agitati, terrorizzati, parlottavano tra sé e sudavano freddo. Sentii distintamente la frase “l’abbiamo fatta grossa“». Quando Meucci si sarebbe avvicinato per chiedere se ci fossero dei problemi, Panella gli avrebbe risposto: «Fatti i cazzi tuoi». E poi sarebbe stato minacciato: «Guarda che se parli ti ammazzo».

Incontrati i tre in caserma nel tardo pomeriggio dell’indomani ha riferito di avere sentito l’espressione «è caduto» e Zabara dire a uno degli altri due: «Stavolta hai esagerato». Un testimone che anche il giudice per l’udienza preliminare Pietro Murano, che ha assolto Antico, ha ritenuto attendibile anche perché «sarebbe assurdo pensare che abbia agito per vendetta dopo vent’anni». La stessa sentenza in cui è stato messo nero su bianco che quello di Scieri è stato un omicidio. Scartate definitivamente le ipotesi di un incidente o del suicidio che come ha sostenuto il procuratore Crini «sono state un modo per ammazzarlo due volte. Mentre il nostro è stato un tentativo di ripulire questa storia da tutte le scorie. Ma ci sono delle domande che la famiglia Scieri continua a farsi: da chi è stato ad ammazzarlo? – ha concluso il procuratore – E come è stato possibile che la Gamerra abbia restituito il corpo sfatto e putrefatto nel pomeriggio di tre giorni dopo?».


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