Processo omicidio Lele Scieri. L’avvocata: «È tempo che cadano i suoi assassini»

«Ricordate che in tutti i tempi ci sono stati tiranni e assassini e che, per un certo periodo, sono sembrati invincibili, ma alla fine, cadono sempre, sempre». È da un aforisma del mahatma Gandhi che ha preso spunto l’avvocata Alessandra Furnari nella sua discussione durante il processo per l’omicidio volontario aggravato di Emanuele Scieri, il parà siracusano 26enne in servizio militare trovato cadavere nell’agosto del 1999 all’interno della caserma Gamerra di Pisa. «Adesso, è tempo che cadano gli assassini di Emanuele», ha aggiunto la legale che, insieme al collega Ivan Albo, assiste la mamma (Isabella Guarino) e il fratello (Francesco) di Scieri. Entrambi presenti in aula durante l’udienza insieme anche a un gruppo di amici del parà siracusano e a Carlo Garozzo, il presidente dell’associazione Giustizia per Lele che non è stata ammessa come parte civile nel processo. Imputati sono i due ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara. Per loro, il procuratore Alessandro Crini ha chiesto la condanna rispettivamente a 24 anni e 21 anni, riconoscendo le attenuanti generiche. Nel procedimento con il rito abbreviato,invece, sono stati assolti in primo grado il sottufficiale dell’esercito Andrea Antico – anche lui accusato di omicidio – e gli ex ufficiali della Folgore Enrico Celentano e Salvatore Romondia, per il reato di favoreggiamento. Il processo d’appello dovrebbe iniziare a giugno.

A ricostruire tutti i fatti con meticolosità in più di tre ore di discussione è stato l’avvocato Ivan Albo. Per ripercorrere i luoghi della caserma e, in particolare la zona ai piedi della torretta di asciugatura dei paracadute dove il corpo senza vita di Scieri fu ritrovato tre giorni dopo la morte, ha mostrato delle immagini da Google Maps. Una linea rossa tracciata per guardare dall’alto il percorso che avrebbe compiuto il parà. E la ricostruzione del suo stato d’animo quando avrebbe incrociato i tre che sono accusati di averlo ammazzato. Poi un video per mostrare il motivo per cui il 26enne si sarebbe arrampicato su quella scaletta, dopo avere già subito le violenze e dopo essersi rivestito. «Tutte le altre vie di uscita sono occupate, Scieri si può muovere solo verso l’alto». Alla fine delle loro discussioni, gli avvocati di parte civile hanno avanzato una richiesta di condanna secondo le pene di legge e di risarcimento economico.

«In Italia – ha aggiunto l’avvocata Furnari – le cose cambiano quando non si possono più nascondere». E, dopo la morte di Scieri, di cose ne sono cambiate. Prima tra tutte, la fine dell’obbligo del servizio militare. Inizialmente archiviato come suicidio, il caso del parà siracusano è stato riaperto dopo la relazione finale della commissione parlamentare d’inchiesta. Le indagini, per un periodo, sono state portate avanti su un binario parallelo dalla giustizia ordinaria e da quella militare. E ci è voluta la pronuncia della Corte di Cassazione a risolvere il conflitto a favore del tribunale di Pisa dove ancora adesso è in corso il processo. Nel corso della prossima udienza, che è già stata fissata per l’8 giugno, la parola passerà agli avvocati delle difese. La sentenza, poi, è attesa per metà dello stesso mese.


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