La storia di Susantha: la sedia a rotelle, la strada, il viaggio «Un senza tetto in meno, un padre di famiglia in più a casa»

Ha passato molte notti sui marciapiedi di Porta Felice, senza potersi muovere perché disabile a causa di un incidente che gli ha immobilizzato le gambe. Lontano dalla sua famiglia, rimasta in Sri Lanka, e senza nessuno su cui poter contare a Palermo. La storia di Susantha, 40enne arrivato a Palermo anni fa in cerca di un lavoro e di una vita migliore, è intrisa di amarezze e delusioni, ma è una storia a cui qualcuno ha voluto e ha saputo regalare un lieto fine. Il merito è dei volontari di Anirbas, la onlus che la sera distribuisce un pasto caldo e non solo ai senza tetto della città, raccogliendone le storie e le giornate, oltre che i desideri e le necessità quotidiane. «Oggi racconto la storia di Susantha perché la gente capisca che si può fare molto per salvare la vita di un essere umano», racconta infatti Sabrina Ciulla, che Anirbas l’ha fondata.

La storia di Susantha è, inevitabilmente, un pezzetto della storia anche di questa palermitana che, a dispetto del clima di odio e di violenza che dai social esce fino a entrare a gamba tesa nel mondo reale, si occupa in modo disinteressato dei meno fortunati della città, dando un contributo che fa davvero la differenza. Tanto da salvare, a volte, delle vite, proprio come quella di questo 40enne. «L’ho incontrato nel 2015 a fine gennaio, era una delle prime ronde che facevamo con Anirbas e lui stava vicino all’istituto Nautico – racconta a MeridioNews Sabrina -. Aveva le gambe fuori uso, ricordo che il loro diametro aveva la dimensione del mio polso, a livello muscolare non aveva più nulla». Sabrina si interessa subito a lui, che decide di fidarsi e di raccontarle la sua storia. «Era venuto in Italia per trovare lavoro, faceva le pulizie in un b&b e aveva il permesso di soggiorno, aveva tutto in regola. Nel suo paese, dove saltuariamente faceva il pescatore, aveva lasciato la moglie e la figlia, a cui mandava i soldi delle sue fatiche».

Ma i sogni si infrangono brutalmente il giorno in cui l’uomo perde l’uso delle gambe. «Una macchina lo ha investito mentre era in bicicletta», racconta ancora Sabrina. Susantha subisce un primo intervento, ma nel frattempo perde il lavoro e l’unica fonte di guadagno. Motivo per cui non può iniziare la fisioterapia, necessaria per tornare definitivamente a camminare. Quando Sabrina lo incontra, sono passati già tre anni da quell’incidente. «Non aveva nulla, solo la strada. Nessun documento, nessun passaporto, non gli era rimasto niente e vivendo praticamente per terra senza possibilità di movimento gli rubavano puntualmente tutto. I pochi soldi che riusciva a racimolare con l’elemosina li custodiva dentro a un sacchetto, che poi immergeva nella fontana che c’è di fronte al Nautico. Questo particolare che mi aveva confidato mi ha sempre colpita moltissimo, non riesco a dimenticarlo», rivela la volontaria. Ma è tutta la storia di quest’uomo che in realtà le si attacca addosso e che lei non riesce ad ignorare. Fino alla decisione di provare a cambiare le cose.

«Abbiamo fatto un percorso con lui, un iter preciso fatto di tanti momenti e passaggi, e ancora non eravamo la realtà che siamo adesso. Susantha stava tutto il giorno costretto su un materasso al Nautico, quando doveva fare pipì si arrampicava su una vecchia sedia a rotelle con le ruote rotte, si allontanava un po’ e faceva la pipì dalla sedia stessa, una situazione molto brutta. Il primo passo è stato portarlo da Emergency in via La Loggia per fare una visita e avere dei documenti per avviare l’iter sanitario. Poi siamo stati alla Asl per ottenere un documento che gli avrebbe invece garantito l’esenzione ticket per sei mesi, un documento speciale pensato proprio per chi come lui non ha documenti, che gli ho rinnovato io ogni volta che è stato necessario per sottoporlo agli interventi». Due quelli affrontati da Susantha, che viene operato a titolo gratuito alla clinica Orestano. «Ne ha subito un primo all’anca destra e poi, dopo circa sei-otto mesi, un altro all’anca sinistra». Fino alla famosa fisioterapia a cui non aveva potuto sottoporsi anni prima. Ma la priorità, oltre alle cure e ai documenti, restava anche quella di provare a toglierlo dalla strada.

«Abbiamo trovato una Rca di Bagheria, una clinica compresa d’istituto di riposo privato per anziani, si sono presi a cuore il caso e lo hanno ospitato nel loro ente, dandogli una stanza, un letto, e qualcuno che si prendesse cura di lui. Lo hanno tolto dalla strada, seguendo anche il suo percorso di fisioterapia durato quasi due anni – spiega la volontaria -. Mentre noi di Anirbas ci occupavamo delle trasferte, portandolo alle visite e assistendolo in ospedale». Ma il team, in realtà, c’è stato anche per le piccole cose di tutti i giorni, dal pacchetto di sigarette alla ricarica telefonica. «Abbiamo mantenuto costantemente i rapporti con la sua famiglia nello Sri Lanka attraverso collegamenti su Skype. Non avendo documenti, all’inizio non poteva neanche permettersi una sim, quindi me ne sono intestata una io per lui, in modo che avesse un telefono», mentre per contrastare i ripetuti furti delle sue poche, quando ancora viveva in strada, Susantha aveva scritto, piccolo piccolo, il numero della volontaria su un pilastro della scuola accanto a cui viveva, in modo da non perderlo mai. «Sembrano sciocchezze, ma non lo non sono – dice Sabrina -. Abbiamo avuto un rapporto bellissimo, lui mi chiamava sorella e mi regalava i suoi disegni».

Ci vuole tempo, ma piano piano Susantha ritorna padrone delle sue gambe e riprende a camminare, prima con l’aiuto delle stampelle, poi con le sue sole forze. I volontari della onlus gli propongono a questo punto, una raccolta fondi per aiutarlo a tornare a casa dalla sua famiglia. Lui all’inizio non è d’accordo, pensa di ritentare col lavoro a Palermo e di mandare di nuovo i soldi ai suoi cari lontani. Ma dopo un periodo di riflessione e sconforto, decide che è più saggio tornare nello Sri Lanka, «qui si sentiva un pesce fuor d’acqua». Il timore di fallire di nuovo lo persuade a cambiare idea e dire addio alla città in cui per tanto anni aveva vissuto. Ma non prima di ringraziare chi gli aveva permesso di riprendere in mano la sua vita. «Ogni volta che mi vedeva mi diceva “Guardami, guardami! Guarda che cosa hai fatto!”…Se penso che ai tempi eravamo così piccoli, noi di Anirbas, avevamo alle spalle ancora così poche ronde, non ci conosceva nessuno. Quanta gratitudine c’era nei suoi occhi, impossibile spiegare come mi sentivo quando mi parlava così – racconta oggi con emozione Sabrina -. Aiutare Susantha è stata una delle cose più belle e sofferte che abbiamo fatto, problematica e dispendiosa sia a livello di denaro che di tempo. L’ortopedico che avevamo faticosamente trovato ci disse che se avessimo aspettato anche solo pochi mesi, avrebbe rischiato l’amputazione delle gambe o addirittura la morte…e in questo caso nessuno ne avrebbe capito il reale motivo».

Non è successo perché i volontari, appena conosciuto quell’uomo per strada, sono istintivamente andati fino in fondo. «Quelle prima sera gli ho chiesto di spostare le coperte e di farmi vedere le gambe, non lo so perché l’ho fatto, ma intanto è andata così. Ma non dimentico l’aiuto di tutti, in primis quello di mio cugino Luigi Scarpello, che mi ha dato una grossa mano. Tutti insieme – conclude Sabrina – siamo riusciti a fare tutto questo. Adesso esiste un senza tetto in meno e un padre di famiglia in più a casa propria».


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