La pesante sconfitta dello Stato nel Biviere di Gela Niente bonifica per incapacità di controllare territorio

«Un attimo che non si sente bene, ho il canadair sopra la testa». Quando risponde al telefono, sono passate già cinque ore dal momento in cui la riserva del Biviere di Gela ha iniziato a prendere fuoco. Emilio Giudice se ne occupa per conto della Lipu, la lega italiana protezione uccelli che da oltre vent’anni ha in gestione uno dei siti naturali più importanti dell’intera Sicilia ma anche uno di quelli più a rischio. Il disastro ambientale, in quest’area la cui importanza è stata riconosciuta anche dall’Unione europea che l’ha inserita all’interno della Rete Natura 2000, da tempo è più che un’ipotesi. «A volte vengono appiccati dall’interno, altre volte le fiamme partono dai fuori i confini della riserva e poi il vento fa il resto», spiega Giudice, mentre al lavoro per arginare il rogo ci sono i vigili del fuoco e un aereo partito da Lamezia Terme. La Regione, dal canto suo, attende ancora di rifornirsi dei mezzi aerei per la campagna antincendio. 

Gli incendi dolosi, però, sono soltanto uno dei problemi che afflige la riserva che, ancora oggi, continua a essere di fondamentale importanza per la nidificazione di diverse specie di uccelli. Anzi a dirla tutta, per la loro sostanziale saltuarietà, non sono neanche la principale minaccia. Ciò che più pesa sull’ecosistema del Biviere sono le fonti di inquinamento che, anno dopo anno, hanno fatto precipitare gli equilibri ambientali per loro natura già delicati. Dalla preoccupazione per le falde alla diossina, dalle plastiche bruciate ai problemi con i livelli del lago che annualmente risente dei prelievi effettuati dal Consorzio di bonifica. «Sono vent’anni che chiediamo che lo Stato intervenga, perché da soli non ce la possiamo fare», sottolinea Giudice.

Lo Stato però – nelle sue declinazioni a livello nazionale, regionale e locale – a oggi non ha battuto alcun colpo. Anzi proprio in queste settimane si direbbe avere registrato la peggiore delle sconfitte, quella che passa dall’ammissione di impotenza. Il ministero dell’Ambiente, infatti, di recente ha archiviato la procedura che avrebbe dovuto portare allo stanziamento di fondi per la bonifica di una discarica di idrocarburi che, ormai è pressoché certo, si trova interrata a poche decine di metri dal lago. All’origine della decisione c’è una considerazione ben precisa. «In assenza di interventi volti alla rimozione delle sorgenti primarie di contaminazione presenti in maniera diffusa, nonché di una efficace vigilanza volta al controllo e alla repressione di pratiche di combustione illecite – si legge in un resoconto di una riunione tenutasi a febbraio – non potrà procedersi nel merito secondo i dettami della vigente normativa in materia di bonifiche».

Come dire: investire per la bonifica potrebbe rivelarsi inutile se si continua a consentire che l’area venga inquinata. Il ragionamento però si scontra con un altro tipo di valutazione: all’interno delle riserve il controllo dovrebbe spettare al Corpo forestale, che però in tutta la Sicilia da anni soffre di una carenza d’organico generalizzata che dalle parti di Gela ha praticamente azzerato la presenza. Per il resto, vigili urbani e carabinieri – con il nucleo ecologico anch’esso sofferente in termini di personale – si trovano a fronteggiare una quantità di criticità tale da vanificare qualsiasi pretesa di controllo. «Noi non abbiamo poteri di polizia giudiziaria, li abbiamo anche chiesti e non ci sono stati concessi. Più che denunciare non possiamo fare», ammette il gestore della riserva. 

La scorsa settimana in prefettura si è tenuta una riunione per fare il punto della situazione. Anche in quel caso il ragionamento si è concentrato su chi dovrebbe occuparsi dei controlli, compresi quelli che riguardano l’incendio delle plastiche utilizzate nelle serre. Fenomeno criminale che si manifesta all’interno di un contesto di suo già ai margini della regolarità, per quanto riguarda i permessi per la realizzazione delle strutture per la coltivazione al chiuso. «Abbiamo un piano di gestione in vigore da anni che si occupa anche del problema delle serre e prevede una serie di misure da attuare – commenta Giudice – Anche in questo caso però non può essere la Lipu a intervenire». 

Ad appesantire il quadro generale è infine la carenza di risorse economiche. Per anni la Regione ha avuto in mano 25 milioni di euro da spendere per il Biviere, ma i soldi sono stati dirottati altrove. Altri dieci, invece, sono stati indirizzati per i primi interventi di messa in sicurezza delle discariche nelle contrade Piana del Signore e Marabusca. «Anni fa avevamo un buon sistema di videosorveglianza che ci consentiva quantomeno di tenere sotto controllo buona parte della riserva. Ma erano apparecchi dalla manutenzione costosa e – conclude amaramente Giudice – da un po’ non abbiamo più i soldi per mantenerlo in funzione».


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