Tra gli indagati dell'operazione antimafia sul clan di Gela denominata Extra fines emerge anche il ruolo di un imprenditore. Originario di Biancavilla, avrebbe operato per la cosca in Lombardia. Tra gli affari c'è pure quello della vendita di un immobile a Treporti, in provincia di Venezia
Gli affari dei Rinzivillo e l’appartamento della discordia «Mi hanno chiamato! Ma perché non ti metti a posto?»
Oppressi dai rivali hanno deciso di spostare il loro business principale fuori dai confini della Sicilia. Meglio Roma o Busto Arsizio, in Lombardia, o la fredda Germania anziché l’opprimente piana di Gela. Da un lato gli sconfitti: la cosca mafiosa dei Rinzivillo, dall’altro lato la famiglia rivale, e vincente almeno in Sicilia, degli Emmanuello. Nasce da qui la scelta dei primi di cercare anche spazi di manovra alternativi a quelli nel territorio isolano, e per farlo si sarebbero avvalsi anche della collaborazione di altre compagini di Cosa nostra, come quella dei Santapaola di Catania, e di alcuni colletti bianchi.
I dettagli di questa storia emergono nelle carte dell’inchiesta Extra fines, della procura di Caltanissetta. Che nei giorni scorsi ha portato in manette, in due distinte operazioni, 37 persone. Tra i nomi quelli di Salvatore Rinzivillo e dell’imprenditore, originario di Biancavilla, Salvatore Alfredo Santangelo. Il primo è il presunto reggente mafioso della cosca, in sostituzione dei fratelli detenuti Antonio e Crocifisso, l’altro, invece, è un impresario attivo nel settore immobiliare in provincia di Brescia. Già noto ai magistrati per il suo passato con la giustizia e per le partecipazioni nella Fininvest Costruzioni generali.
Tra gli affari di cui si sarebbe occupato Santangelo ci sarebbero anche alcune operazioni condotte in Germania. A elencarle sono gli stessi magistrati nelle carte dell’inchiesta. Il biancavillese a Stoccarda sarebbe rientrato in un progetto edilizio per la costruzione di sette villette. Più a Nord invece, nel territorio di Colonia, l’operazione avrebbe previsto l’avvio di alcuni punti d’abbigliamento outlet. Secondo collaboratori di giustizia e testimoni l’uomo sarebbe vicino ai Rinzivillo ormai da diverso tempo. Un rapporto consolidato, proseguito negli anni anche sotto il nome del faccendiere catanese Giorgio Cannizzaro. Ritenuto da numerosi collaboratori di giustizia vicino ai Santapaola, ma con il fardello di fare il doppio gioco da confidente delle forze dell’ordine. In questa inchiesta non è indagato ma viene comunque tirato in ballo dai pentiti catanesi. Sia per un vecchio affare che si sarebbe dovuto concludere a Montecarlo ma anche per delineare il rapporto con Santangelo: «Gino (Crocifisso Rinzivillo, ndr) mi fece conoscere un certo Salvatore, appartenente al clan Santapaola e rappresentante di Giorgio Cannizzaro», racconta il pentito gelese Angelo Bernascone riferendosi proprio a Santangelo.
Nell’inchiesta Extra fines uno degli affari che finisce sotto la lente d’ingrandimento è una presunta estorsione che avrebbe avuto tra i protagonisti anche Santangelo. Vittima del suo piano, e di quello del suo braccio destro Rolando Parigi, sarebbe stato l’imprenditore Aristide Monieri. Costretto dal gruppo dei Rinzivillo, secondo l’accusa, a stipulare un preliminare di vendita di un appartamento con garage a Treporti, provincia di Venezia. Il tutto per consentire a Monieri di onorare, con i soldi ottenuti, un credito pregresso. Quella che secondo gli investigatori è a tutti gli effetti un’estorsione, non si sarebbe mai riuscita a consumare senza l’intercessione del presunto boss Rinzivillo. Invitato, senza mezzi termini, da Santagelo, a «parlare» con Monieri: «Senti una cosa Ari – dice il presunto reggente alla vittima – ascoltami bene! Mi hanno chiamato da Milano! Ma perché non ti metti a posto con Salvatore (Santangelo, ndr)?». Dopo un lungo tira e molla l’invito viene accolto, come confermerebbe una telefonata successiva: «La settimana prossima sistema», racconta Santangelo al suo interlocutore.
Le pretese su quell’immobile sembrava coinvolgere anche il palermitano, Carlo Zacco, che però non finisce indagato per questa storia. Quest’ultimo, conosciuto come il tignoso, è il figlio di Antonino, noto trafficante di droga nella Milano degli anni ’70 e ’90. Per risolvere la questione del preliminare di vendita il gruppo si siede attorno a un tavolo di un ristorante di Milano, nei pressi di viale Zara, in quello che gli investigatori definiscono «un vero e proprio summit di mafia». La lunga trattativa però non si conclude e prosegue fino allo sfinimento. I protagonisti sembrano recitare ognuno una parte di primo piano in base a chi alza la voce con la vittima. Tanto che lo stesso Santangelo, quando i giochi sembrano fatti, sembrerebbe dubitare del presunto boss gelese. Rimasto per troppo tempo da solo con Monieri durante un faccia a faccia e quindi possibile responsabile di accordi sottobanco per la vendita dell’immobile. Dietro la mediazione di Rinzivillo avrebbe ottenuto qualche migliaio di euro, utile anche per «le spese in occasione della cresima del figlio».