La divisione dei pesci secondo Cosa nostra Dal Marocco fino ai locali di Roma e Milano

«Ventimila chili di pesce spada qui si sta parlando, ventimila chili… Per la Sicilia me la spirugghio io, mi faccio Palermo, mi faccio Catania, Gela, Licata. Però il punto forte deve essere lì, a Roma. Lì ci vuole per forza, subito, lo zu Salvatore». Gli affari si fanno sull’asse Marocco-Gela. Da una parte c’è Francesco Guttadaurofiglio di una delle famiglie mafiose siciliane più in vista, quella di Brancaccio. L’imprenditore palermitano (che in questa inchiesta al momento non risulterebbe indagato) da tempo ha spostato la sua attività tra Rabat e Tangeri, da dove spedisce migliaia di tonnellate di pesce che finiscono nei mercati siciliani, nei ristoranti di Roma o nei supermercati di Milano. Dall’altra parte del telefono c’è Carmelo Giannone, considerato dagli inquirenti un appartenente a Cosa Nostra di Gela. Una pedina a disposizione di chi sta sopra di lui: Salvatore Rinzivillo, il reggente del locale clan che gestiva gli affari da Roma. Sono loro a dividersi la ricca torta del business del pescato, stabilendo una rete di contatti con altre famiglie mafiose siciliane: da Mazara del Vallo a Catania, passando per Palermo

«Cosa Nostra – ricorda il giudice nell’ordinanza dell’operazione Extra fines che ha portato all’arresto di 37 persone – ha praticamente il controllo del mercato ittico siciliano, decidendo chi può inserirvisi e dove potere praticare il commercio. Nei mercati esiste da tempo la regola secondo cui i commercianti di pesce sono costretti a versare, a titolo estorsivo, una quota per ogni carico di pesce che viene prelevato». Un’attività criminale consolidata, dunque, che però, grazie all’apertura su mercati esteri e a imprenditori a disposizione dei clan, ha visto moltiplicare i ricavi. Su una fornitura di 40mila euro dal Marocco, l’asse Guttadauro-Rinzivillo contava di ricavarne almeno centomila. 

Salvatore Rinzivillo, chiamato a riorganizzare il clan dopo gli arresti degli ultimi anni, trova in Carmelo e Angelo Giannone (e successivamente anche nell’imprenditore Antonino Catania e nelle sue numerose aziende) dei punti di riferimento per scalare il mercato del settore ittico. I due gelesi, padre e figlio, sono titolari della Ittica San Francesco, dopo il fallimento della Ittica Gela. Ed è attraverso questa società che entrano in affari con Guttadauro. «Io ci metto i lavori e voi – dice Carmelo Giannone parlando con Rinzivillo e dandogli del voi – ci mettete Salvatore». Che equivale a dire: basta il nome del reggente di Gela per portare a termine l’affare. Tale sarebbe il potere conquistato nei decenni dalla famiglia Rinzivillo nello scacchiere di Cosa Nostra. Un’influenza che si sarebbe estesa anche sulla Capitale, stando a quanto raccontano gli uomini vicinissimi a Rinzivillo. 

GLI SVILUPPI DEL BUSINESS A ROMA E IN MAROCCO
«U zu Salvatore unna camina camina, massimu rispettu», racconta ancora Carmelo Giannone, estasiato dall’accoglienza avuta durante la sua visita a Roma: cena a base di caviale costosissimo (2.300 euro), con amaro pregiato del costo di 680 euro a bottiglia. Ma, quel che più conta, nella Capitale, grazie all’influenza di Salvatore Rinzivillo si aprono diversi canali per vendere il pesce proveniente dal Marocco. La conquista del mercato romano inizia nei primi mesi del 2016 e si concretizza all’inizio del 2017. Gli inquirenti individuano nella società Linemar, e nel suo rappresentante legale, Mario Carrai (che al momento non risulta indagato), della città di Anzio, uno degli interlocutori di Rinzivillo e dei Giannone. «Mi dissi – dice Carmelo Giannone riferendosi al commerciante di Anzio – tu tutto quello che vuoi fare qua, sei il padrone, perché c’è mio compare, tutti cosi pò puttari». Secondo gli inquirenti questa disponibilità deriva da un accordo pregresso tra Salvatore Rinzivillo e il padre di Carrai. «Nel corso della conversazione – si legge nell’ordinanza – il commerciante laziale faceva intendere a Giannone che stava intraprendendo questa collaborazione con lui perché c’era stata l’intermediazione di Rinzivillo, sottolineando che lui era un tipo all’antica e che, sebbene in passato gli fossero state fatte proposte per fornirgli del pesce dalla Sicilia, lui non aveva avviato alcuna iniziativa per non fare torto a qualcuno». 

Così gamberoni, calamari, pesce spada, triglie di scoglio, pesce cipolla prendono la strada di Roma per tre volte la settimana. La Linemar non sarebbe l’unica azienda laziale coinvolta. Dalle indagini emergono anche le figure di altri due imprenditori che non risultano indagati. Interlocuzioni che non è chiaro se abbiano portato alla concretizzazione di un accordo. Sempre Guttadauro, inoltre, avrebbe avuto, a Roma, come luogo di riferimento per scaricare il pesce il quartiere dell’Infernetto. 

L’alleanza sull’asse Marocco-Gela, dopo un’inziale fase di attrito legata ai tempi di pagamento, procede talmente bene che Guttadauro propone a Giannone l’acquisto in società di un magazzino nel paese nordafricano, un investimento da 50mila euro. «Tu – sigilla il rapporto Carmelo Giannone al telefono con il palermitano – devi pensare che a Gela c’hai una famiglia tu, e io c’ho una famiglia là. Stop, tra noi altri non ci deve essere né tuo, né mio». «Patti avanti e amicizia lunga, diceva sempre mio padre», replica Guttadauro. Che vede nella nuova partnership la possibilità di arrivare su altri mercati. 

LA CONQUISTA DI MILANO E MAZARA DEL VALLO
Nel capoluogo lombardo, Guttadauro vanta contatti utili. «Ho un po’ di agganci per i ristoranti, a Milano – dice – a parte un paio di ristoranti grossi, belli, che lavorano solo con il pesce e lavorano con clientela alta, conosco un ragazzo palermitano, che è un amico mio, che mi ha detto che lui ce li ha due grossisti al mercato di Milano, seri, scarichi il pesce… E qua ci sono i piccioli». 

Il pesce, però, non arrivava solo dal Marocco. I Giannone comprano anche da produttori locali, tra cui quelli di Mazara del Vallo. Sempre con il lascia passare di Cosa Nostra del posto. Come quando Carmelo Giannone pretende da un commerciante mazarese di pagare il pesce solo dopo averlo rivenduto, mentre il produttore chiede i soldi subito. Un atteggiamento in un primo momento intransigente ma che successivamente – dopo l’intervento di Francesco Majale, considerato dagli inquirenti appartenente a Cosa Nostra, richiesto da Rinzivillo – cambia radicalmente, finendo per cedere alle richieste dei gelesi. 

LA SFIDA TEDESCA
L’ultima sfida per l’asse Guttadauro-Rinzivillo è rappresentata dalla Germania. È nella città di Colonia che i due vogliono aprire un nuovo canale di vendita, grazie alla presenza sul posto di Ivano Martorana, pure lui arrestato due giorni fa dalla polizia tedesca, incaricato di tenere i rapporti con i commercianti tedeschi e indicare i tipi di pesce più richiesti sul mercato. «Le conoscenze di Martorana nelle lobby affaristiche tedesche – sottolinea il giudice – nell’ambito delle quali appare essere ben inserito, grazie anche alla sua partecipazione a logge massoniche, come dallo stesso riferito a Rinzivillo nel corso di un dialogo intercettato, lo rendono perno indispensabile per lo sviluppo del dinamismo imprenditoriale anche in territorio tedesco». «Nuatri a settembre (2016, ndrammu a partiri a razzo... Ma poi ca chi mancanu pisci?», dice Carmelo Giannone intercettato. L’investimento iniziale è stimato in 50mila euro, di cui la gran parte (30-40mila) l’avrebbe messa personalmente Rinzivillo. 


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