Nonostante il rinvio a giudizio sia arrivato lo scorso febbraio, nel giorno della condanna del fratello Raffaele, il processo all'ex parlamentare Mpa accusato di concorso esterno in associazione mafiosa non è nemmeno iniziato. In mezzo rinvii, astensioni e problemi con le costose videoconferenze
Angelo Lombardo, il processo impossibile Sprechi e rimbalzi tra le sezioni del Tribunale
Nella migliore delle ipotesi, il processo all’ex parlamentare del Movimento per le Autonomie Angelo Lombardo inizierà soltanto nel 2015. A stabilirlo è l’ultimo rinvio di un processo iniziato, si fa per dire, lo scorso 4 giugno. Trascorsi cinque mesi, con in mezzo la chiusura degli uffici di metà estate, soltanto ieri è stata disposta l’assegnazione definitiva alla prima sezione del Tribunale di Catania. Dove tutto avrebbe dovuto cominciare. Nell’aula di piazza Verga a comparire davanti i giudici non sarà però soltanto il fratello dell’ex presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo.
Con lui alla sbarra, provenienti da un’altro processo poi riunito, ci sono il rappresentante provinciale di Cosa Nostra etnea Vincenzo Aiello, il geologo Giovanni Barbagallo, il boss di Ramacca Rosario Di Dio e il collaboratore di giustizia del clan Capello Gaetano D’Aquino. Tutti nomi che rientrano nell’inchiesta antimafia Iblis e nei numerosi tronconi giudiziari che negli anni si sono susseguiti. Se però i processi ad Aiello e Di Dio hanno fatto parte del loro corso con le condanne in primo grado per mafia rispettivamente a 22 e 20 anni e quella in appello a Barbagallo a sei anni, lo stesso non può dirsi per Angelo Lombardo.
L’ex politico autonomista venne rinviato a giudizio il 19 febbraio 2014 dal giudice Marina Rizza, nella stessa giornata in cui al fratello Raffaele, che aveva scelto il rito abbreviato, veniva inflitta, dopo un processo durato un’anno e mezzo, la condanna a sei anni e otto mesi per concorso esterno a Cosa nostra e voto di scambio aggravato. Assegnato alla prima sezione del Tribunale, il processo subisce però subito un battuta d’arresto. La sezione competente in virtù di un provvedimento del presidente del tribunale etneo sarebbe infatti la quarta, motivo per cui gli atti vengono rinviati allo stesso per decidere sul da farsi.
Con il procedimento a carico di Angelo Lombardo viene anche chiesto dal pm Antonino Fanara di riunire quello di Aiello & co, imputati per corruzione elettorale e rinviati a giudizio alla terza sezione penale addirittura nel marzo 2013. Passati quasi cinque mesi, con tanto di udienze interlocutorie in mezzo, arriva la decisione del presidente di riunire i processi e assegnarli alla quarta sezione. La stessa che però con alcuni suoi membri si era già espressa in un troncone del processo Iblis proprio sugli imputati Aiello e Di Dio. Ecco perché il procedimento deve essere nuovamente spostato con i togati che si auto-dichiarano incompetenti a proseguire. Ieri la decisione, con i processi uniti che passano alla prima sezione, la stessa che aveva inizialmente assegnato il capitolo processuale riguardante Angelo Lombardo.
Tutto risolto? Per niente. Nell’aula in questione non è disponibile il sistema di videoconferenza. Aiello e Di Dio sono infatti reclusi al 41bis nei penitenziari di Parma e Novara e, poiché hanno diritto a seguire i processi in cui sono imputati, bisognerà attendere di trovare uno spazio libero nei già stracolmi calendari delle aule che a piazza Verga sono adibite per i collegamenti video. Nell’attesa di un vero inizio, intanto, all’incertezza processuale degli imputati si aggiungono i costi della stessa videconferenza, che si aggirano nell’ordine di alcune centinaia di euro per ogni udienza. Per un calcolo approssimativo basti pensare che Aiello e Di Dio dal 4 luglio 2013, data della prima udienza del processo oggi riunito, non sono mai entrati nel vivo del dibattimento. Soltanto al prossimo appuntamento si risparmierà qualcosa, ma soltanto perché non ci sarà materialmente la possibilità di attivare il collegamento video.
Per Angelo Lombardo questo è soltanto l’ultimo capitolo di una storia giudiziaria iniziata nel 2010, proseguita con un processo per voto di scambio semplice insieme al fratello, poi interrotto dagli stessi magistrati dell’accusa per l’emergere di nuovi elementi che proverebbero l’aggravante mafiosa. Una vicenda su cui la parola fine appare ancora lontana.