Restano in isolamento nel carcere di Cavadonna i fratelli Salvatore e Corrado Caruso, rispettivamente di 25 e 22 anni. Sono accusati in concorso di omicidio volontario aggravato da futili motivi e porto abusivo di armi da fuoco per l’agguato dello scorso 12 giugno ad Avola in cui è stato ucciso il 25enne Andrea Pace. Durante l’interrogatorio di garanzia, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Nessuno dei due ha risposto alle domande del giudice per le indagini preliminari Andrea Migneco, né del pubblico ministero Carlo Enea Parodi.
Dopo che il gip ha convalidato il fermo, emettendo un’ordinanza di custodia cautela in carcere, entrambi restano nella casa circondariale siracusana. «Hanno il divieto di incontrarsi tra loro e sono detenuti in isolamento», spiega a MeridioNews l’avvocato Emanuele Gionfriddo che difende tutti e due. Il legale dei giovani, che finora non si sono professati né colpevoli né innocenti, ha presentato istanza per annullare l’isolamento e il divieto di incontro tra loro. Per il momento, infatti, il difensore ha potuto parlare separatamente con i fratelli Caruso ma «sarebbe interessante ascoltarli durante una sorta di confronto – sostiene – Sono scossi anche perché, da giovani incensurati, si ritrovano catapultati in quell’ambiente e tutto il giorno da soli».
I due fratelli sono stati fermati, quattro giorni dopo l’agguato, dai carabinieri della compagnia di Noto che hanno ricostruito i movimenti dei due giovani e di Pace la sera del delitto. Dalla indagini è emerso che tra la vittima e i fratelli Caruso ci sarebbe stato un acceso diverbio. I due lo avrebbero atteso sotto casa, in via Neghelli, e avrebbero sparato dieci colpi di pistola alle spalle, di cui cinque andati a segno, sia da lontano che da distanza ravvicinata. «Dalle immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona che ho potuto visionare – osserva l’avvocato Gionfriddo – si vedono i tragitti compiuti quella serata dai miei assistiti prima e dopo il momento in cui è avvenuto il delitto, ma nessuna telecamera ha ripreso l’agguato», conclude.
Motivo del litigio e movente del delitto sono ancora al vaglio degli inquirenti. che avrebbero indirizzato quasi subito le indagini sulla pista legata alla sfera personale di Pace. Gli inquirenti, però hanno «escluso qualsiasi collegamento con il rapporto travagliato tra la vittima e la sua ex compagna», dalla quale Pace aveva anche avuto una figlia che oggi ha sei anni. Disoccupato, il giovane era già noto alle forze dell’ordine per qualche precedente penale: un furto di 500 chili di agrumi nel 2017 e, nel 2015, circa 40 grammi di hashish e marijuana trovati in camera nascosti anche dentro un peluche. Attualmente, Pace era imputato per atti persecutori dopo l’ultima denuncia dello scorso febbraio da parte dalla sua ex compagna. «Nonostante i suoi trascorsi di poca roba – aveva detto a MeridioNews l’avvocata Anna Maria Campisi che lo ha difeso – il ragazzo non ha mai avuto nulla a che vedere con la criminalità organizzata».
Chi lo conosce ne parla come di un ragazzo «molto istintivo, di sicuro non una persona mite perché si infuocava facilmente, ma non cattivo». Dopo l’ultima denuncia, Pace era finito agli arresti domiciliari. Poi il giudice aveva disposto l’obbligo di soggiorno lontano da casa e lui aveva scelto di andare a Torino, ospite di una zia. In Piemonte era rimasto per circa due mesi. Quando è stato ucciso, lo scorso 12 giugno, era rientrato ad Avola solo da pochi giorni.
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