Agguato ad Avola, resta da chiarire il movente del delitto Escluso collegamento con il rapporto con l’ex compagna

Resta ancora da chiarire il movente dell’agguato ad Avola, in via Neghelli, in cui è rimasto ucciso il 25enne Andrea Pace, proprio davanti alla sua abitazione. Ieri sono stati fermati i due fratelli Salvatore e Corrado Caruso – rispettivamente di 25 e 22 anni – accusati in concorso di omicidio e porto abusivo di armi da fuoco. A sparare, però, pare sia stato solo uno dei due, mentre l’altro avrebbe avuto il ruolo di accompagnatore e avrebbe fornito un supporto per la fuga successiva. Entrambi, adesso, si trovano nel carcere siracusano di Cavadonna ma non sono ancora stati sentiti. Il fermo non è ancora stato convalidato e l’interrogatorio davanti al giudice deve ancora essere fissato. 

Fondamentali per le indagini sono state le
immagini delle telecamere di videosorveglianza della zona e anche alcune testimonianze di persone vicine alla vittima. Stando a quanto ricostruito finora dagli inquirenti, tra la vittima e i fratelli Caruso ci sarebbe stato un acceso litigio la stessa sera dell’omicidio. Pare, infatti, che la vittima avesse trascorso anche con loro parte della serata. I giovani, che si conoscevano tra loro, non erano comunque amici. Ancora da ricostruire anche se i due fratelli avessero già con loro l‘arma utilizzata per l’esecuzione.

I due lo avrebbero atteso sotto casa e avrebbero sparato dieci colpi di pistola alle spalle, di cui cinque andati a segno, sia da lontano che da distanza ravvicinata. Il movente dell’omicidio è ancora al vaglio degli inquirenti che avrebbero indirizzato quasi subito le indagini sulla pista legata alla sfera personale di Pace. Al momento, però, le autorità hanno «escluso qualsiasi collegamento con il rapporto travagliato tra la vittima e la sua ex compagna» (dalla quale Pace aveva anche avuto una figlia che oggi ha sei anni). 

Disoccupato, il giovane classe 1994 era già noto alle forze dell’ordine per qualche precedente penale: in particolare, un furto di 500 chili di agrumi nel 2017 e, due anni prima, una quarantina di grammi di hashish e marijuana trovati nella sua camera (in parte nascosti anche dentro un peluche). Attualmente Pace era imputato per atti persecutori dopo l’ultima denuncia arrivata, lo scorso febbraio, dalla sua ex compagna. «Nonostante i suoi trascorsi di poca roba – aveva detto a MeridioNews l’avvocata Anna Maria Campisi che ha difeso Pace nelle questioni legali che lo hanno visto coinvolto – il ragazzo non ha mai avuto nulla a che vedere con la criminalità organizzata». 

Chi lo conosce ne parla come di un ragazzo «molto istintivo, di sicuro non una persona mite perché si infuocava facilmente, ma non cattivo». Dopo l’ultima denuncia, il 25enne era finito agli arresti domiciliari. Poi il giudice aveva disposto l’obbligo di soggiorno lontano da casa e Pace aveva scelto di andare a Torino, ospite di una zia. Nel capoluogo piemontese era rimasto per un periodo di circa due mesi. Quando è stato ucciso, lo scorso 12 giugno, era rientrato nella cittadina del Siracusano solo da pochi giorni


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