Sorpresa: gl’italiani non pagano più le tasse e le bollette

IL FENOMENO IN PARTE E’ DOVUTO ALLA CRISI ECONOMICA. MA IN PARTE E’ ANCHE DAL FATTO IN TANTI, NEL NOSTRO PAESE, NON SI SENTONO PIU’ ITALIANI

L’Italia è un Paese pieno di problemi. Il primo, noto a tutti anche se nessuno fa niente per risolverlo, è avere ceduto la propria sovranità monetaria alle banche. Il secondo, anche questo risaputo e, come il primo, apparentemente privo di soluzioni almeno nel breve e medio periodo, è la spesa pubblica, che invece di diminuire, come sarebbe giusto in un periodo di crisi, aumenta costantemente e vertiginosamente.

Il terzo problema del Bel Paese pare sia meno conosciuto, ma non per questo è meno grave: in Italia nessuno paga più le tasse. Tutte le tasse. Senza alcuna distinzione e senza nessuna differenza.

Secondo i dati della Guardia di Finanza, lo scorso anno, i responsabili di frodi e reati fiscali sarebbero stati 12.726 (di cui, non si sa perché, solo 202 arrestati). Ottomila sarebbero gli evasori totali e 27mila i lavoratori tenuti in nero. Ben 4,6 miliardi di Euro sono stati sequestrati e sono stati scoperti 15,1 miliardi di ricavi non dichiarati.

A questi, però, vanno aggiunti 850 milioni di Euro derivanti da mancati pagamenti della tassa di possesso dell’auto o della moto (dati Quattroruote/ACI). E circa un miliardo e 850 milioni (dati Centro studi e ricerche sociologiche “Antonella Di Benedetto” di Krls Network of Business Ethics) per il mancato pagamento del canone RAI (550 non sono stati versati dalle famiglie e un miliardo e 300 per somme non pagate dalle aziende).

Ma non basta. A queste somme deve essere aggiunto il mancato pagamento delle bollette. Quali bollette? Tutte. Indistintamente. Dalle rate del mutuo all’affitto per la casa alle bollette per beni e servizi di prima necessità come acqua, luce e gas. Il risultato è che negli ultimi anni gli insoluti sono cresciuti a ritmi vertiginosi fino a raggiungere la somma spaventosa di 34 miliardi di Euro. E dato che molte di queste aziende sono pubbliche (ad esempio comunali) o a partecipazione pubblica, è evidente che “qualcun altro” è stato costretto a pagare.

Ma la lista non finisce qui. Gli italiani non pagano più neanche per i servizi urbani: solo dalle ‘casse’ nel Comune di Roma, qualche anno fa, sono mancati ben 60 milioni di Euro a causa di mancati pagamenti della tassa sui rifiuti. Fenomeno che peggiora man mano che ci si sposta nelle regioni dove la crisi si sta facendo sentire in modo più pesante: al sud la bolletta dei rifiuti viene ‘evasa’ ad una media del 75% dei soggetti interessati (dati Fondazione per lo sviluppo sostenibile e Comieco).

Secondo una recente stima, l’evasione fiscale costerebbe complessivamente agli italiani oltre 180 miliardi di Euro ogni anno. Soldi che sarebbero dovuti entrare nelle ‘casse’ dello Stato sotto diverse forme e che, se incassati, avrebbero risolto molti dei problemi del Paese. E che, invece, finiranno per essere strappati dalle tasche di una minoranza sempre più sparuta di cittadini onesti.

In molti hanno analizzato le statistiche relative ai mancati introiti e alle tasse non pagate. La maggior parte degli studiosi si è concentrato sulle conseguenze causate da questo fenomeno. Nessuno invece ha cercato di capire quali siano le cause. Spesso ci si è limitati, superficialmente, a pensare che la causa è la crisi che sta attraversando il nostro Paese. Oppure, ancora più leggermente, che è nella natura stessa degli italiani un simile comportamento (cosa quanto mai errata come dimostra il fatto che, non appena gli italiani emigrano all’estero, diventano cittadini modello).

Il vero motivo di un simile comportamento, forse, potrebbe essere un’altro: gli italiani non pagano più le tasse perché non si sentono più “italiani”. Non sentono di dover contribuire al mantenimento della “cosa comune” perché non pensano che sia “comune”. In un recente studio firmato dal britannico Richard Murphy, direttore di ‘Tax Research’ (che, ovviamente, la maggior parte dei media ha pensato bene di dimenticare di diffondere) è emerso che l’Italia è il Paese europeo dove più di ogni altro si cerca di non pagare tasse e imposte. L’Uif (che fa capo a Bankitalia) ha stimato che, per ogni 100 Euro di imposte pagate, altre 38,19 Euro non entrano nelle ‘casse’ dello Stato! E chi lo fa, sa bene che, in questo modo, potrebbe incorrere in un reato penale.

Eppure gli italiani continuano a non pagare tasse e tributi di ogni natura e di ogni tipo. Perché? di chi è la colpa di tutto ciò?

Dei politici, che per la gente non sono più esempi da seguire, ma, anzi, una giustificazione e uno stimolo a violare le leggi (“Se lo fa lui, e resta impunito, perché non dovrei farlo anch’io)?. Politici che, spesso, si sono sforzati di emanare leggi inutili per i cittadini e funzionali solo al proprio interesse personale o così complesse e farraginose che nessuno vuole e può rispettarle.

Forse la colpa sarebbe da attribuire alle “autorità” che, sommerse dagli sprechi di una pubblica amministrazione inefficiente, non hanno più le risorse per far rispettare leggi e regolamenti sempre più complicati e difficili da applicare, irte di cavilli e di ambiti oscuri o piene di articoli e commi che non hanno nulla in comune tra loro.

O forse è dei cittadini che, avendo eletto quei politici, sarebbero i primi responsabili della propria vita? Eppure sapevano bene che, permettere di gestire la cosa comune a persone sconosciute nominate (non elette) sulla base di sistemi elettorali incostituzionali, non avrebbe permesso di chiedere, in un secondo momento, ai depositari del potere conto e ragione di ciò che avevano fatto.

O ancora la colpa è di qualche mente oscura al di sopra di tutto e di tutti che ha fatto si che ciò avvenisse per poter trarre maggiori benefici da questa situazione di crisi e di caos.

Recentemente, uno studio dell’OCSE ha mostrato come l’evasione fiscale in diverse parti d’Europa abbia raggiunto livelli di guardia (sebbene molto inferiori a quelle raggiunte in Italia). Pare che a risentire di meno di questi problemi siano i Paesi scandinavi. La cosa non sorprende.

In questi Paesi, infatti, esistono due fattori che sono un deterrente a qualsiasi volontà di evasione odi elusione fiscale. In primo luogo il fatto di poter beneficiare dei servizi per cui si pagano tasse ed imposte. I servizi pubblici funzionano tutti, indistintamente. Che si tratti di ospedali o di scuole che si parli di strade o di rifiuti, che si tratti di servizi sociali o di trasporti pubblici (anche in questi Paesi i manager sono ben pagati, ma le aziende che gestiscono funzionano, eccome), in questi Paesi la risposta dello Stato è sempre pronta, efficiente e efficace. Altro fattore non secondario questi Paesi, tranne qualche rara eccezione, sono uniti da un senso di nazionalismo che in Italia ormai manca da molto, troppo tempo.

Chiunque osi buttare per terra una cartaccia in Svezia o in Danimarca o in Finlandia verrà subito redarguito dai passanti (nessuno osi sporcare il marciapiede della ”loro” città) e multato dalle autorità competenti. Si provi a fare lo stesso a Palermo, a Roma o a Napoli e si osservino le conseguenze. Nessuno dirà nulla (in fondo quel marciapiede non è “suo”).

Il problema è che gli italiani non hanno mai creduto nello Stato come “cosa comune”. Fino a che le cose hanno funzionato in modo tollerabile, nessuno ha proferito parola. Ora che la situazione, sia politica che economica, è peggiorata, gli italiani non sentono più come propri i principi che i padri fondatori pensarono fossero i cardini in cui doveva ruotare la macchina pubblica. Ideali trasformati in leggi che avrebbero dovuto unire popoli molto diversi tra loro, genti con culture, tradizioni e percorsi storici differenti nel calderone Italia.

Col tempo, nel Bel Paese, è venuto a mancare lo spirito nazionalista che aveva permesso all’Italia di riprendersi dopo i disastri della Seconda Guerra Mondiale e di raggiungere posizioni di rilievo a livello internazionale. Lo provano i tentativi di separatismo del Veneto e della Sardegna, per non parlare dei Sudtirolesi, la cui terra fu annessa all’Italia solo come frutto di un accordo diplomatico.

La verità è che ormai, in molte parti del mondo, i popoli si sono resi conto che come ha detto Gideon Rachman (Financial Times) “Non si può salvare un matrimonio dichiarando il divorzio illegale”. In Italia, così come in Scozia o nelle Fiandre o in Catalogna o in Belgio, la gente ha preso coscienza dello stato di crisi in cui si trovava e ha cominciato a gridare a viva voce che è stufa di essere comandata da chi non vede più come connazionale. È per questo che sempre più regioni stanno chiedendo di tornare ad essere autonome.

Probabilmente non si saprà mai di chi è realmente la colpa di quanto sta avvenendo in Italia e nel mondo, ammesso che sia di qualcuno in particolare. L’origine del problema ormai è troppo vecchia.

L’unica cosa certa è che, quando un disagio così profondo si manifesta in tanti luoghi contemporaneamente, è segno che cambiamenti storici sono vicini, molto vicini. E, allora, c’è solo da sperare che questi cambiamenti avvengano in modo pacifico…

 

 

 


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