Siracusa, la resistenza dei commercianti alle bombe carta «Da sempre abbiamo l’etichetta di infami, ma non c’importa»

«Che si sia trattato di un atto intimidatorio o di vandalismo, è comunque un fatto grave rivolto non solo contro di noi ma contro tutti i siracusani onesti». A pochi giorni dall’esplosione di una bomba carta davanti alla tabaccheria in via Piave a Siracusa, che gestisce insieme al fratello, Alessandro Cassarino spiega a MeridioNews che «l’etichetta di infami ce l’abbiamo sempre avuta ma non ci importa». Infami perché già nel 2002, si erano avvicinati all’associazione antiracket – di cui adesso Alessandro è componente del direttivo – dopo che la loro attività era stata presa di mira una prima volta. «Vent’anni fa – sottolinea il coordinatore provinciale dell’associazione antiracket Paolo Caligiore – erano delle mosche bianche a fare un passo del genere avendo un esercizio commerciare in quella zona». Il quartiere della Borgata dove, anche negli ultimi anni, la cappa del pizzo è rimasta pesante. E proprio lì, per oggi pomeriggio, è stata organizzata una manifestazione antiracket. 

«Non abbiamo ricevuto né minacce né intimidazioni – puntualizza Cassarino – Nel 2002 eravamo stati vittima di un tentativo di estorsione». In quel caso, era stata la polizia ad avvisare i due fratelli di avere trovato, davanti alla tabaccheria, un pacchetto con dentro dei bossoli e la scritta: «I prossimi sono per la testa». Nei giorni successivi, c’era stato un lieve attentato dinamitardo. Niente a che vedere con la potenza di quello della scorsa settimana che ha lasciato i segni sul muro d’ingresso, ha frantumato due vetri blindati dell’attività e quelli del palazzo di fronte, e ha rotto il telaio della porta e fatto saltare anche tre insegne. «Nonostante tutto – continua il commerciante che oggi sarà in prima fila per il sit-in – non abbiamo voluto perdere nemmeno un minuto di lavoro perché chiunque sia stato ne avrebbe tratto soddisfazione. È il nostro modo di resistere». 

Intanto le indagini proseguono e sui social rimbalza il frame di un video delle telecamere di videosorveglianza della zona che è stato pubblicato, per la prima volta, da Bruno Piazzese. Il noto imprenditore siracusano che vive sotto scorta da quando, nel 2002, il suo Irish Pub in Ortigia ha subito quattro attentati. Nel fotogramma si vede un uomo incappucciato, con le mani in tasca, e una gamba alzata che fa intuire una camminata veloce sul marciapiede. «Nei filmati che abbiamo già consegnato alle forze dell’ordine – dice Cassarino – si vede anche il momento in cui poggia l’ordigno davanti alla nostra tabaccheria e poi scappa verso la parte bassa della via». Per il coordinatore antiracket è chiaro che sia un messaggio rivolto a commercianti e imprenditori che, già da tempo, hanno scelto da che parte stare: «Io non credo che chi ha piazzato quella bomba carta abbia agito senza il benestare di chi ancora oggi comanda in quel quartiere. Anche se – continua Caligiore – non è ancora chiaro quale sia il messaggio dietro questa volontà di colpire chi si è sempre esposto in prima linea contro il racket». 

Quello ai danni della tabaccheria dei fratelli Cassarino è l’ennesimo episodio del genere che, oramai dall’autunno del 2017 a intervalli regolari, si verificano nel capoluogo aretuseo. Rosticcerie, paninerie, pizzerie, pubbar, un rivenditore di dolciumi, una palestra, un barbiere, un fabbro, un circolo ricreativo, un centro scommesse. Eventi che si susseguono uno dietro l’altro, ma metterli in fila tracciando una linea retta che li accomuna tutti sarebbe eccessivamente semplicistico. Stando a quanto emerso finora dalle indagini, dietro l’esplosione di un ordigno rudimentale o di un incendio appiccato a un locale, ci sarebbero non solo richieste estortive ma moventi di diversa natura: screzi personali anche dovuti a banali motivi, regolamenti di conti dopo un torto subito, questioni che ruotano attorno al mondo del traffico e dello spaccio di droga. In alcuni casi, le ipotesi investigative non escludono dimostrazioni di forza su un territorio o nei confronti di persone che altri (rivali) affermano di proteggere. 


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