«Il nostro core business erano Open Land e Am Group». L’attività principale degli avvocati Giuseppe Calafiore e Piero Amara, per bocca stessa di quest’ultimo, erano le due società finite nell’indagine denominata Sistema Siracusa che ha scoperchiato un mondo di corruzioni. «Il nostro tentativo fu di non quantificare i danni reali ma di implementarli». È per questo che, nelle vicende che riguardano le due società – entrambe legalmente rappresentate dalla madre di Concetta Rita Frontino che è la compagna e convivente di Calafiore – i legali avrebbero fatto carte false per nominare i consulenti tecnici per le perizie. Fino a corrompere il presidente del consiglio di giustizia amministrativa della Regione Siciliana, Raffaele Maria De Lipsis, finito ai domiciliari lo scorso 7 febbraio con l’accusa di corruzione in atti giudiziari insieme all’ex giudice della corte dei Conti, Luigi Pietro Maria Caruso, che avrebbe agito da intermediario.
Gli affari importanti, si sa, spesso si discutono attorno a una tavola imbandita. In questo caso, tutto comincia con una cena in occasione delle festività natalizie del 2014 a casa di Amara, durante la quale sono presenti Calafiore, Caruso e anche l’ex pubblico ministero Giancarlo Longo. «Stavamo organizzando la nomina del consulente, era in corso la camera di consiglio della Open Land – racconta Amara nel corso di un interrogatorio – Bisognava convincere De Lipsis a nominare Salvatore Maria Pace». Un ctu compiacente per quantificare il risarcimento del presunto danno dovuto al ritardo nel rilascio della concessione edilizia per la realizzazione del centro commerciale Fiera del Sud da parte del Comune di Siracusa. È durante quella cena natalizia che Amara si assicura che Longo abbia ricevuto il denaro da Calafiore: «Mi disse che aveva avuto 25mila euro. Calafiore – continua il legale – era in grado di ottenere da Longo qualsiasi cosa nell’ottica di una funzione ormai comprata, mentre per me Longo era a disposizione a gettone».
L’interesse dei due non ruota solo attorno alla vicenda Open Land, ma anche attorno agli affari della società Am Group – anche questa riconducibile al gruppo Frontino – cui, nel settembre del 2011, viene negato dalla Soprintendenza di Siracusa il nullaosta per la realizzazione di 71 villette in un’area contigua alle mura dionigiane del capoluogo aretuseo. L’impugnazione del diniego al Tar viene rigettata. Proposto un appello al Cga, il presidente del collegio De Lipsis decide di procedere a una consulenza tecnica d’ufficio e affida a Vincenzo Naso – ordinario all’Università La Sapienza di Roma, finito anche lui indagato lo scorso febbraio all’interno della rete corruttiva – l’incarico di verificare la compatibilità del progetto presentato con il vincolo archeologico e di quantificare l’eventuale danno. Naso attesta la compatibilità e quantifica il danno in 240 milioni di euro. Per questa vicenda a Naso e Calafiore è stato contestato il reato di falso ideologico perché nella perizia viene indicato un valore dei danni subito da Am Group «di gran lunga sovrastimato». Con una sentenza successiva, quando De Lipsis era ormai in pensione, il ricorso è stato rigettato.
Stando a quanto dichiarato da Amara, dopo il versamento di 20mila euro a Caruso (per De Lipsis), «oggettivamente intervennero le nomine di Pace e Naso». Ma non tutto è bene quel che finisce bene. Infatti, il racconto prosegue con una «lite furibonda» tra Caruso e Calafiore che «hanno rischiato di venire alle mani». L’oggetto della discordia è la cifra ipotizzata per il risarcimento nella relazione del consulente: 24 milioni e 400mila euro. Il tribunale di Siracusa, lo scorso giugno, ha stabilito invece che deve essere Open Land a restituire all’ente comunale i 2,8 milioni che erano già stati versati prima che venisse fuori il caso giudiziario. «Le relazioni, in realtà, le ha scritte Calafiore ma Caruso – dichiara Amara – gli disse che era un pazzo. Lui si risentì e diventò una iena perché aveva pagato e si sentiva truffato dal suo punto di vista perché la nomina del consulente non era finalizzata al consulente in quanto tale, ma a ottenere un congruo risarcimento, su cui anche io avrei avuto una percentuale». Di affari si discuteva soprattutto passeggiando negli isolati accanto allo studio di Amara con una «attenzione maniacale» per il timore di essere intercettati: «La prudenza nasceva proprio come modus».
In un verbale dello scorso 21 maggio è Calafiore ad assumersi le proprie responsabilità raccontando di avere consegnato a Caruso i contanti in tre tranches (due da 15mila e una da 20mila euro, tra la fine del 2014 e l’aprile del 2015). «Si tratta di due procedimenti in cui ritenevo e ritengo di avere ragione da vendere. Ho fatto tutto io, la mia compagna non c’entra nulla». In realtà, da alcune intercettazioni telefoniche emergerebbero dei rapporti tra De Lipsis e Concetta Frontino. Un elevato numero di contatti si concentra nei giorni prima e dopo date importanti (come, per esempio, quella in cui il Cga deposita la sentenza con cui rigetta il ricorso del Comune e dispone la nomina di Pace). La vicinanza delle celle agganciate a Roma dai cellulari dei due – poco più di 70 metri – induce gli inquirenti a ritenere che «vi siano stati degli incontri tra i due finalizzati a definire i dettagli dell’accordo corruttivo sotto il profilo economico». Tra l’altro, in quei giorni, la guardia di finanza di Palermo ha accertato che De Lipsis ha eseguito numerosi versamenti in contanti sul proprio conto corrente. In prossimità delle decisioni del Cga, inoltre, sarebbero stati riscontrati numerosi contatti telefonici tra De Lipsis e Caruso e, per chiudere il cerchio, anche tra Caruso e Frontino.
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