Informare, discutere, proporre: questi i punti all'ordine del giorno dell'assemblea aperta di Lingue sulla riforma Gelmini. Proclamato lo stato di agitazione permanente, tra le azioni di concreta mobilitazione prevista, anche, l'istituzione di un Coordinamento d'Ateneo- Mozione dell'assemblea aperta contro la riforma universitaria - «La logica delle forbici». Firma anche tu il documento contro i tagli all'istruzione- L'Italia dell'ignoranza sancita per legge
«Senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica»
«Meritocrazia e diritto allo studio. Il ministro Gelmini sostiene di aver basato su questi due concetti le sue riforme dell’Università. Ma analizzando la nota ministeriale del 4 settembre si evince che i provvedimenti del Governo si muovono in tutt’altra direzione, causando un effetto di svuotamento dei valori e di totale confusione all’interno degli atenei». Ecco le parole del professore Attilio Scuderi ad aprire l’assemblea aperta contro la riforma universitaria, tenutasi venerdì mattina nell’aula A8 dell’ex Monastero dei Benedettini, con lo scopo di informare e discutere insieme sulla grave crisi dell’Università italiana.
L’incontro, «fortemente voluto e indetto tra mille difficoltà», è stato organizzato da studenti, personale amministrativo e insegnanti della facoltà di Lingue e letterature straniere di Catania, per dar seguito al documento elaborato dagli stessi professori (primo atto pubblico formale del corpo docente catanese) per protestare apertamente contro i tagli all’Università e all’istruzione in generale operati dal Governo.
Oltre al prof. Scuderi, sono intervenuti anche i professori Felice Rappazzo, Antonio Pioletti, Simona Laudani e Fabio Chisari, insieme a rappresentanti del Coordinamento precari della ricerca, del sindacato FLC (Federazione Lavoratori della Conoscenza) e dei precari della scuola.
Oggetto primario del dibattito è stata l’analisi della nota del Ministro Mariastella Gelmini sui corsi di laurea, contenete le «linee guida del Governo per la razionalizzazione e la qualificazione dell’offerta formativa», dove vengono annunziate nuove misure, tese a rendere più rigidi gli attuali requisiti per l’erogazione della didattica nelle università.
Introduzione del numero chiuso in tutte le facoltà, contrazione delle ore destinate alla didattica, chiusura di decine di corsi di laurea, condizioni agevolate per le università private a discapito delle pubbliche, decimazione di docenti e discipline attivate, tagli sui fondi destinati alla ricerca, aumento della condizione di precariato per professori a contratto e ricercatori causato dall’irrigidimento delle selezioni per il concorso di abilitazione: questi alcuni dei provvedimenti pensati dalle istituzioni per tentare di porre rimedio al totale fallimento del sistema 3+2 «senza oneri aggiuntivi per la finanza pubblica», e che, se resteranno tali, causeranno a breve termine il collasso del sistema universitario italiano.
«Nei prossimi anni noi non saremmo più in grado di garantire un’alta formazione universitaria – continua il prof. Scuderi – per questa ragione intendiamo costituire un comitato che prenda provvedimenti seri. Dobbiamo rendere tutti consapevoli della grave situazione in cui ci troviamo. Tutti sono invitati ad aderire».
«Stiamo assistendo allo smantellamento dell’ Università pubblica. Se tutte le facoltà saranno a numero programmato si perderà il diritto all’istruzione» dice la professoressa Laudani. «Il problema è antico e non ha colore politico. Sono stati fatti troppi errori, l’applicazione delle riforme è stata dissennata. Adesso noi dobbiamo elaborare un modello alternativo che riequilibri alcune cose, e bisogna ricominciare ad informare. Dobbiamo lavorare in maniera costruttiva e cercare le alleanze giuste, anche all’interno di partiti e sindacati».
Secondo Giampiero Gobbi, rappresentante degli studenti, «la nota del 4 settembre e la legge 270 ci porteranno ad avere una Facoltà monca del corso di laurea più seguito (Scienze per la Comunicazione Internazionale, n.d.r.) e quello che, almeno sulla carta, garantiva ai neolaureati più accesso al mondo del lavoro. Io propongo di organizzare tra gli studenti dei gruppi di studio, per elaborare insieme delle soluzioni possibili. Se non ci sono spazi a sufficienza per gli studenti, se le aule sono poche e troppo piccole, se mense, posti letto e borse di studio sono insufficienti, la responsabilità è anche della Regione. Dobbiamo partire anche da qui».
«Non solo le cose non cambiano, ma peggiorano. Dobbiamo capire che cosa sta accadendo perché credo che fino ad adesso non l’abbiamo avuto ben chiaro. Ancora non abbiamo visto i veri dati, ci saranno altri tagli» insiste il prof. Pioletti. «E’ cambiato il paradigma culturale della conoscenza in cui il sapere viene visto tale solo se rende e non come parte integrante della nostra vita. Questa visione però nega il concetto stesso di sapere. Tagliare i fondi all’istruzione significa tagliare i rami su cui si poggia la società stessa. Ed è per questo che le mobilitazioni devono proseguire e devono essere permanenti».
Come rappresentante dei docenti precari, Fabio Chisari propone di «formare un corpo unico coordinato a livello nazionale. Fare rivendicazioni ben precise ma in modo che siano visibili dall’opinione pubblica».
A conclusione dell’assemblea il professore Felice Rappazzo ha illustrato ai presenti una bozza di mozione e un’ipotesi di mobilitazione con un calendario di azioni, proclamando «lo stato di agitazione permanente di docenti, personale e studenti all’interno della facoltà di Lingue». Tra le proposte, come azioni di lotta: «la sospensione delle attività didattiche per i giorni 4 e 5 novembre, con ulteriori iniziative da assumersi durante una seconda assemblea il 5 novembre».
Con la mozione l’assemblea ha inoltre deciso «di dar vita a un Coordinamento d’Ateneo che valuti la situazione nel suo evolversi, costruisca la necessaria rete di alleanze e dia luogo agli approfondimenti di studio dei progetti governativi e delle logiche selettive che li ispirano».