Il ciclista della domenica stanco di essere umiliato. È lui l’anonima gola profonda che con una lettera dettagliata ha indicato nomi, cognomi, indirizzi delle abitazioni, quantità e tipologia di farmaci dopanti utilizzati dai compagni d’allenamento. Nasce così l’indagine della polizia di Ragusa che ha tolto il velo su un mega giro di sostanze dopanti in cui sono state denunciate in stato di libertà di 34 persone. Nella lista nera sono finiti 19 atleti della provincia di Ragusa, nove siracusani, cinque catanesi e uno fuori regione residente a Reggio Calabria.
Mi sono pentito porca miseria davanti a una bambina
L’epilogo delle indagini sabato scorso nel centro ragusano di Chiaramonte Gulfi dove si è tenuta la gara di ciclismo San Salvatore e la maratona alla Filippide che si è conclusa sotto la casa di contrada punta secca, diventata celebre per la fiction del commissario Montalbano. Gli agenti della squadra mobile insieme ai medici federali del comitato olimpico nazionale hanno effettuato controlli mirati sulle urine di sette ciclisti sospetti mentre un podista, C.M di 38 anni, è stato trovato in possesso di sostanze dopanti a margine di una perquisizione nella sua abitazione. I risultati sui campioni, inviati ai laboratori d’analisi di Roma, arriveranno nei prossimi giorni.
Le perquisizioni e la parallela attività d’intercettazione telefonica sono iniziate già nel 2013 per poi proseguire nel 2014. Centinaia di telefonate che hanno portato al sequestro di decine di confezioni di farmaci tra cui molti normalmente utilizzati per malati oncologici. Fiale, flebo e pillole che venivano smistate anche in mezzo a camere d’aria e telai in carbonio utilizzando un linguaggio criptico grazie alla complicità di alcuni negozianti specializzati nella vendita di biciclette. «Mi serve quell’additivo così vediamo se togliamo sto cazzo di rumore […] niente barattoli di olio, solo additivo» chiede un ciclista al commerciante alludendo, secondo gli inquirenti, a una sostanza vietata e non alle miscele per eliminare i rumori da catene e giunture della bicicletta. Il doping veniva gestito tenendo in considerazione il periodo delle gare di ciclismo su strada e degli orari ben precisi. «Me la posso fare prima di andare a dormire, alle dodici, dodici e un quarto» spiega un ciclista al telefono. Il suo interlocutore è d’accordo ma precisa: «Si fattela prima di andare a dormire … mezza però».
Tra i presunti fornitori anche un infermiere di Ragusa. Il suo compito sarebbe stato quello di recuperare i farmaci senza le ricette di prescrizione. L’uomo avrebbe anche allestito un vero e proprio ambulatorio per consentire agli atleti d’iniettarsi le sostanze contenute nelle flebo.
Storie paradossali in cui c’è anche chi è stato beccato da un familiare. La vicenda, almeno secondo quanto emerso durante le intercettazioni, è quella di una bambina che avrebbe visto il padre intento a drogarsi utilizzando alcune siringhe per iniettarsi i farmaci. Un fatto che ha gettato l’uomo nello sconforto di essere scoperto anche dalla moglie in caso di un eventuale racconto da parte della figlia. «Mi sono pentito porca miseria davanti a una bambina» racconta il padre pentito durante una telefonata con un amico che lo rassicura: «Mai stai tranquillo, non ti preoccupare […] finiscila, finiscila».
Ci sono poi le bacheche Facebook dei denunciati in cui spesso venivano condivisi dei post sulla liberalizzazione del doping. In questo lungo arco temporale d’indagine sono stati numerosi gli atleti squalificati dalla procura federale. Un obbligo a rimanere fuori dalle competizioni agonistiche che però sarebbe stato aggirato con l’espediente dell’utilizzo di tesserini di atleti puliti in alcune gare fuori dalla Sicilia. Tra i più esperti ad eludere le squalifiche un ciclista della provincia di Ragusa che insieme ad alcuni compagni di squadra avrebbe spacciato sostanze dopanti ad altri sportivi.
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