Affittare una casa, prendere la patente, pagare la retta dell’asilo per i bambini per tornare a lavorare, comprare uno strumento o affittare una bottega per iniziare un’attività imprenditoriale, prenotare una visita medica, saldare la parcella di un avvocato per cominciare l’iter per la separazione. Questo hanno fatto soprattutto le donne siciliane vittime di violenza fisica […]
Reddito di libertà alle donne vittime di violenza: «In Sicilia, con i fondi, c’è chi ha preso la patente e ha potuto separarsi»
Affittare una casa, prendere la patente, pagare la retta dell’asilo per i bambini per tornare a lavorare, comprare uno strumento o affittare una bottega per iniziare un’attività imprenditoriale, prenotare una visita medica, saldare la parcella di un avvocato per cominciare l’iter per la separazione. Questo hanno fatto soprattutto le donne siciliane vittime di violenza fisica o psicologica che hanno potuto beneficiare, negli ultimi anni, del Reddito di libertà. Un contributo, che si aggiunge alla misura nazionale, per cui la Regione Siciliana ha pubblicato di recente il nuovo bando: poco più di 236mila euro in totale (per un massimo di 10mila euro a donna fino a esaurimento della disponibilità finanziaria) per finanziare «progetti di indipendenza economica e di reinserimento sociale». Una somma che, come viene sin da subito precisato nello stesso bando, «va intesa soltanto come un primo step, ma garantisce un supporto nella prima fase di ricostruzione alla donna che intenda, con un atteggiamento resiliente, riprendere in mano la propria vita e quella dei propri figli, per ricominciare in una condizione di vita diversa, affrancata dalla violenza subita». Un aiutino, insomma, ma necessario come spinta per ripartire.
«Per una donna che subisce violenza il percorso di fuoriuscita è costellato di ostacoli». Lo sostiene con consapevolezza Anna Agosta, la presidente del centro antiviolenza Thamaia di Catania, che ne assiste molte di donne lungo quel percorso incidentato. «Quella economica è ancora una forma di violenza persistente. Il Reddito di libertà regionale – aggiunge Agosta, che è anche consigliera del direttivo nazionale di Donne in rete contro la violenza (Dire) – pur essendo una goccia nel deserto, è una misura importante a sostegno delle donne nei progetti di uscita dalla condizione di violenza». Una fonte di reddito stabile che, per un anno, permette di tornare a respirare alle donne residenti in Sicilia e già in carico ai centri antiviolenza o alle strutture di accoglienza a indirizzo segreto, che fanno da tramite insieme ai Comuni. «Potrebbe essere un’opportunità, ma ha ancora molte criticità – sottolinea a MeridioNews Mara Cortimiglia, responsabile del centro antiviolenza Le Onde di Palermo – specie sulle tempistiche e le possibilità di utilizzo de fondi».
Per potere fare richiesta, le donne vittime di violenza devono essere «senza reddito, disoccupate, inoccupate o con un reddito Isee inferiore alla soglia di povertà assoluta stabilita dall’Istat». Il Reddito di libertà regionale non è incompatibile con altri strumenti di sostegno (tipo il Reddito di inclusione o altri sussidi economici da parte dello Stato); lo è invece con il Reddito di libertà nazionale erogato dall’Inps. A presentare istanza per il contributo devono essere i Comuni che poi, con i centri antiviolenza e le strutture di accoglienza, devono attivare un progetto personalizzato per la donna vittima di violenza per «favorirne l’autonomia economica, l’occupabilità e l’empowerment individuale» con percorsi di formazione, tirocini o borse lavoro. Per essere presa in considerazione, la domanda dev’essere corredata da una dichiarazione del centro antiviolenza o della struttura che ha preso in carico la donna che «ne attesti il percorso di emancipazione e autonomia intrapreso», da una relazione del servizio sociale comunale o dell’Asp. Nel rispetto della privacy, in nessuno degli atti si deve fare riferimento alle generalità della donna o degli eventuali figli minori o disabili.
Da bando, il Reddito di libertà regionale è finalizzato soprattutto a «sostenere spese per assicurare l’autonomia personale, lavorativa e abitativa della donna vittima di violenza». Dall’affitto di casa o di un locale per avviare un’attività lavorativa all’acquisto delle attrezzature professionali, dal corso per la patente alle utenze (luce, gas, telefono, internet), dalle polizze assicurative ai permessi e le licenze per gli esercizi. Nessuna spesa, però, può essere riconosciuta alla donna oltre il periodo (di 12 mesi) di realizzazione del progetto e non sono ammesse spese per comprare auto o altri mezzi di trasporto. «Questi sono due limiti importanti – osserva la responsabile del centro antiviolenza palermitano – In questi anni di affiancamento alle donne, ci siamo rese conto che è troppo poco il tempo tra la pubblicazione del bando e la presentazione delle istanze». Circa un mese. Un intervallo stretto per identificare una progettualità strutturata e personalizzata per la donna vittima di violenza. «Così è impossibile, per esempio, fare progetti di autoimpresa – analizza Cortimiglia – e poi le risorse sono difficilmente utilizzabili nella finestra temporale di un solo anno. Inoltre – aggiunge – non capiamo il motivo del divieto dell’acquisto di un mezzo che, dopo il conseguimento della patente, è un passo fondamentale verso l’autonomia delle donne».
Altro grande limite è la cifra messa a disposizione dalla Regione. «Firmiamo centinaia di richieste da parte di donne che seguiamo – dice al nostro giornale la presidente del centro antiviolenza catanese – E molte, purtroppo, restano tagliate fuori. Se si potenziasse di più il finanziamento regionale, si potrebbero sostenere più donne nei percorsi di fuoriuscita da situazioni di violenza in cui altrimenti rischiano di rimanere incastrate», sottolinea Agosta che, da anni, con Thamaia lavora per cercare fondi alternativi di autonomia. Intanto, di recente, a livello nazionale è stato compiuto un importante passo avanti, con l’approvazione del decreto attuativo che ha sbloccato i nuovi fondi destinati al rafforzamento del Reddito di libertà. Dallo Stato sono stati messi a disposizione 30 milioni di euro, da ripartire equamente negli anni 2024, 2025 e 2026. Un rifinanziamento che ha innalzato la soglia del contributo mensile (portandolo da 400 a 500 euro) e che consentirà di coprire le domande presentate nel 2024 e non accolte per incapienza di fondi. Dai dati dell’Inps disponibili, per il Reddito di libertà nazionale, nel 2021 sono state accolte 180 domande, 31 nel 2022, nessuna nel 2023. Per le donne vittime di violenza di genere, poi c’è anche lo strumento del congedo indennizzato dall’Inps. Una tutela riconosciuta alle lavoratrici inserite nei percorsi di protezione che possono avvalersi di un’astensione dal lavoro per un periodo massimo di 90 giorni in tre anni. In Sicilia, nel 2021 sono state presentate 36 domande, di cui 29 accolte; nel 2022 sulle 12 presentate solo una è stata accolta. Nel 2023, 30 domande con 21 accolte; nel 2024 a fronte di 99 domande presentate, soltanto 38 sono state accolte.