«Nicola Russo e Raffaele Maria De Lipsis, nella loro funzione di giudici, hanno posto a disposizione dei privati la loro funzione, contravvenendo ai doveri di imparzialità e terzietà e ricevendo in cambio un’utilità economica e ciò indipendentemente dall’esito favorevole o sfavorevole delle decisioni assunte». Così scrive la giudice per le indagini preliminari di Roma, Daniela Caramico D’Auria, nell’ordinanza cautelare con cui ha disposto quattro arresti nell’ambito dell’inchiesta su sentenze pilotate al Consiglio di Stato.
Ai domiciliari sono finti il giudice Nicola Russo, già coinvolto in altre vicende giudiziarie, l’ex presidente del consiglio di giustizia amministrativa della Sicilia, Raffaele Maria De Lipsis – già coinvolto anche nell’indagine su Girgenti Acque – l’ex giudice della corte dei Conti, Luigi Pietro Maria Caruso e il deputato dell’Assemblea regionale siciliana, Giuseppe Gennuso. Per quest’ultimo l’ordinanza non è stata eseguita perché, al momento, risulta all’estero. Il reato contestato è corruzione in atti giudiziari.
In totale sono cinque gli episodi di corruzione contestati dai magistrati di piazzale Clodio, coordinati dal procuratore aggiunto Paolo Ielo. Si attesterebbe sui 150mila euro il denaro utilizzato per corrompere i giudici del Consiglio di Stato e quelli della giustizia amministrativa siciliana. L’indagine si basa sulle dichiarazioni fatte negli ultimi mesi dagli avvocati Pietro Amara e Giuseppe Calafiore, arrestati lo scorso febbraio nell’ambito in uno dei filoni dell’inchiesta. Le dichiarazioni dei due legali siracusani sono state riscontrate dai magistrati e dagli inquirenti attraverso intercettazioni e analisi dei flussi finanziari.
In particolare, tre sono le vicende contestate a Nicola Russo, giudice del consiglio di Stato – che è stato sospeso – e due all’ex presidente del Cga della Sicilia, De Lipsis. In base a quanto raccontato dall’avvocato Amara, Russo avrebbe ottenuto da lui circa 80mila euro (e altri 60mila promessi), per aggiustare sentenze di tre procedimenti. A svolgere un ruolo di mediatore, stando a quanto accertato dagli inquirenti, sarebbe stato anche l’avvocato Stefano Vinti che, questa mattina, è stato oggetto di una perquisizione. Il suo nome spunta in una vecchia intercettazione nell’ambito del caso Consip, finita agli atti dell’indagine, tra Alfredo Romeo e Italo Bocchino, in cui i due parlando dell’avvocato affermano che «comprava cause a blocchi».
De Lipsis, invece, avrebbe ottenuto tangenti per 80mila euro per intervenire su alcune sentenze. Tra queste anche quella relativa a un contenzioso che la società Open Land, rappresentata da Amara, aveva con il Comune di Siracusa. De Lipsis, attraverso la nomina di consulenti graditi ad Amara e Calafiore, avrebbe fatto ottenere alla società un risarcimento dall’ente comunale di 24 milioni di euro. Di questi, gli oltre due sono stati elargiti prima dell’esplosione del caso giudiziario denominato Sistema Siracusa, la società adesso dovrà restituirli. Per questa operazione, De Lipsis avrebbe ottenuto 50mila euro di tangenti. L’ex presidente del Cga, infine, sarebbe intervenuto – in qualità di presidente del collegio – nella vicenda relativa al ricorso presentato da Giuseppe Gennuso dopo la sua mancata elezione alle Regionali del 2012. Il tribunale amministrativo annullò quel risultato elettorale di Siracusa favorendo Gennuso che venne rieletto alla nuova tornata. In cambio il giudice avrebbe ottenuto 30mila euro. Denaro che Gennuso avrebbe consegnato attraverso l’ex giudice della Corte di Conti, Luigi Pietro Maria Caruso.
(articolo aggiornato in data 25 aprile 2020, per correggere il refuso riguardante la natura delle elezioni che furono ripetute: si trattava delle Regionali e non delle Amministrative)
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