È durata nove ore ieri al tribunale di Pisa l’udienza del processo con rito ordinario per l’omicidio volontario aggravato del parà siracusano Emanuele Scieri avvenuto all’interno della caserma Gamerra nell’agosto del 1999. In aula sono stati ascoltati due ex commilitoni: Alessandro Meucci e Antonio Pascarella, che è detenuto nel carcere di Perugia ed è stato accompagnato dalla polizia […]
Processo Scieri, un testimone chiave: «Dopo il ritrovamento del cadavere, sono scappato per terrore»
È durata nove ore ieri al tribunale di Pisa l’udienza del processo con rito ordinario per l’omicidio volontario aggravato del parà siracusano Emanuele Scieri avvenuto all’interno della caserma Gamerra nell’agosto del 1999. In aula sono stati ascoltati due ex commilitoni: Alessandro Meucci e Antonio Pascarella, che è detenuto nel carcere di Perugia ed è stato accompagnato dalla polizia penitenziaria.
All’epoca dei fatti, erano molto amici tra loro e da un po’ già arruolati, tanto che avevano superato diverse prove. Entrambi avrebbero voluto proseguire nella carriera militare ma senza conformarsi a certi schemi della sede del Centro addestramento paracadutismo dove sono emersi «il clima di nonnismo e gli atteggiamenti dispotici di alcuni caporali». Nel procedimento – riaperto a oltre vent’anni di distanza dopo le conclusioni della commissione d’inchiesta sul caso – sono imputati gli ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara, quest’ultimo ieri presente in aula. Sono stati invece assolti in primo grado il sottufficiale dell’esercito Andrea Antico per lo stesso reato e gli ex ufficiali della Folgore Enrico Celentano e Salvatore Romondia, che erano accusati di favoreggiamento. Sentenza per cui la procura ha fatto appello.
Quella di Meucci è una testimonianza chiave. Per ascoltarla in aula erano presenti anche gli avvocati di Antico e il legale di Romondia. Di servizio come piantone alle camerate la sera del 13 agosto, anche ieri Meucci ha confermato di avere visto rientrare Panella, Antico e Zabara dopo il contrappello. «Erano molto agitati, terrorizzati, parlottavano tra sé e sudavano freddo. Sentii distintamente la frase “l’abbiamo fatta grossa“». Quando Meucci si sarebbe avvicinato per chiedere se ci fossero dei problemi, Panella gli avrebbe risposto: «Fatti i cazzi tuoi». E poi sarebbe stato minacciato: «Guarda che se parli ti ammazzo». Incontrati i tre in caserma nel tardo pomeriggio dell’indomani ha riferito di avere sentito l’espressione «è caduto» e Zabara dire a uno degli altri due: «Stavolta hai esagerato».
Il giorno dopo, sotto la torretta di asciugatura dei paracadute, viene ritrovato il cadavere di Scieri. Un episodio determinante nella scelta che Meucci farà qualche giorno dopo di non rientrare in caserma. Era terrorizzato al punto che avrebbe tentato di suicidarsi. Parte per cinque giorni per il Trentino Alto Adige con la fidanzata. Ed è lei, prima ancora di lui, ad andare dai carabinieri a raccontare i ripetuti atti di nonnismo subiti. Compreso un episodio in cui Panella lo avrebbe sorpreso a parlare al cellulare con la ragazza e, di fronte al suo rifiuto di chiudere la conversazione, lo avrebbe minacciato in bagno con una spranga.
«Se non ci fossi stato io, ti sarebbe finita male», avrebbe detto all’epoca – come risulta dagli atti del ’99 – il caporale Ara. Meucci – che dopo anni a Londra è rientrato in Italia e gestisce un bed and breakfast – ieri ha confermato che «sì, in quella occasione andò così» ma inserendo anche Ara tra i «facinorosi che lo tormentavano». E che sarebbe stato presente la sera del 13 agosto in caserma e che con i tre si sarebbe fermato a parlare. Circostanza che il diretto interessato ha sempre negato ma che, in un’udienza precedente, è stata confermata pure dal caporale graduato Ivan Mesiti.
Racconti di ricordi dolorosi. Al punto che per ricostruirli, Meucci più volte ha dovuto fare mente locale. Durante la sua testimonianza ha fatto emergere il terrore arrivato quando viene rinvenuto il corpo senza vita del parà siracusano e lui lo collega ai discorsi sentiti e alle minacce subite qualche sera prima. Anche quando gli è stato chiesto il motivo per cui non abbia raccontato subito di essere a conoscenza di circostanze legate a quanto successo a Scieri – «ero concentrato su quello che era accaduto a me» – e che, almeno in parte, aveva raccontato anche a Pascarella. Che, durante l’udienza di ieri infatti, ha confermato le violenze subite da Meucci. La notte del 13 agosto, Pascarella arriva in ritardo al rientro in caserma e fa il turno di servizio come piantone. «C’era una situazione strana – ha ricostruito – la luce del bagno accesa e gente sveglia in camerata». Tra chi non dormiva ci sarebbero stati anche gli imputati. Pascarella ha poi confermato che dopo il ritrovamento del cadavere di Scieri, «Meucci era particolarmente strano e diceva frasi che io non capivo del tipo “ora ammazzano anche me”».