Anche a Catania si continua a protestare contro la riforma Gelmini: stamattina un grande corteo ha attraversato la città per rivendicare il diritto allo studio e dire no ai tagli del Ddl. Una parte dei manifestanti si è poi riunita in unassemblea ai Benedettini, al termine della quale si è deciso di occupare il Monastero
«Più fondi all’istruzione, meno alla guerra»
È partito stamattina intorno alle 10 da piazza Roma il corteo di protesta contro l’approvazione del decreto Gelmini, organizzato dal Movimento studentesco di Catania in occasione della Giornata internazionale per la difesa del diritto allo studio. Circa 5000, secondo gli organizzatori. Gli studenti, docenti e ricercatori che hanno attraversato la città, diretti verso piazza Dante, per dire no ai tagli all’istruzione sanciti dalla riforma, la cui approvazione dovrebbe approdare alla Camera a giorni. Tra gli slogan urlati dalla folla, moltissimi i riferimenti ai finanziamenti destinati alla formazione privata ai danni di quella pubblica e la critica ai fondi stanziati per le spese di riarmo militare del Paese, che potrebbero invece essere investiti sull’istruzione.
Alla mobilitazione hanno partecipato anche i collettivi di numerose scuole superiori di Catania e provincia, insieme ai ricercatori del Coordinamento Unico d’Ateneo, il Coordinamento dei precari della scuola, e il Comitato in difesa della scuola pubblica. Presenti anche i Giovani Democratici, l’Udu e i rappresentanti della FLC-CGIL, che, in concomitanza con la manifestazione, hanno indetto uno sciopero di tutti i lavoratori della conoscenza. Al termine del percorso, i partecipanti sono confluiti in un’assemblea tenutasi nell’aula A1 dei Benedettini, durante la quale si è decisa l’occupazione del Monastero, con lo scopo, come sottolineato da Matteo Iannitti del Movimento, «di fare un gesto eclatante per accendere i riflettori sulla nostra mobilitazione contro la riforma, i tagli a scuola, università e ricerca, l’operato del Rettore e la chiusura della facoltà di Lingue».
Ad aprire il corteo, i ricercatori del Coordinamento che, con il motto «Salviamo l’università pubblica», continuano la lotta per chiedere al Ministro il ritiro del disegno di legge. «Oggi è importante partecipare – spiega il professor Alessandro Pluchino – perché tra qualche giorno, nonostante la crisi di governo, entrerà alla Camera il Ddl Gelmini e quindi c’è ancora il rischio che possa essere approvato. In questi giorni abbiamo ultimato la raccolta delle firme: sono più di 500 solo tra gli strutturati e altre migliaia tra gli studenti. Le presenteremo in una conferenza stampa venerdì 19, alle 12 a Farmacia».
Gli studenti di Biologia partecipano alla manifestazione con uno striscione con su scritto “Più ricerca, meno guerra”, diventato lo slogan ufficiale della protesta di oggi. Come evidenzia Benedetto Polimeni, la critica nasce perché “verranno stanziati 14 milioni di euro per finanziare il riarmo militare del Paese, e nel frattempo vengono tolti i soldi all’Università”.
Massiccia la presenza degli studenti delle scuole superiori che, come spiega Marco Privitera del Collettivo Boggio Lera, chiedono «di tagliare le sovvenzioni per le scuole private e destinare maggiori fondi per la scuola pubblica, che è un diritto di tutti». Gli studenti chiedono anche che si faccia «più informazione all’interno delle scuole, perché in molti tra i ragazzi non conoscono la situazione, ed è giusto che tutti siano al corrente di quello che sta succedendo e che si vada avanti con la protesta». Inoltre, durante l’assemblea nell’aula occupata dei Benedettini, gli studenti medi hanno minacciato l’occupazione anche degli istituti superiori, che dovrebbe cominciare il prima possibile.
Rosario Liuzzo, rappresentante dei Giovani Democratici, sottolinea l’importanza di partecipare al corteo «per rivendicare il diritto allo studio, ridotto notevolmente negli ultimi due anni dai provvedimenti emanati dal governo Berlusconi. Il diritto allo studio dovrebbe essere un valore indiscutibile che oggi, invece, viene messo in discussione e ci troviamo di fronte ad un progetto politico che non cerca in nessun modo di diminuire le disuguaglianze sociali». Sull’approvazione del Ddl in Parlamento, Liuzzo è ottimista: «Approderà in aula ma verrà ritirato perché la vita del Governo è molto breve. Forse passerà la finanziaria, per evitare ripercussioni economiche a livello internazionale. Oggi chiediamo il ritiro del decreto e di ridiscutere l’università, partendo dallo studente e non da calcoli ragionieristici fatti a Roma che poi a cascata devastano l’istruzione pubblica».
Forte l’appoggio alla mobilitazione da parte della FLC-CGIL, come conferma la professoressa Pina Palella della scuola pubblica e rappresentante del sindacato. «I docenti della scuola sono a fianco del mondo della conoscenza, perché i tagli gravano su tutto, indebolendo il sistema della formazione, e porteranno l’Italia a rallentare: quando non si investe sulla conoscenza si rallenta un processo economico e culturale e si creano condizioni di instabilità. La scuola soffre a causa dei tagli: solo a Catania abbiamo perso 1300 posti di lavoro. Questo significa far scadere la qualità dell’offerta formativa». La FLC-CGIL non ha dubbi e chiede con forza «investimenti nel mondo della scuola, soprattutto al Sud, per bloccare la fuga dei nostri cervelli migliori verso l’estero». Un messaggio «di lotta e di riscossa» è invece quello portato avanti da Angelo Villari, presidente della CGIL Catania: «Più diritto allo studio e al lavoro, meno precarietà, e meno conservazione da parte di chi pensa di poterci riportare indietro di cinquant’anni. Saremo durissimi affinché questo non avvenga».
Rosanna Aiello, collaboratrice scolastica e membro del Coordinamento dei precari della scuola, lancia una polemica sulla cattiva gestione delle risorse economiche: «I tagli all’istruzione devono tornare indietro – dice – In Italia gli sprechi sono tantissimi. Se c’è da recuperare si guardi altrove: non dobbiamo andare a fare la guerra, dobbiamo formare una popolazione». La critica si sposta anche sullo stanziamento dei fondi alle scuole private ai danni delle pubbliche: «il messaggio è chiarissimo – continua Aiello – si vuole creare un enorme differenza, tornare a 60 anni fa quando c’erano i ricchi che dirigevano tutto e i poveri schiavi e senza diritti».
Intervenuto al corteo anche il Preside della facoltà di Lingue Nunzio Famoso, presente, come ci spiega «per rappresentare se stesso» e per vedere il livello di partecipazione a manifestazioni di questo tipo. «Credo sia una bella realtà – dice – come adesione e come testimonianza della coscienza sulla difficoltà che sta attraversando il sistema della formazione oggi in Italia».