Pd, il nuovo corso di Zingaretti in Sicilia passa dai sindaci «Partito in coma, riaprire circoli e combattere Musumeci»

Sarà davvero nuovo corso? Il Pd siciliano chiude oggi le candidature alla segreteria regionale e a quelle provinciali. E si avvicina a grandi passi a una nuova fase congressuale che incoronerà Anthony Barbagallo, deputato regionale ed ex sindaco di Pedara, nuovo segretario. Largo il consenso delle varie anime del partito attorno alla sua figura, rimane fuori solo la candidatura di Antonio Ferrante. A Barbagallo – sostenitore del dialogo coi Cinque stelle – il compito di ricucire le ferite lasciate dalla fratricida esperienza dello scorso anno, che vide contrapposti Teresa Piccione e Davide Faraone, fino al ritiro della candidatura della prima e alla proclamazione del secondo, a cui ha fatto seguito pochi mesi dopo il commissariamento da parte di Roma. Un percorso tutto in salita per rimettere insieme i cocci, dopo spaccature al limite dell’insanabile. 

Su come fare, la linea la detta Nicola Zingaretti e porta dritti all’allargamento alla società civile e a quei pezzi organici o vicini al Pd finora rimasti in trincea, sui territori. È in questa chiave che va letto il coinvolgimento di due sindaci siciliani: Gaspare Giacalone, primo cittadino di Petrosino, Comune stretto tra Marsala e Mazara del Vallo, e Renzo Bufalino, alla guida di Montedoro (provincia di Caltanissetta). Il primo è stato chiamato da Zingaretti in direzione nazionale. Manager, di ritorno nel 2011 da Londra dove viveva e lavorava per candidarsi nel suo Comune, Giacalone è al secondo mandato. «Non ho mai avuto padroni e nemmeno padrini politici – dice a MeridioNews Ho lottato solo con le mie forze e spesso a mani nude contro i meccanismi incancreniti di una Sicilia mafiosa e corrotta. Ho cercato di dare un’idea di amministrazione dei territori virtuosa ed efficiente, creato spazi politici inclusivi e un approccio alla politica gentile e senza odio, fondato una rete di movimenti civici, quelli che realmente si impegnano sui territori e non quelli che nascono solo nelle competizioni elettorali».

Difficile fare il sindaco in provincia di Trapani, dove lo stesso Pd è stato prima monopolizzato dalla scalata di Paolo Ruggirello (ex Articolo 4) e poi terremotato dal suo arresto e dalla pesantissima accusa che gli rivolgono i magistrati: essere da oltre dieci anni punto di riferimento per Cosa Nostra trapanese (recentemente è stato rinviato a giudizio). Da questo sistema Giacalone si è tenuto alla larga. «Il Pd locale mi ha sempre fatto la guerra – spiega – Non hanno mai dialogato. Ma oggi è il tempo di mettere tutto da parte e dare spazio a chi ha voglia di fare». Un investimento sulla promessa di cambiamento di Zingaretti. «Non nascondo che avevo qualche perplessità, ma voglio dare il mio contributo a un partito che, specialmente in Sicilia, ne ha bisogno». 

Renzo Bufalino è indicato come il vice di Barbagallo alla segreteria regionale del Pd. Un nome frutto dell’accordo tra l’area più a sinistra che fa capo all’ex ministro Andrea Orlando e all’attuale ministro Giuseppe Provenzano e quella che in Sicilia ha nel capogruppo all’Ars Giuseppe Lupo il suo principale riferimento. Bufalino è amico di vecchia data di Provenzano. Il primo di Montedoro, il secondo di Milena (dove quest’anno è tornato per rinnovare la tessera del partito), una dozzina di chilometri a separare i due paesi nel cuore della Sicilia. «Spero di non essere stato scelto solo perché amico del ministro, ma per il lavoro e i meriti sul territorio». Prima di diventare uno sindaco e l’altro ministro, i due hanno condiviso tante battaglie, da ultima quella contro Matteo Renzi e le sue scelte per le elezioni Politiche 2018, quando a Caltanissetta venne messa in lista Daniela Cardinale, figlia dell’ex ministro Totò, e diversi circoli chiusero per protesta.

«Io – dice Bufalino – sono rimasto nel Pd malgrado tutto e tutti, sono stato minoranza, ma non ho mai pensato di cambiare partito, perché questa è casa mia. Al di là del buon risultato alle Europee, il partito non è in salute. Anzi, direi che è in stato comatoso. È una stagione che dobbiamo metterci alle spalle». Eppure, a guardare i big che ancora pochi giorni fa a Roma erano seduti attorno al tavolo per trovare la quadra a questo nuovo corso siciliano, i dubbi su un reale cambiamento restano forti. «Vecchi volti ancora decidono? Sì, ma non hanno incarichi diretti. Io sono contrario alla rottamazione, so che hanno tanti notevoli limiti e tanti demeriti, ma c’è pure qualche merito e da quello bisogna ripartire». 

Ecco quindi la strada da seguire: «Per prima cosa – è la ricetta del possibile nuovo vicesegretario – si deve rafforzare l’opposizione a Musumeci, nessuno ci credeva che potesse fare peggio di Crocetta e invece… Tutto è immobile, imbrigliato nelle crisi di maggioranza. Secondo punto: riapriamo i circoli, chiusi anche a fronte di un tesseramento online che è stato un male necessario per arginare i padroni delle tessere, ma ha limitato la partecipazione. Ora serve puntare sulla partecipazione, le Sardine lo dimostrano, la concezione del partito liquido – conclude – ha fatto molti danni».


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