Oscar Giannino alla conquista del Sud

Lontani dalle clientele. Lontani agli sprechi. Lontani dalla politica politicante. Un po’ marziani, arrivati da chissà quale pianeta. Un po’ sognatori. Un po’, anzi molto idealisti. Ma determinati e simpatici. Eccoli, i candidati siciliani di Fermare il declino, il Movimento politico messo su dall’economista Oscar Giannino. Siciliani perché candidati alle imminenti elezioni politiche in Sicilia. Anche se qualcuno di loro non è siciliano. O se lo è, lo è stato da giovane. Perché poi è andato cercare fortuna altrove.

C’è una filosofia di vita dietro il Movimento di Giannino. Un’idea della società che, nella Sicilia delle clientele e dei precari da ‘stabilizzare’ non può che essere all’opposto del presente. In un’Isola che ha capovolto i valori – i posti migliori ai raccomandati, a quelli che non sono mai stati bravi e che bravi possono esserlo solo dietro la scrivania di un ufficio dove le ‘promozioni’ arrivano senza la verifica dei risultati – in una Sicilia dove il merito è stato calpestato da Partiti politici e sindacati, dove “gli sciacalletti e le iene” comandano sentendosi “il sale della terra” un Movimento politico che predica il merito, che esibisce i valori del lavoro (quello vero, però), che mette in lista siciliani che, finita l’Università, sono andati via dalla Sicilia perché non si piegavano alla logica delle raccomandazioni, beh, un Partito politico così, in Sicilia, non può che essere salutato con estrema simpatia.

Nella storia del meridionalismo italiano c’è un personaggio che potrebbe essere considerato un precursore dei meridionali d’Italia che si sono avventurati con il Movimento di Giannino. Si chiamava Guido Dorso. Ed era convinto che il Mezzogiorno, con grande rispetto per i socialisti all’Antonio Gramsci, non si sarebbe salvato con l’emancipazione delle ‘masse’. Perché le ‘masse’, nel Sud, sarebbero state calamitate dal clientelismo (e, in questo, forse, la pensava come Pasquale Turiello, altro eminente meridionalista).

Analisi amara e lungimirante, quella di Dorso. Intuizione esatta, perché le ‘masse’ del Sud, nei primi 50 anni di storia repubblicana sarebbero state ‘regimentate’ da Dc e Pci all’insegna del clientelismo ‘consociativo’. Se ne renderà perfettamente conto, nella seconda metà degli anni ’60, il filosofo Mario Mineo (che pure era stato componente nella Consulta regionale chiamata ad elaborare lo Statuto autonomistico siciliano) quando, invitato a commentare i primi 20 anni dell’Autonomia siciliana, regalerà una lettera allo storico Massimo Ganci nella quale, di fatto, con una lucidità straordinaria, descriverà a chiare lettere il fallimento dell’Autonomia siciliana. Non risparmiando critiche alla sinistra italiana.

Dorso, insomma, non pensava tanto alle ‘masse’. Pensava, invece, che il Sud d’Italia, per rinascere, avrebbe dovuto puntare su una borghesia illuminata che avrebbe dovuto guidare il Mezzogiorno fuori dalle secche del sottosviluppo.

I “Cento uomini con le schiene di ferro”, così Dorso definiva la sua idea di borghesia meridionale illuminata, avrebbero dovuto ‘disegnare’ e attuare la rinascita del Mezzogiorno.

Un’idea vicina al sogno di Dorso la ritroviamo nella Sicilia di fine anni ’50 con Domenico La Cavera e con il suo tentativo di far nascere in Sicilia una borghesia produttiva libera dal giogo del rapace capitalismo del Nord Italia. E, soprattutto, la ritroviamo nel rigore di Ugo La Malfa, mai dimenticato leader del Partito Repubblicano Italiano (PRI).

Per onestà di cronaca va anche ricordata da grande progettualità della Cisl catanese degli anni ’60, Vito Scalia in testa, dove si riscontra una grande attenzione per uno sviluppo imperniato sulle imprese (e non sul precariato e le clientele, come predica quella sommatoria informe di disastri politici, sociali e sindacali che si identifica nell’odierna Cisl siciliana, non a caso in ‘bilico’ tra il Pd e Mario Monti, due idee ‘teratologiche’ della politica in perfetta sintonia, anche elettorale).

Ma, digressioni a parte, cosa accomuna il Movimento Fermare il declino con l’idea del Sud di Dorso? In primo luogo, il rigore morale e la voglia di fare emergere il merito. Ieri, a Palermo, alla presentazione dei candidati in Sicilia del Movimento di Giannino, sul tavolo campeggiavano due simboli della politica italiana: la nutella e il latte. Che c’entrano, direte? C’entrano, eccome!

La nutella – senza nulla togliere alla bontà di questo alimento – simboleggia la politica in versione consigli regionali: con i consiglieri regionali che si fanno rimborsare tutto: viaggi, ‘frizzi’, ‘lazzi’, gioielli e anche la nutella! (scandalo di questi giorni). Mentre il latte stava lì ad indicare quanto sono costate, al nostro Paese, le quote latte, o meglio, le contravvenzioni per le quote latte (4,5 miliardi di euro in 11 anni).

Anche se, a dir la verità, se il primo esempio è calzante, il secondo lo è un po’ meno: perché le quote latte simboleggiano un’Unione Europea che si auto-governa male sin dai tempi della Cee: sia perché deve essere il mercato a stabilire le ‘quote-latte’ e non la burocrazia truffaldina europea, sia perché le ‘quote-latte’ non hanno mai rispettato le vocazioni zootecniche dei Paesi europei, ma solo gli equilibri, spesso patologici, se non truffaldini, di un’Unione Europea che, non a caso, è degenerata nella “Bce”.

Detto questo, va precisato che il Movimento di Giannino è tra i pochi Movimenti politici del nostro Paese ad aver chiaro cosa bisogna fare per rilanciare l’economia italiana. A differenza di Monti, che ha fatto pagare l’Imu agl’italiani per foraggiare le banche, Giannino e i suoi hanno elaborato un programma economico e politico nell’interesse degli italiani: già solo per questo saranno minoritari, perché in Italia le maggioranze elettorali seguono sempre gli imbonitori.

Tra le tante proposte – i dieci punti del programma di Oscar Giannino che i nostri lettori possono trovare senza difficoltà sulla rete – ne segnaliamo una che, a nostro modesto avviso, è centrale. Riguarda lo Stato sociale e, in particolare, i provvedimenti da attuare in presenza di disoccupazione. Cioè oggi, visto che il Governo Monti ha portato l’Italia ad un tasso di disoccupazione elevatissimo.

Giannino e i tanti militanti del Movimento Fermare il declino sostengono, giustamente, che la Cassa integrazione è sbagliata. Perché, alla fine, sostiene un’azienda in crisi che, usufruendo appunto della Cassa integrazione, non ha motivo di rimuovere le cause che l’hanno fatta piombare nella crisi. E non aiuta i lavoratori. In pratica, la Cassa integrazione affossa aziende e lavoratori.

Il sostegno, spiegano i protagonisti di Fermare il declino, va dato ai lavoratori licenziati e non alle aziende decotte. Un sussidio di disoccupazione della durata di tre, quattro, cinque anni. Per consentire ai lavoratori di aggiornarsi, con corsi di formazione seri, per poi rientrare nel mercato del lavoro.

E’ una tesi che ci convince: non a caso, da quando il nostro giornale è in rete, non ci siamo mai stancati di proporre il salario minimo garantito per tutti i disoccupati della Sicilia, con l’obbligo della formazione per rientrare preparati e formati nel mercato del lavoro.

Anche sulla Sicilia il Movimento di Giannino ha elaborato un programma in pochi punti essenziali. Al primo posto ci sono istruzione e formazione (e noi siamo perfettamente d’accordo). Poi la trasparenza nella pubblica amministrazione (senza offesa per la Cisl siciliana…). Politica dei trasporti. Una sanità che funziona. E l’abolizione delle Province regionali.

 

 

 


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