Il Siddharta di Puggelli? «Leggerezza e profondità»

Ha debuttato a Catania “Recitazione di Siddharta. Una rappresentazione di Lamberto Puggelli dal libro di Herman Hesse”, ultimo lavoro del maestro milanese. Lo spettacolo, realizzato in collaborazione con l’Università degli Studi catanese, è a cura dell’Associazione teatrale no profit Ingresso Libero, che si propone di promuovere il teatro d’Arte, anche con spettacoli gratuiti sostenuti da sponsor.
 
La rappresentazione, ad ingresso gratuito su prenotazione al numero 346 7472779 , andrà in scena dal 18 al 30 aprile, nello storico teatro Machiavelli di palazzo San Giuliano, riaperto alla città dopo novant’anni di inattività, grazie anche all’intervento dell’Università di Catania.
 
In occasione della prima, Step1 vi propone l’intervista al maestro Puggelli e a parte della compagnia, realizzata da Elio Sofia ed Assya D’Ascoli per Radio Zammù, nell’ambito della trasmissione Skenè dedicata al teatro.
 
Che spettacolo vedrà il pubblico di Siddharta?
Puggelli: «Vedrà un’immagine pregnante della religiosità insita in ogni uomo. Lo spettacolo non è esattamente tratto dal romanzo Hermann Hesse, ma è la lettura esatta e precisa della traduzione di Massimo Mila, opportunamente tagliata e riscritta da me ben otto volte, ogni volta tagliando e cambiando qualche rigo, ma mai cambiando in assoluto le parole. Tagliavo qualche capoverso e andavo a capo ogni volta che me lo imponeva il respiro della parola detta che, qualche volta, corregge la parola scritta».
 
Siddharta fa parte della biblioteca di tutti gli appassionati di lettura. Quali sono state le difficoltà nel trasporlo sulla scena?
Puggelli: «Si tratta di un libro che ha formato molte generazioni del ‘900. Un testo che diventa necessario ogni volta che nel mondo c’è una crisi. Le difficoltà ci sono state, naturalmente. Quella di Siddharta è un recitazione narrativa, che impone all’attore quasi uno sdoppiamento, un continuo passaggio di toni. E non solo un passaggio di tipo psicologico, ma tecnico, assolutamente difficile, ma che i nuovi attori interpretano in maniera straordinaria».
 
Qualche domanda la rivolgiamo a David Coco, che interpreta sulla scena Siddharta. Qual è stata la difficoltà che hai trovato nell’interpretare questo ruolo?
Coco: «Io credo che le difficoltà si trovino nel momento in cui ci si confronta con un testo difficile, ma in termini di scrittura. In realtà Siddharta è un testo meravigliosamente scritto e meravigliosamente tradotto, per cui è un grande piacere recitare quelle parole, come se diventassero parte di te. Siddharta è un personaggio che più di tanti altri arriva all’anima di chi deve interpretarlo, ed è per questo che ringrazio molto il maestro Puggelli per avermi scelto per interpretare questo ruolo. Siddartha è sempre attuale, quello che dice, il percorso che fa. È qualcosa che appartiene un po’ a tutti, appartiene al tempo».
 
Essere diretti da un maestro come Lamberto Puggelli che cosa ti ha dato in più?
Coco: «Credo che Lamberto sia un signore del teatro. È un regista che conosce perfettamente le coordinate di ciò che vuole mettere in scena. Trasmette sicurezza agli attori nello spogliarsi da qualunque abito, per darsi al tipo di personaggio. Se il regista ti dà questa tranquillità, lasciarti andare completamente diventa più semplice».
 
Che armonia sei riuscito a creare con gli altri attori?
Coco: «Io credo che questo sia un lavoro che si debba fare in assoluta allegria. E sono felicissimo dei miei compagni di viaggio. Molti ho avuto il piacere di ritrovarli. È stato un divertimento e questo è fondamentale per me».
 
Cosa pensa, a proposito del rapporto tra gli attori, Pamela Toscano?
Toscano: «È vero, come dice Coco, che c’è un’atmosfera goliardica, festosa, ironica. Un’atmosfera di complicità. Ci vogliamo bene sul serio. E nello spettacolo si sente. Non a caso il tema della rappresentazione è l’amore. Il personaggio che interpreto è Kamala, una cortigiana, un’artista dell’amore. Lo amo molto, anche se all’inizio ho dovuto superare gli stereotipi occidentali a cui siamo abituati della prostituta, perché di fatto quello è, recuperare la sacralità indiana del Kamasutra e del Tantra. E poi, avere David come compagno è stato bello perché c’è una complicità anche fisica. Non ci vergogniamo a toccarci e a stare insieme».
 
Pamela, lo chiediamo anche a te. È vero che il testo è così complesso?
Toscano: «È vero che il testo è complesso ed è vero che il passaggio dalla fase narrativa alla fase di immedesimazione è difficile. Il testo ha delle tematiche forti e molto profonde e quindi non si può barare: o si recita veramente dall’interno e fino in fondo oppure risulta finto. E questo si vede. Per questo ci siamo tutti affidati a Lamberto perché sapevamo di essere in una botte di ferro».
 
Lo spettacolo è ad ingresso gratuito. Uno stimolo in più per andare a teatro. Un momento catartico, essenziale per qualsiasi uomo. E che comporta anche l’atto rivoluzionario di spegnere la tv. Maestro Puggelli, è d’accordo?
Puggelli: «È assolutamente necessario andare a teatro, frequentarlo, esserci come parte attiva perché il teatro senza il pubblico non si può fare. Lo spettatore è una parte integrante. L’attore non può prescindere da chi guarda. Può prescindere perfino dall’autore, dal regista, da tante altre componenti, ma non può rinunciare allo spazio teatrale e al contatto con il pubblico».
 
A Marise Flach, responsabile dei movimenti mimici, chiediamo invece quale sia l’importanza del movimento in questo spettacolo.
Flach: «Il movimento è importantissimo, perché tutti i personaggi hanno due strade: quella dell’intelligenza e quella dell’immedesimazione».
 
Maestro Puggelli, che cosa ne pensa?
Puggelli: «La leggerezza è stata una cosa su cui abbiamo lavorato molto, proprio perché la profondità del testo esige una leggerezza, una immedesimazione. Ciascun attore ha raccontato se stesso. Ciascuno ha dovuto riacquistare l’infanzia, una verità di sentimenti ed emozioni, a cui è approdato attraverso la strada della profondità e della leggerezza».
 
A Franco Mirabella (che interpreta il ruolo di Vasudeva) chiediamo come ha interiorizzato questa leggerezza e questo essere se stessi?
Mirabella: «Nello spettacolo si parla di un’amicizia. Siddartha stringe molte amicizie, e il mio personaggio è un amico che incontra. È un uomo che ha passato molti anni ad ascoltare il fiume, il rumore dell’acqua. Io sono un siciliano, anche se vivo a Roma da molti anni, e amo moltissimo il mare e tutto ciò che ha a che fare con l’acqua. Quindi questo personaggio lo sento molto vicino. In questo senso, ritorno al concetto di amicizia e di amore, che il mio personaggio trasporta come sensazione di vita e di intensità interiore».
 
Questa freschezza da parte degli attori e da parte del regista sembra una complicità reciproca, continua e costante. Non capita sempre in tutti gli spettacoli, giusto?
Mirabella: «No, e questo è merito di Lamberto, perché lui è il capitano, il regista e quindi a lui ci riferiamo. Con Lamberto abbiamo conosciuto Marise che è una fonte di amore enorme, anche di amore artistico, come Lamberto, e come Emanuela, la nostra assistente alla regia, e come Pamela. Questo amore è incollato strettamente al concetto di arte».
 
A Emanuela Pistone, assistente alla regia, chiediamo ancora una battuta sullo spettacolo.
Pistone: «Intanto volevo dire due parole sul gruppo “Ingresso Libero”. Tutta questa energia e positività reali e il modo in cui ci sentite adesso è lo stesso modo in cui siamo alle prove ed è merito della magnifica energia che ha creato questo gruppo neonato. In questo momento, con l’idea di proporre il teatro d’arte con la “t” e la “a” maiuscole, in un periodo storico che ci ha strappato la cosa più semplice, cioè l’amore per se stessi e per gli altri, “Ingresso Libero” ha fatto un piccolo miracolo. Per me Siddharta è il coraggio di entrare in quella che per molti è una Jungla. Lo spettacolo è difficilissimo, faticosissimo, le nostre condizioni sono veramente molto ardue, ma ci sono un’armonia e una serenità che in anni di teatro non avevo mai toccato. E di questo sono grata a Lamberto, e a tutto “Ingresso Libero”».
 
Lo spettacolo andrà in scena al Teatro Machiavelli di Palazzo San Giuliano, riaperto per l’occasione. È una festa da condividere con tutti.
Puggelli: «Il luogo è molto importante. È un teatro che viene riofferto alla città di Catania, un luogo storico, che da novant’anni non agisce come teatro. È stato glorioso, è stato un teatro dei pupi, dove hanno debuttato Giovanni Grasso e Angelo Musco. È un teatro storico che è di tutti noi, l’Università in primis».
 
Maestro, chiudiamo con una domanda su Catania. Qual è il suo rapporto con la città? Lei ha rappresentato tanti spettacoli e ha avuto tanti successi qui a Catania, e ha anche lavorato con tanti attori catanesi.
Puggelli: «Io devo molto a Catania. Vi ho rappresentato una trentina di spettacoli di prosa, e sei o sette lirici. Devo molto alla città ma credo che Catania debba qualcosa anche a me».


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