Il processo a carico di Montante resta a Caltanissetta Cassazione: no allo spostamento chiesto dalla difesa

Il processo ad Antonello Montante resta a Caltanissetta. La sesta sezione penale della Cassazione ha respinto la richiesta di rimessione per legittimo sospetto avanzata dai suoi difensori, Carlo Taormina e Giuseppe Panepinto, che si erano rivolti alla Suprema Corte denunciando che nel procedimento a carico del loro assistito, imputato tra l’altro per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, si stiano commettendo «una serie di anomalie». Per la Cassazione la richiesta era inammissibile

In attesa della decisione della Cassazione, il processo, che si svolge col rito abbreviato, era stato sospeso dal gup di Caltanissetta. Ora potrà riprendere con l’udienza già fissata per il 23. «È una decisione che corrisponde alle mie aspettative – commenta il procuratore capo di Caltanissetta Amedeo Bertone – sono soddisfatto ma era assolutamente sereno anche prima». La difesa è in attesa di leggere le motivazioni della decisione, non ancora depositate. 

Lo scorso gennaio, i legali di Montante avevano depositato un documento di 80 pagine con cui chiedevano di spostare il processo accusando i magistrati di Caltanissetta di mancare della serenità necessaria per il giudizio, a causa dei rapporti di alcuni di loro con l’ex numero uno di Confindustria. In particolare veniva sostenuto che «solo un riemergere della mafia, per effetto di una sua rianimazione, può spiegare quello che sta accadendo». E poco più in là, il concetto veniva rafforzato: «Un’operazione politica molto probabilmente di matrice mafiosa, voluta da Cosa Nostra per la straordinaria efficienza che il contrasto alle infiltrazioni e al ricatto mafioso aveva assunto. La magistratura di Caltanissetta a un certo punto ha dovuto abbandonare lo scrivente per tutelare se stessa, impiantando un teorema accusatorio, fonte di sua rigenerazione».

Montante nel frattempo, sempre su richiesta dei suoi legali a causa delle sue condizioni di salute, è stato trasferito dal carcere di Caltanissetta dove era stato rinchiuso dopo aver violato le regole per i domiciliari, che gli erano stati inizialmente assegnati. L’imprenditore è stato quindi spostato nel carcere di Agrigento, ma anche quella struttura, a detta della difesa, non è idonea alle sue condizioni.  

Intanto vanno avanti le indagini della Procura nissena sull’altro filone, quello in cui sono coinvolti i politici, a cominciare dall’ex presidente della Regione Rosario Crocetta. Stando a quanto anticipato oggi da La Sicilia, la Procura ha chiesto una proroga delle indagini per dieci: oltre a Montante e Crocetta, ci sono le ex assessore alle Attività produttive, Linda Vancheri e Mariella Lo Bello; l’ex commissaria del’Irsap Maria Grazia Brandara. Insieme a loro ci sono gli industriali Giuseppe Catanzaro, succeduto a Montante nella guida di Confindustria Sicilia e poi autosospesosi proprio a causa di questa indagine, uno dei re delle discariche siciliane; Rosario Amarù, gelese; Carmelo Turco, pure lui di Gela, delegato dell’associazione nei rapporti con i petrolchimici e titolare della Turco Costruzioni; Totò Navarra, titolare della Pfe, che conta circa mille dipendenti nel settore delle pulizie. 

A questi si sarebbe aggiunto Vincenzo Savastano, in servizio all’ufficio della polizia di frontiera dell’aeroporto di Fiumicino, già indagato nel filone sulla corruzione. Le accuse sono a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata al finanziamento illecito ai partiti, corruzione e abuso d’ufficio. In particolare gli inquirenti accusano Crocetta di aver ricevuto un milione di euro in nero per la campagna elettorale del 2012, quella in cui è stato eletto. In cambio il presidente avrebbe lasciato occupare la casella delle Attività produttive a Confindustria, agevolando appalti per gli imprenditori indagati. 

Salvo Catalano

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