Il buio, la maionese e il mio futuro

«Una terra di tutti e di nessuno». È questo il genere lirico secondo la dottoressa Anna Carta (Dipartimento di Filologia Moderna dell’università di Catania). Una terra nella quale ci vuole coraggio ad avventurarsi. A provarci stavolta è Domenico Valenza, studente della Facoltà di Lettere di Catania, il cui primo libro, “Io resterò ancora qui”, è stato presentato giorno 10 settembre all’Hotel Nettuno.

Alla dottoressa Carta il compito di esplorare il testo evidenziandone i punti salienti e tracciandone le principali tematiche. L’opera, una silloge di poesie e racconti, attinge ispirazione dalla fonte primaria dello scrittore, quella della sua vita, dell’esperienza intima e profonda di un giovane uomo che si accinge ad abbandonare definitivamente il mondo dell’infanzia, età distratta e incantata, sicuro rifugio di abbandono e sogno. Il trapasso dalla dimensione spensierata della fanciullezza a quella, carica di responsabilità e sconvolgenti passioni, dell’età adulta è il filo conduttore di tutta l’opera, e dà una spiegazione importante e convincente al titolo del libro. Dove resterà l’autore? Resterà proprio in questa fase di trapasso, di passaggio da un’età all’altra; la poesia di Valenza esprime a pieno questo momento transitorio e momentaneo, che si crogiola fra la nostalgia per un passato perduto ma mai dimenticato e un futuro ancora incerto ma carico di speranza. E fra passato e futuro l’autore vive il suo presente sulla soglia del mistero, approfittando del fascino della scrittura per esprimere se stesso.

Ed è in questo declamato presente che l’autore scrive anche di solitudine, definendosi un “portatore sano di solitudine”, «ovvero come qualcuno che ha qualcosa ma non ne soffre. Solitudine significa essere solitario, avere la necessità di stare con se stessi. Non è sempre da interpretare negativamente, ma è un bisogno positivo».
Una solitudine che ha molto in comune con l’altro grande tema dell’opera, quello del buio, immagine ricorrente e cara all’autore, nella sua duplice identità, di istanza che rassicura e istanza che crea timore. «E’ una delle prime cose che riporto quando scrivo. Il buio è come la maionese. Io amo la maionese. Se uno ne abusa finisce con l’avere qualche problema… Il buio è qualcosa che consola, qualcosa in cui stare bene. Ma è anche qualcosa di pericoloso, perché nessuno può stare al buio. Deve essere una condizione passeggera, temporanea».

Ma l’opera dà grande spazio anche al presente più attuale dell’autore, nella sua veste di giovane studente, amante dei viaggi e dell’alterità delle culture del mondo; «trovo stimoli in un luogo diverso, specialmente se si parla un’altra lingua», così l’autore spiega la ricorrente presenza di immaginari mitteleuropei fra le pagine del libro.
Dunque, cosa rappresenta la scrittura per Domenico Valenza? Ce lo dice lui stesso, affermando che «la scrittura è una forma di preghiera, di contatto con l’alterità. Sono legato alle cose concrete, quindi concretizzo questo mio sentire nella scrittura». E proprio così, con la consapevolezza dei suoi mezzi, l’autore coniuga cose e fantasia, libera il suo estro, seduto ad una scrivania, colorandosi le mani di inchiostro e dimostrando a se stesso e ai suoi futuri lettori che la poesia si fa con il cuore e con le mani.

La presentazione del libro “Io resterò ancora qui” si è conclusa con la lettura di alcuni brani, da parte di Marcello Montalto, sulle note della melodia leggiadra della chitarra di Alfredo Longo, mentre fuori il cielo tuonava, la pioggia rumoreggiava sui tetti e il mare si imbruniva di malinconia.


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