«Ho tolto il coltello, ho pulito e sono andato da mio fratello» Ricostruzione del marito della donna morta in casa a Lentini

«L’ho trovata che aveva un coltello conficcato nel collo. L’ho tolto e ho cercato di darle aiuto. Poi ho preso il mocio e ho pulito la pozzanghera di sangue che c’era per terra». Così Massimo Cannone, il marito di Naima Zahir la donna di 45 anni – originaria del Marocco ma da più di vent’anni in Italia – morta in casa sabato sera a Lentini (nel Siracusano) ha ricostruito la scena che si è trovato davanti quando è rientrato a casa intorno alle 22. L’uomo, che insieme al figlio 19enne è stato interrogato a lungo dagli agenti della squadra mobile che stanno portando avanti le indagini, al momento è libero ma risulta indagato come atto dovuto

«Dopo cena, sono uscito insieme a mio figlio – ha detto l’uomo parlando ai microfoni della trasmissione di Rai2 Ore 14 – Quando sono rientrato, dopo un’oretta, l’ho trovata a letto con il coltello messo dentro il collo». A quel punto l’uomo ha raccontato di essersi confuso e di avere pensato subito a pulire il sangue che c’era per terra. «Mi sono confuso, il cervello è andato in tilt. Ho pulito il sangue per non farlo vedere a mio figlio», ha aggiunto il tappezziere lentinese di 46 anni che in molti in paese descrivono come una «persona perbene». Sposato con Naima da 25 anni, parla in dialetto e gesticola molto davanti alla telecamera mentre ricostruisce quella sera a partire dal momento della cena. «Abbiamo mangiato due pizze surgelate in tre, poi io e mio figlio siamo usciti». Il 19enne sarebbe andato a comprare una confezione di acqua in un minimarket non distante da casa, mentre lui si sarebbe diretto in una pizzeria della zona con un salvadanaio di soldi spicci da farsi cambiare

Dopo un’oretta sarebbe tornato a casa, in via Ronchi nel quartiere Santa Maria Vecchia nel centro storico della cittadina del Siracusano. «Era a letto con il coltello nel collo. L’ho tolto da dove era conficcato e poi ho pulito. Mi hanno detto che non avrei dovuto toccare niente – riferisce l’uomo – perché così ho inquinato la scena del crimine. Ma io l’ho fatto ingenuamente». Tolto un po’ del sangue sparso tra pavimento, tappeto e mobili, l’uomo manda un messaggio su WhatsApp al figlio dandogli appuntamento a casa dello zio che abita poco distante. «A quel punto sono andato da mio fratello e gli ho raccontato tutto – ha proseguito Cannone – ed è stato lui a chiamare i soccorsi e le forze dell’ordine». Quando tornano verso l’abitazione dove c’è il corpo senza vita di Naima, l’ambulanza e la polizia sono già lì. 

«O si è tolta la vita da sola o qualcuno ha bussato ed è entrato ma non so chi». Sono queste le ipotesi di Cannone che nel mimare la scena che si sarebbe trovato davanti rincasando, posiziona il coltello – che conferma essere uno strumento della propria cucina – sul lato destro del collo della donna verso la parte posteriore. «Quando sono arrivato io, al 90 per cento era già morta». Sul cadavere della 45enne mercoledì sarà effettuata l’autopsia che servirà a capire le cause e la dinamica del decesso. 

Marta Silvestre

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