«Per la sua scomparsa non ci sono spiegazioni, se non quelle legate al suo attivismo e alla sua azione di denuncia». Da tre anni esatti non si ha più nessuna notizia di Daouda Diane, il 37enne originario della Costa d’Avorio scomparso il 2 luglio del 2022 da Acate, in provincia di Ragusa. «Qui si muore», […]
Acate, a tre anni dalla scomparsa del mediatore culturale «indagini ferme e verità negata»
«Per la sua scomparsa non ci sono spiegazioni, se non quelle legate al suo attivismo e alla sua azione di denuncia». Da tre anni esatti non si ha più nessuna notizia di Daouda Diane, il 37enne originario della Costa d’Avorio scomparso il 2 luglio del 2022 da Acate, in provincia di Ragusa. «Qui si muore», erano state le parole usate per chiudere uno dei due video che l’uomo aveva girato all’interno di un cementificio, per denunciare le condizioni di lavoro a cui era sottoposto, e inviato alla moglie e al fratello. «Lo stesso giorno è sparito nel nulla e, ancora oggi, non si sa cosa gli sia accaduto». Non si rassegnano e continuano a cercare verità e giustizia il segretario generale della Cgil Sicilia Alfio Mannino, il segretario del dipartimento nazionale immigrazione della Cgil Peppe Scifo e il segretario generale della Cgil di Ragusa Giuseppe Roccuzzo. Intanto per oggi pomeriggio, a partire dalle 18.30, ad Acate ci saranno un’assemblea pubblica e poi un sit-in, che partirà proprio dalla casa di Daouda, organizzati dall’Unione sindacale di base (Usb). «Le indagini sono ferme e la verità è ancora negata, ma noi – dicono gli organizzatori – continuiamo ad attendere risposte».

Mediatore culturale con un impiego part-time in un centro di accoglienza dell’Opera pia Eugenio Criscione Lupis ad Acate e impegnato nel sociale a sostegno dei lavoratori stranieri vittime di sfruttamento – soprattutto i braccianti agricoli impiegati nelle campagne della fascia trasformata del Ragusano – per arrotondare, Daouda Diane faceva anche dei lavoretti saltuari. Come quello, senza nessun tipo di contratto, nel cantiere del cementificio Sgv Calcestruzzi Srl alla periferia di Acate. Ed è questo il posto in cui il 37enne è stato visto per l’ultima volta. Dopo un primo fascicolo aperto con l’ipotesi di un allontanamento volontario, sono proprio i titolari e alcuni familiari (tra cui pure un minorenne) le cinque persone finite indagate per omicidio e occultamento di cadavere. «Da lì è andato via a mezzogiorno – aveva assicurato a MeridioNews il titolare Gianmarco Longo ribadendo l’assoluta estraneità ai fatti – Per noi si occupava, da pochi giorni e saltuariamente, solo di fare dei lavori di pulizia».
In questi tre anni, di Daouda Diane non è stata trovata nessuna traccia. Né da vivo, né da morto. «Abbiamo interloquito con diversi livelli istituzionali – ricordano i sindacalisti della Cgil – dalla politica alle commissioni antimafia regionale e nazionale, promuovendo iniziative di vario tipo per non spegnere i riflettori su questa vicenda tanto tragica quanto assurda». Quello che i rappresentanti sindacali temono oggi è «il rischio di una definitiva archiviazione delle indagini, che – spiegano – significherebbe la fine di ogni speranza di conoscere la verità e di avere giustizia, per Daouda, la sua famiglia e per noi tutti». Anche perché quello del 37enne ivoriano è un caso che «apre scenari gravissimi per tutto il tessuto civile, imprenditoriale e istituzionale del territorio – affermano Mannino, Scifo e Roccuzzo – dove è possibile che accadano fatti del genere senza mai risalire alla verità e nemmeno alla concretezza di qualche elemento. Serve – sottolineano – agire per scardinare il sistema di omertà e continuare la lotta contro ogni forma di sfruttamento che obbliga migliaia di lavoratori e lavoratrici a sottostare alla dittatura del bisogno con poche speranze di ottenere riscatto».