Il nuovo cda starebbe pensando di ritirare il piano di ristrutturazione del debito per mancanza delle coperture. «Non posso confermare», replica Riccardo Acernese. Se salta il progetto a rischio cantieri e lavoratori. Sindacati: «Garantire completamento lavori e occupazione». Operai scioperano a oltranza
Crisi Tecnis, si valuta il ritiro del piano di rientro Cgil: «Mancherebbero le garanzie delle banche»
L’appuntamento per
salvare l’azienda è fissato per lunedì 22 febbraio, in tribunale. Gli amministratori di Tecnis dovranno presentare, entro quella data, il piano di ristrutturazione del debito necessario per risollevare le sorti dell’impresa. Ma è di queste ore l’indiscrezione secondo la quale il nuovo consiglio di amministrazione avrebbe deliberato la possibilità di ritirare il progetto da sottoporre ai giudici. «Non posso confermare», replica Riccardo Acernese. L’ex presidente del cda che dopo il rimpasto – ufficializzato oggi – ricopre la carica di consigliere. Al suo posto, come anticipato da MeridioNews, siede adesso l’avvocato romano Roberto Cappelli. Intanto i lavoratori di alcuni cantieri catanesi, che lamentano mesi di stipendi arretrati non versati, proseguiranno lo sciopero a tempo indeterminato.
Del ritiro del piano di ristrutturazione si è parlato ieri mattina, nel corso della riunione del cda tenuta nella sede aziendale di via Almirante, a
Tremestieri etneo. A mancare, e rendere quindi incompleta la documentazione necessaria da produrre «sarebbe l’indispensabile adesione delle banche al progetto», spiega il sindacalista della Cgil Carmelo Restifo. «Anche su questo preferisco non rispondere – replica Acernese – Sono delle questioni riservate». Toccherebbe proprio agli istituti bancari fornire la certezza che Tecnis abbia la possibilità di coprire i circa 100 milioni di euro di debiti contratti per mutui, materiali, stipendi.
Se l’azienda abbandonasse il progetto di ripianamento dei debiti assistito dal tribunale, si aprirebbero due alternative.
Ripresentare il piano entro 15 giorni – con le garanzie bancarie a supporto – oppure andare al concordato in bianco. Quest’ultima ipotesi sarebbe la più drastica: «Una trattativa al ribasso, coi creditori, che potrebbe portare le aziende appaltanti a rescindere i contratti», spiega Giovanni Pistorìo, della Cgil. La conseguenza potrebbe essere bloccare i cantieri e mandare a casa tutti i lavoratori: «Ci batteremo perché venga garantita l’occupazione e il completamento dei lavori – aggiunge il sindacalista – Anche a costo di nominare un commissario straordinario».
Intanto circa 100 operai di due consorzi catanesi, la Metro Catania 2013 e la San Marco casrl, hanno protestato stamattina di fronte all’ingresso della sede. Lavorano al completamento del tratto di metropolitana Borgo-Nesima e dell’ospedale San Marco a Librino, e lamentano gli stessi problemi: tre mensilità arretrate più i contributi della cassa edile. A riceverli è stato il nuovo presidente del cda, Cappelli, ma l’incontro non è andato a buon fine: «Non abbiamo avuto alcuna risposta certa sulla possibilità di ricevere i pagamenti né sui tempi», spiega Restifo.
Come conseguenza, i lavoratori hanno deciso di entrare in
sciopero a tempo indeterminato: «Non si lavora. I cantieri restano fermi finché non riceveremo quanto dovuto», aggiunge il sindacalista. Il riferimento è alle paghe di settembre e ottobre, congelate in attesa dell’approvazione del piano di ristrutturazione del debito. I sindacati, critici verso le istituzioni, hanno già chiesto un incontro alla prefetta di Catania Maria Guia Federico. Servirà per illustrare «la grave situazione in cui versano i lavoratori della Tecnis e delle aziende consortili», conclude il rappresentante degli operai.
Mesi fa la prefettura aveva nominato l’ex sottosegretario all’Interno Saverio Ruperto commissario per risolvere la crisi dell’impresa di costruzioni etnea. Provvedimento reso necessario dopo la revoca della certificazione antimafia, che era seguita all’inchiesta Dama Nera. L’indagine che aveva portato all’arresto dei vertici aziendali Concetto Bosco Lo Giudice e Mimmo Costanzo. Uno scossone che ha inciso negativamente sulla già complessa situazione economica della società. Che senza la certificazione, tra l’altro, non può partecipare a nuove gare d’appalto né avere assegnati i lavori già appaltati.