“Catania è ricca di libri. Ma chi li legge?”

Ci voleva il rischio di pignoramento per le Riunite Civica e Ursino Recupero perché ci si accorgesse che, a Catania, le biblioteche non godono di ottima salute. Tra gli studenti c’è scarsa conoscenza del problema: spesso solo in preparazione della tesi si scopre questo mondo sommerso e polveroso, e soprattutto i suoi disagi. Sembra però che neanche i docenti – anche nelle facoltà umanistiche – siano disposti a far sentire la propria voce in difesa di questo patrimonio.

Fa eccezione l’ex preside della facoltà di Lettere, Giuseppe Giarrizzo, che in un recente articolo ha scritto: “Come ignorare le lunghe lotte (e relativa sconfitta) per portare ai Gesuiti la Biblioteca universitaria, divenuta frattanto regionale, o il fallito riordino e la digitalizzazione della Civica-Ursino Recupero? E quanti decenni sono trascorsi, almeno un quarto di secolo, per realizzare, e molto resta da fare, il Catalogo digitale di Ateneo?”.

Sul filo delle lotte e delle sconfitte di cui parla Giarrizzo, abbiamo chiesto a Silvano Nigro il suo giudizio attuale su Catania e lo stato delle sue biblioteche. Professore ordinario di Letteratura Italiana moderna e contemporanea presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, Salvatore Silvano Nigro, oltre che uno dei più brillanti studiosi formatisi nell’ateneo catanese, è sempre stato un appassionato sostenitore della necessità di prendersi cura di ciò che, a tutti gli effetti, costituisce il laboratorio delle discipline umanistiche.

Professore, lei sarà abituato ad esaminare legioni di studenti, quindi non le verrà affatto difficile assegnare un voto alle biblioteche catanesi: il primo per il patrimonio librario posseduto, il secondo per la gestione. Cominciamo dalla Biblioteca Regionale Universitaria, quanto merita da 0 a 30?
Sul patrimonio librario direi 30, ma sulla gestione non si può dare un voto. E’ ottima, ma ci sono dei problemi burocratici. Una parte della biblioteca, ad esempio, è quella dedicata alle riviste, a cui però non si può accedere da circa un decennio perché sono state portare in una sede distaccata che non ha avuto il permesso di agibilità. Quindi, come in questo caso, c’è una responsabilità che è evidentemente burocratica, non gestionale.

E che voto darebbe – per patrimonio e per gestione – alla biblioteca della sua facoltà di provenienza, Lettere e Filosofia, e alle biblioteche dell’ateneo più in generale?
Sarebbe un’ottima biblioteca, se non ci fossero parecchie assenze tra i libri contenuti. Per quanto riguarda la gestione, lì la situazione è abbastanza complessa, perché da una parte ci sono gli impiegati che sono nati con la biblioteca e la conoscono benissimo, dall’altra c’è il problema dei precari, che vanno cambiando e non hanno il tempo di ambientarsi. In generale, delle biblioteche a Catania non possiamo lamentarci, anche per quanto riguarda il resto dell’Ateneo.

Adesso passiamo alle Biblioteche Riunite “Civica e Ursino Recupero”, da anni a secco del contributo dovuto dal Comune di Catania e a rischio di pignoramento. Come mai si rischia di rinunciare ad un bene così prezioso per la città?
E’ una biblioteca che funziona benissimo, anzi, è quella che funziona meglio, nonostante non abbia personale, perché le poche persone che ci lavorano fanno un lavoro eroico. Il punto è che quando si tratta di effettuare dei tagli economici, si inizia sempre dalla cultura, perché vogliono farci convincere che non produca nulla.

Professore, molti anni fa è stato uno dei pochi docenti a tentare di attirare l’attenzione sulle città “povere di libri” e sull’incuria nella gestione del patrimonio librario. Qual era lo stato di Catania?
Si tratta di un’inchiesta uscita sul Sole24Ore, un atto d’accusa non alle biblioteche catanesi, ma contro la gestione delle biblioteche in tutta Italia. Quello che preoccupava era soprattutto la carenza di personale, oppure la sua sovrabbondanza per motivi politici, ma anche l’impossibilità di accedere ad alcuni fondi e gli inadeguati orari di apertura e di chiusura. Ma oggi Catania è una città piena di libri – povera forse lo era prima – solo che non vengono letti. Sapete, quando sono in città frequento le biblioteche e vedo molti ragazzi, ma raramente incontro i miei colleghi: forse vuol dire che, al contrario degli studenti, i professori non hanno bisogno delle biblioteche.

Ma, da quando insegna a Pisa, la sua opinione sulla gestione delle istituzioni culturali a Catania è mutato in meglio o in peggio?
Adesso, per quanto riguarda le biblioteche, Catania è gestita molto meglio.

Cosa succedeva invece in passato? Le viene in mente qualche aneddoto?
Quell’inchiesta è ricca di aneddoti. Ad esempio mi ricordo che, ogni volta che c’era qualche elezione regionale, da Palermo venivano imbarcate centinaia di persone per le biblioteche di Catania, in attesa di essere nuovamente trasferite a Palermo dopo le consultazioni. Questo personale arrivava, ingombrava e poi se ne andava. Fa parte della gestione “allegra” della cultura del Paese, non solo di Catania.

Prof. Nigro, lei è un filologo. Che idea ha dei mutamenti arrecati dal web all’accesso alle fonti? Internet ha creato trasformazioni superficiali o profonde?
Tutti i mutamenti sono positivi, anche Internet e le nuove tecnologie: tutto sta nel saperli usare. Il problema è, come sempre, avere delle riserve nel fidarsi. Quando si va in biblioteca di certo non ci si affida al primo libro che si ha fra le mani, perciò allo stesso modo non bisogna accontentarsi della prima informazione reperita tra le infinite possibilità della rete.

E dal punto di vista degli studenti? Quali sono i vantaggi e gli eventuali svantaggi dell’uso del web nello studio? Non è che, per caso, Internet renderà inutili le biblioteche?
Una sostituzione è impossibile: un libro si può leggere anche su Internet, ma averlo in mano comporta già un rapporto più personale. A parte questo, non possiamo essere certi della procedura di acquisizione dei testi: spesso ci si può imbattere in scansioni non corrette. Inoltre, sul web la fonte non è sempre consultabile integralmente. I vantaggi comunque sono enormi, mentre gli svantaggi possono appunto derivare dall’ingenuità di chi utilizza questi strumenti in modo passivo.


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