Canicattini, la vita nel paese dove il virus è tornato da Malta Infetti pure due genitori. Sindaca: «Non serve la zona rossa»

A Canicattini Bagni non si parla d’altro, non solo dal vivo ma anche nelle bacheche pubbliche dei gruppi su Facebook o nelle chat private su Whatsapp. C’è chi punta il dito contro la comitiva di ragazzi – tutti tra i 18 e i 21 anni – tornati da una vacanza a Malta e risultati positivi al nuovo coronavirus, chi tira in ballo i loro genitori che hanno dato l’autorizzazione ad andare su un’isola in cui la situazione epidemiologica è peggiore che in Sicilia. In questo momento a Malta ci sono 1141 casi di Covid-19, contro i 538 della Sicilia. Altri compaesani, invece, li giustificano un po’ per la giovane età e un po’ dando la responsabilità a chi dall’alto non ha previsto nessun tipo di restrizione per gli spostamenti. In Emilia Romagna, intanto, chi rientra da Malta, così come da Grecia e Spagna, dovrà segnalarsi ai dipartimenti di sanità pubblica e fare il tampone entro 24 ore dal rientro. Stesse misure che presto, come fanno sapere a MeridioNews fonti di palazzo d’Orleans, potrebbero essere adottata con una specifica ordinanza dalla Regione Siciliana.

L’astio che si respira online, però, per le vie del paese porta degli Iblei non si percepisce. La vita procede più o meno come sempre. «L’unica novità è che stanno tornando di moda le mascherine che, piano piano, dopo la prima fase post lockdown erano diventate un optional quasi in disuso», commenta una signora residente nel centro cittadino trasformatosi, adesso, in uno dei cluster più gravi di tutta la Sicilia. «Il fenomeno è sotto controllo – chiarisce a MeridioNews la sindaca Marilena Miceli – gli undici giovani rientrati dalla vacanza a Malta sono stati schedati già sabato e domenica tutti sono stati sottoposti al tampone». Il numero delle persone attualmente sottoposte all’isolamento domiciliare non è ancora precisato.

Alcuni dei giovani hanno pubblicato sui social i video della loro vacanza. Al momento della partenza dall’aeroporto di Catania tutti indossano – più o meno correttamente – la mascherina. Un dispositivo che scompare una volta messo piede sull’isola dei cavalieri: da Saint Julian a Paceville fino a Comino, molte delle immagini ritraggono i ragazzi in serate dentro affollatissime discoteche (a differenza che in Sicilia, lì sono consentite le serate in luoghi chiusi). Niente di più lontano dal distanziamento sociale. Qualche volta, inoltre, i giovani tra loro si abbracciano e alcuni si baciano pure.

Una delle ragazze – quella con i sintomi più gravi – è ricoverata nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale Umberto I di Siracusa; gli altri – asintomatici o con sintomi lievi – si trovano in isolamento domiciliare e così anche i loro nuclei familiari. Genitori, fratelli, sorelle e parenti più stretti sono stati sottoposti a tampone (gli ultimi ieri). Anche due genitori sono risultati positivi. Nel frattempo, la rete dei contatti extrafamiliari che i giovani hanno avuto una volta tornati in paese è stata ricostruita. Uno degli aspetti più critici riguarda la partecipazione alla festa di un diciottesimo compleanno. «Abbiamo già fornito all’Asp – spiega la prima cittadina – l’elenco completo di tutti gli invitati. Alcuni, però, non hanno ancora ricevuto nemmeno la prima chiamata dall’azienda sanitaria». 

Questo significa che, in teoria, non sono ancora stati sottoposti all’obbligo di quarantena domiciliare. In una comunità piccola, però, i legami interpersonali – nel bene e nel male – fanno la differenza. Rispettare il distanziamento sociale è più difficile e anche il concetto di congiunto è piuttosto allargato. I contatti diretti, però, qualche volta, superano la burocrazia. «Ho chiamato tutti i partecipanti alla festa – racconta Miceli – e ho chiesto loro di fare una sorta di isolamento preventivo per evitare l’eventuale diffondersi di ulteriori contagi». Anche loro, con i tempi burocratici, verranno poi sottoposti al tampone. Molti abitano nella stessa via, nella parte bassa del centro abitato. In un piccolo paese, specie in estate, le strade diventano un prolungamento delle case con l’usanza ogni sera di sedersi davanti alla porta insieme ai vicini. «La lentezza della burocrazia per gli eventuali provvedimenti di isolamento non può mettere a rischio una comunità. Per questo – ribadisce la sindaca – intanto li ho bloccati come potevo e, per accelerare i tempi, ho anche fatto richiesta di effettuare i tamponi nei locali della guardia medica o della protezione civile».

Per controllare il rispetto dell’isolamento, «abbiamo messo in campo gli agenti di polizia locale e anche i volontari della protezione civile e ho chiesto al prefetto – sottolinea la sindaca – di assistere il Comune». In un paese in cui ci si conosce praticamente tutti scatta il controllo reciproco tra compaesani, che è il deterrente più forte. «Non credo sia necessario istituire una zona rossa a Canicattini – sostiene la prima cittadina – Ciò che serve per arginare e circoscrivere la situazione è tornare al ferreo rispetto delle misure anti-Covid e far sì che la sanità territoriale possa adottare interventi tempestivi». 


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