Appalti, le pretese del direttore dei lavori Enzo Caruso Dalle scarpe da regalare alla mazzetta da 15mila euro

«Premesso che prima che succedesse il bordello si poteva organizzare per tempo. Non si è organizzato? Si adegui». Tra i problemi causati dal Covid-19 parrebbe esserci anche una serie di complicazioni nel pagare le mazzette. L’aneddoto è contenuto nell’ordinanza di custodia cautelare che ha portato ai domiciliari, con l’accusa di concussione, Vincenzo Caruso, 65enne architetto in servizio al Genio civile di Caltanissetta e nei mesi scorsi chiamato a Palermo per occuparsi della commissione regionale lavori pubblici. 

Caruso, in passato finito nell’occhio del ciclone per molestie nei confronti di una dipendente regionale che hanno portato a un processo per stalking, è stato denunciato da un imprenditore di San Cataldo. Nel ruolo di direttore dei lavori di un cantiere aperto ad Acquaviva Platani (Agrigento) e finanziato con fondi gestiti – quasi 600mila euro il valore dell’aggiudicazione – dal commissario straordinario per il rischio idrogeologico, avrebbe preteso dal titolare della ditta una mazzetta da 15mila euro. Nelle carte dell’inchiesta che getta l’ennesima ombra sulla gestione dei lavori pubblici in Sicilia, sono tanti i passaggi in cui l’architetto mostra di ambire a un ristoro economico extra rispetto allo stipendio mensile. Somma che Caruso giustifica con il fatto che le somme inserite nel quadro economico per le competenze tecniche non vengono più elargite se a dirigere i lavori è una figura interna alla Regione

Sarebbe questa la molla che avrebbe portato Caruso a stringere la morsa intorno all’imprenditore, con una serie di ostruzionismi che – secondo gli inquirenti – da una parte avrebbero causato il rallentamento dei lavori di consolidamento del territorio e dall’altro impedito all’impresa di ottenere il pagamento delle spettanze in corso d’opera. È il 29 gennaio quando l’architetto incontra l’imprenditore nel proprio ufficio e, cellulare in mano, iniziare a fare un conto con la calcolatrice. Alla fine la cifra che viene fuori è di 11.800 euro che il direttore dei lavori arrotonda a 15mila. La tecnica di avvicinamento, però, era iniziata oltre sei mesi prima, quando ancora il cantiere doveva essere allestito. «In più occasioni mi sono recato dall’architetto Caruso per sapere i tempi necessari affinché venissero consegnati i lavori venendo più volte rimandato – mette a verbale l’imprenditore nella primavera dell’anno scorso – Fino a quando mi ha chiesto di andarlo a trovare da solo nel suo ufficio. Esordiva riferendomi che lui non sarebbe stato fiscale, che non sarebbe mai venuto in cantiere con il metro e che per questa cortesia avrei dovuto ricambiarlo».

Tra le due parti, però, l’accordo – «un patto tra galantuomini» – non si chiude per il rifiuto dell’imprenditore ad acconsentire alle pretese dell’architetto. Caruso si vede rifiutare la richiesta di assunzione di un carpentiere, dopo che in precedenza, secondo i magistrati, avrebbe provato a ottenere una mano d’aiuto per alcuni lavori in un immobile di sua proprietà. «L’architetto mi riferiva che con me non avrebbe parlato più, perché lui era stato preciso, ribadendomi che io non lo volevo sentire e quindi lui era costretto ad agire, così io sarei stato costretto a capirlo», racconta l’imprenditore ai carabinieri. Con il passare dei mesi, le minacce più o meno velate si accumulano. In una circostanza Caruso fa presente che, davanti a un eventuale futuro contenzioso, tra impresa e direzione dei lavori se lo sarebbe «mangiato arrosto con una patata in bocca»

Alla fine, però, l’obiettivo principale sarebbe rimasto comunque quello di ottenere la tangente. E così – nella lettura distorta che il pubblico ufficiale dava alla propria pretesa – recuperare quelle somme che un’ingiusta normativa gli sottraeva. L’ennesima proposta fatta all’imprenditore arriva quando c’è da lavorare su un muro di contenimento. «Da relazione progettuale doveva essere in pietra – si legge in un altro verbale – L’architetto però mi rispondeva che questa lavorazione non mi conveniva, suggerendomi di concludere il lavoro realizzando il solo muro di sostegno e le terrearmate». Secondo quanto ricostruito dai pm, il piano di Caruso prevedeva la richiesta di finanziamento di una perizia di variante con prezzi gonfiati – 200mila euro a fronte di lavori per 30mila – da cui trarre le somme per la tangente.

La brama del dirigente, però, si sarebbe rivolta anche le piccole cose. Pochi mesi dopo l’apertura del cantiere, l’uomo avrebbe chiesto all’imprenditore un paio di scarpe antinfortunistica. Nonostante l’acquisto di questo tipo di attrezzatura non fosse tra i compiti dell’impresario. Dopo avere ricevuto un paio misura 41, Caruso avrebbe fatto sapere che erano troppo strette e per questo avrebbe chiesto la cortesia di averne altre un po’ più grandi. Dopo avere ottenuto anche il paio misura 42, l’architetto non avrebbe restituito la prima coppia di scarpe. A spiegarne il motivo sarebbe stato lo stesso direttore dei lavori. «Lei lo ha capito che le scarpe non erano per me, vero?»


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