Le peggiori frasi dei politici siciliani nel corso del 2016 Da «la casta tifa Inter» al «piccolo uomo nel laghetto»

Gaffe, strafalcioni, battute al vetriolo. L’anno appena trascorso ha visto i politici siciliani regalare perle di retorica fuori e dentro l’Aula di Palazzo dei Normanni. Memorabile l’esordio a Sala d’Ercole di Alfio Barbagallo, deputato del gruppo Lista Musumeci, subentrato lo scorso agosto a Gino Ioppolo, eletto sindaco di Caltagirone. «Qui all’Ars – ha dichiarato il deputato nel suo primo intervento – mi sento un piccolo uomo in un grande laghetto con tante mano amiche». Un inizio non esattamente brillante per il parlamentare regionale, col suo discorso finito su tutti i giornali.

A fare compagnia al collega sulle pagine dei quotidiani anche il presidente della commissione Bilancio, Vincenzo Vinciullo (Ncd), che a proposito della riduzione delle indennità dei deputati ha commentato al programma di La7 Tagadà: «Le posso assicurare che, con quello che prendiamo, abbiamo come tutti i comuni mortali difficoltà ad arrivare a fine mese, avendo anche una famiglia numerosa». A cosa si riferiva Vinciullo? Alla domanda del cronista il deputato ha ammesso candidamente di avere «molti regali di nozze da fare».

Da ricordare anche lo scontro tra il deputato di Forza Italia Giuseppe Milazzo e il presidente di Riscossione Sicilia, Antonio Fiumefreddo, a proposito delle cartelle esattoriali inviate ai deputati. Dal salotto tv di Massimo Giletti, Milazzo si è rivolto a Fiumefreddo sottolineando che sul trattamento riservato ai politici (a cui sono state inviate tre – e non una – lettere di invito a saldare i debiti) «doveva mandarne una e se ne aveva le motivazioni doveva pignorare l’indennità. E comunque non è lui a scoprire i debiti, li scopre l’agenzia delle Entrate. Lui vuole fare Sherlock Holmes».

Ma l’investigatore nato dal genio di Conan Doyle non è certo l’unico esempio di esterofilia dei deputati siculi. Era la lunga notte elettorale statunitense quando il consigliere comunale di Palermo, Angelo Figuccia, sosteneva con convinzione che «con la vittoria di Trump il mondo volta pagina. Adesso Renzi, Crocetta e Orlando vadano tutti a casa». Da Figuccia padre a Figuccia figlio, in famiglia non si è persa l’occasione per farsi notare, come nel caso della scomparsa dell’ex deputato Paolo Iocolano, il cui nome è citato nelle carte analizzate dalla commissione parlamentare sulla P2 (Iocolano fece parte di un gruppo – non la P2 – che comunque ruotava attorno a Gelli). È stato proprio Vincenzo Figuccia a ricordare il collega a Sala d’Ercole, ma a chi gli ha fatto notare che Iocolano gravitava attorno alla loggia, ha replicato: «Non potevo saperlo, negli anni Ottanta non ero neanche nato». In realtà Figuccia aveva già otto anni.

Battute al vetriolo e piccole frecciatine hanno inoltre accompagnato i lavori d’Aula nel corso degli ultimi dodici mesi, da Giancarlo Cancelleri, secondo cui la presenza di Rosario Crocetta a una trasmissione su La7 avrebbe fatto «perdere al Pd tra i 200 e i 250mila voti», fino al primo inquilino di Sala d’Ercole, Giovanni Ardizzone, che ha commentato il divorzio in casa Udc tra Lorenzo Cesa e Gianpiero D’Alia affermando che il segretario nazionale dei centristi sarebbe stato pronto a «stringere rapporti con cocainomani e mafiosi».

E poi c’è Sala d’Ercole: lì è facile perdere le staffe e cadere in strafalcioni più o meno involontari quando si parla a braccio. Ecco dunque una carrellata di certo non esaustiva, tra un «voto l’articolo 7 per tenerezza» ancora dell’azzurro Milazzo, fino a Marco Falcone, sempre Forza Italia,: «vi ricordate nei cartoni animati quello scoiattolino che correva sempre? Ecco, sì: Speedy Gonzales». E l’ormai celeberrima uscita del governatore Crocetta: «Io sono juventino, il popolo tifa Juve mentre la casta tifa Inter». Chissà cosa s’inventeranno nell’anno della campagna elettorale.


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