«Una spregiudicata capacità delinquenziale, ancora più melliflua e sfuggente perché celata attraverso lo svolgimento di una nobile professione». Sono le parole utilizzate dal giudice per le indagini preliminari Alfredo Montalto nell’ordinanza di custodia cautelare con cui sono finiti in carcere Alfonso Tumbarello e Andrea Bonafede, cugino omonimo del più noto geometra di Campobello di Mazara che ha prestato l’identità al boss stragista di Cosa nostra Matteo Messina Denaro. Il camice bianco, secondo i magistrati della procura di Palermo, avrebbe assicurato all’ex latitante «competenze mediche, e i propri poteri derivanti dalla qualità di medico di medicina generale». Tumbarello è il «protagonista centrale di tutto il percorso terapeutico» del boss di Castelvetrano nell’affrontare il tumore. Grazie al camice bianco avrebbe avuto la garanzia di ottenere le prestazioni sanitarie necessarie ma anche l’assoluta riservatezza sulla propria identità, celata sotto il nome di Bonafede. Negli ultimi due anni, Messina Denaro avrebbe ottenuto così 95 prescrizioni di farmaci e 42 prescrizioni di costosi esami e analisi. Riuscendo anche, sotto la schermatura dell’alias di Andrea Bonafede, a essere sottoposto a due interventi chirurgici. La prima operazione il 13 novembre 2020 all’ospedale Abele Ajello di Mazara del Vallo e la seconda il 4 maggio 2021 alla clinica La Maddalena di Palermo, la stessa in cui è stato catturato dai militari del reparto operativo speciale dei carabinieri.
Tumbarello, scrivono gli inquirenti, «ha più volte visitato Matteo Messina Denaro e ne è diventato stabile interlocutore nel lungo e tormentato percorso terapeutico». Le ultime prescrizioni risalirebbero alla fine di novembre 2022, pochi giorni prima del pensionamento del medico di Campobello di Mazara. In questo rapporto medico-paziente avrebbero svolto un ruolo fondamentale i due Andrea Bonafede. Il più giovane e omonimo del più noto geometra, secondo gli inquirenti, avrebbe fatto da postino tra lo studio di Tumbarello e Matteo Messina Denaro. Avrebbe preso le ricette e consegnato documentazione medica. Il parente più grande, invece, sulla carta sarebbe stato il malato grave da curare. L’uomo ai magistrati ha detto di essersi recato «qualche volta» personalmente dal medico, mentre in altre occasioni avrebbe utilizzato Whatsapp o il telefono. Inoltre il professionista sarebbe stato convinto che ricette e analisi fossero proprio per Bonafede. Un racconto già traballante ma che non ha retto davanti alle parole della segretaria dello studio medico. La donna, sentita a sommarie informazioni, ha detto che era solito presentarsi un cugino omonimo del malato e che il geometra lo aveva visto, per l’ultima volta, 17 anni prima. Ulteriore smentita alla versione di Bonafede senior è arrivata dall’analisi del traffico telefonico: tra lui e Tumbarello non ci sarebbe stato alcun contatto almeno dal 2019.
Il rapporto tra il medico e la famiglia del boss però non si sarebbe limitato agli ultimi due anni. In passato era infatti emerso il rapporto tra Tumbarello e Salvatore Messina Denaro, fratello dell’ex latitante. I due sono legati nella controversa vicenda che ha avuto come protagonista l’ex sindaco di Castelvetrano Antonio Vaccarino, lo stesso che per conto dei servizi segreti cercò tra il 2004 e il 2006, tramite lo pseudonimo di Svetonio, un canale di collegamento con Messina Denaro. Nello studio del medico a Campobello di Mazara, Vaccarino raccontò di avere incontrato proprio il fratello del boss tramite il camice bianco. Fine ultimo quello di inviare un messaggio all’allora latitante. Faccia a faccia che, si legge nell’ordinanza, avvenne in «un luogo sicuro per non esporre i partecipanti a rischi».
Il medico dell’ex latitante è uno dei volti noti di Campobello di Mazara e non solo per la sua professione. Tumbarello è stato consigliere provinciale e nel 2006 si era candidato alle elezioni regionali con l’Udc, allora retta in Sicilia dall’ex presidente della Regione Totò Cuffaro. Qualche anno dopo, nel 2011, tentò pure la corsa a sindaco ma ottenne meno di mille voti. Il nome del medico è legato anche alla massoneria: iscritto alla loggia Valle di Cusa dopo essere finito nei guai nella storia del boss è stato sospeso dal Grande oriente d’Italia. L’inchiesta sui fiancheggiatori di Messina Denaro non finisce qui. Ad essere chiaro per gli inquirenti è «l’assordante silenzio – scrive il gip – della comunità di Campobello di Mazara che, evidentemente con diversi livelli di compiacenza omertosa, paura o complicità, ha consentito al pericoloso stragista ricercato in tutto il mondo di affrontare, almeno negli ultimi due anni, cure mediche e delicatissimi interventi chirurgici in totale libertà, godendo della disponibilità di somme di denaro, macchine e appartamenti».
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