«Tolte le piste alternative, quello che resta è la verità». È citando il pubblico ministero Francesco Puleio che ha iniziato la propria discussione l’avvocata di parte civile Alessia Modesti che assiste Maria Palermo, la mamma di Agata Scuto, la 22enne invalida di Acireale scomparsa dalla mattina del 4 giugno del 2012 e il cui corpo non è mai stato ritrovato. Anche per […]
Processo omicidio Agata Scuto, le parti civili: «L’imputato ha iniziato il depistaggio il giorno della scomparsa»
«Tolte le piste alternative, quello che resta è la verità». È citando il pubblico ministero Francesco Puleio che ha iniziato la propria discussione l’avvocata di parte civile Alessia Modesti che assiste Maria Palermo, la mamma di Agata Scuto, la 22enne invalida di Acireale scomparsa dalla mattina del 4 giugno del 2012 e il cui corpo non è mai stato ritrovato. Anche per lei, «escluse tutte le piste alternative all’omicidio, resta la responsabilità di Rosario Palermo». L’ex compagno della madre della vittima che è imputato nel processo per omicidio e occultamente di cadavere e che ha rinunciato a essere presente nell’aula Serafino Famà del tribunale di Catania dove si è tenuta l’udienza. Tutta dedicata alle parti civili e al difensore della coimputata per favoreggiamento Rita Sciolto, Alessandro Vecchio, che con Palermo ha avuto una relazione che risale a circa 18 anni fa.
Per l’accusa, Palermo avrebbe ucciso la figlia dell’allora sua compagna perché sarebbe rimasta incinta di lui. «È stata accertata una relazione sentimentale intima tra la vittima e l’imputato», ricostruisce l’avvocata della parte civile ricordando la nota che sarebbe stata scritta dalla 22enne su un diario – “Mamma cornuta” – che la madre avrebbe poi buttato. «Sono stati i familiari a raccontare a processo di avvicinamenti notturni tra i due». A riprova di un rapporto ambiguo, per la legale, ci sarebbero i timori manifestati dall’imputato dopo il sequestro dei suoi cellulari. «Mi arrestano. Io ci parlavo, ci scherzavo: “Ti porto a fare un giro con la macchina”. Se rintracciano le parole che mi diceva e che io dicevo a lei, mi vengono a prendere, me la mettono nel culo». Una preoccupazione che emerge in una conversazione intercettata con l’amico Sebastiano Cannavò, imputato in un procedimento connesso per favoreggiamento. L’imputato, difeso dall’avvocato Marco Tringali e che da sempre si proclama innocente, durante il suo esame aveva dichiarato di vederla «come una figlia» e raccontato di avere avuto otto figli da donne diverse (due anche sorelle tra loro). «Non ho mai avuto problemi. Un figlio in più, un figlio in meno…Poi Agata era pure maggiorenne».
Per la legale, però, ci sarebbe da considerare lo stato psicofisico della 22enne. «Particolarmente vulnerabile, una bambina di dieci anni incapace di badare a se stessa», come l’avevano descritta anche gli assistenti sociali del centro riabilitativo di Acireale frequentato dalla vittima. «Il pomeriggio del giorno in cui è scomparsa – ricostruisce l’avvocata – ha risposto a una telefonata dei familiari e ha detto di essere scappata con un ragazzo e di non cercarla. Forse – sottolinea Modesti – è il primo atto di depistaggio messo in campo da Palermo». Lo stesso che, per la legale di parte civile avrebbe poi fornito una ricostruzione di quanto accaduto con «una sorta di confessione» fatta durante i soliloqui intercettati in auto. Monologhi in cui alternativamente si attribuisce la responsabilità e poi si scagiona immaginando di essere davanti agli inquirenti o a un giudice. «Abbiamo trovato la ragazza morta strangolata e bruciata a Pachino (nel Siracusano, ndr) e tu ti sei fatto una bruciatina». Poco dopo un altro flusso di coscienza: «Hanno trovato il corpo nella zona di Pachino ma hanno arrestato Gianluca Scuto (uno dei fratelli di Agata, ndr). Tu sei scagionato, sei libero».
Un «comportamento anomalo» l’imputato lo avrebbe tenuto anche il giorno della scomparsa della 22enne con l’inizio della «costruzione di un alibi». «Anomalo», però, per stessa ammissione dell’avvocata, sarebbe stato anche il comportamento di alcuni familiari di Agata Scuto. «Desta perplessità», dice, il fatto che abbiano buttano tutti gli effetti personali, che abbiano continuato a ritirare la pensione di invalidità della vittima per anni, che abbiano ritirato la denuncia di scomparsa dopo averla presentata. «Ma va valutato che sono persone semplicissime che vivono in uno stato di indigenza: “Mangiavamo i limoni del giardino”», ricorda citando il fratello Gianluca Scuto. Ed è stata proprio la sua legale, l’avvocata Assunta Nicolosi chiudere l’udienza sposando la ricostruzione dell’altra parte civile. «Ha cercato di arrampicarsi sugli specchi – he detto parlando dell’imputato – anche quando ha raccontato di avere problemi alla prostata che gli avrebbero impedito di avere dei figli».