Dopo l'emergenza Covid, GiglioLab è pronto a riavviare la sua attività di produzione. Da quando è nato, tre persone hanno una nuova vita dopo la reclusione. «Attendiamo che venga dato l'ok per riprendere l'attività», afferma Mimmo Giglio a MeridioNews
Il pastificio nato all’Ucciardone è in attesa di ripartire «Siamo pronti a ridare riscatto e speranza ai detenuti»
«Speriamo che i prossimi mesi ci portino importanti novità, con l’auspicio di una ripresa importante. Noi vogliamo donare riscatto ai detenuti, e al contempo, continuare a esportare la nostra pasta di qualità». Sono passati oltre quattro mesi da quando il laboratorio che produce la pasta con grani duri siciliani all’interno dell’istituto penitenziario palermitano dell’Ucciardone ha chiuso provvisoriamente a causa delle normative anticovid. Un periodo non troppo lungo, ma quanto basta per far sperare Mimmo Giglio in un’immediata ripresa del progetto GiglioLab Srl, che lui stesso dirige sin dal 2018. Quando, in occasione del 36esimo anniversario della morte di Pio La Torre e Salvo Di Salvo, venne inaugurata l’iniziativa rivolta ai detenuti, che hanno potuto intraprendere il cammino verso il reinserimento nella società grazie alla produzione della pasta fresca. Tuttavia da quattro mesi, a causa di alcuni contagi all’interno del carcere, l’amministrazione ha deciso per la sospensione temporanea dell’attività nella quinta sezione, dove sono presenti i macchinari e le materie prime di qualità che per quattro anni hanno prodotto la pasta Ucciardone, realizzata proprio dai detenuti e distribuita in alcuni punti vendita anche fuori dall’Isola, come Roma, Milano e Torino.
«Aspettiamo che la direzione ci dia il nulla osta per poter ripartire – afferma Mimmo Giglio a MeridioNews – Non voglio passare per chi si scaglia contro il sistema o le regole anticovid. Ma dopo mesi attendiamo che ci venga detto quando e come ripartire: per il momento abbiamo solo una circolare di chiusura a tempo indeterminato». L’esperienza di Giglio, leader nel settore della pasta, fresca è trentennale e prende le mosse dallo stabilimento di famiglia. Le conoscenze e la sua maestria le ha trasferite ai detenuti del carcere, che hanno potuto lavorare con la farina Perciasacchi, di altissima qualità, prodotta da grani siciliani. Elementi che hanno fatto guadagnare alla pasta Ucciardone il marchio di presidio Slowfood. «Il grano duro siciliano non ha microtossine e non necessità di essere trattato con il glifosato, che produce sostanze cancerogene – prosegue Giglio – Abbiamo pasta di grano duro normale o integrale. Certo non è un modello proiettabile su larga scala, proprio perché miriamo alla qualità, non possiamo produrre ingenti quantitativi da poterli esportare ovunque. I grossi produttori si servono da altre fonti».
Tutto questo, però, si è fermato. Evase le ultime comande che sono arrivate, lo stop di GiglioLab non ha certo semplificato il momento per l’imprenditore, che negli ultimi mesi ha dovuto fare i conti con i rincari nel settore. «Certo, noi siamo contenti di dare la possibilità di far apprendere un mestiere a chi è stato meno fortunato di noi – osserva – Dall’altro lato siamo poi c’è il nostro ruolo da imprenditori. Inevitabilmente si spera che GiglioLab possa ripartire al più presto». Fino a quando il laboratorio era attivo, si può dire che gli scopi per cui è nata l’iniziativa sono stati soddisfatti e si sono conciliati. All’interno dell’Ucciardone si è dato vita a un nuovo marchio, mentre per tre detenuti è arrivata l’assunzione lavorativa una volta scontata la pena. «All’inizio gli educatori ci hanno segnalato un gruppo di persone – spiega Giglio – Dopo un’ulteriore esame li abbiamo scelti e li abbiamo assunti con un normale contratto di lavoro collettivo, che però scade una volta che il detenuto esce dal carcere».
L’esperienza sembra aver funzionato in pieno. «Noi miriamo a far riacquisire ai detenuti le credenziali spendibili nel mondo del lavoro – aggiunge – Ci piace sempre dire che dietro a un pacco di pasta c’è stata e ci sarà una storia di riscatto. Ognuno di loro porta con sé storie difficili legate a famiglie in difficoltà e contesti sociali non semplici. Solo chi vive queste storie da vicino può immaginarlo». Nell’attesa della riapertura, a disposizione del laboratorio è rimasto un solo detenuto. «Gioco forza ne dovremo assumere altri – conclude Giglio – Siamo contenti che le persone che hanno lavorato con noi adesso siano ottimamente inserite nella società e con una nuova vita: due operano sempre nel mondo della pasta fresca. Uno ha cambiato ambito, adesso lavora per una compagnia teatrale».