Il caso Raciti, testimoni Le Iene finiscono indagati Raccontati fatti non veri su tesi del «fuoco amico»

Erano stati presentati in televisione come i testimoni chiave per riaprire le indagini sulla vicenda dell’ispettore di polizia Filippo Raciti, morto durante gli scontri avvenuti fuori dallo stadio Angelo Massimino in occasione del derby di calcio Catania-Palermo del 2 febbraio 2007. Adesso sono finiti indagati, con l’inchiesta già chiusa, per «diffamazione aggravata a mezzo stampa, su un fatto determinato e recando offesa a un corpo giudiziario». Si tratta di due persone, una donna di 44 anni e un uomo di 42 anni, la cui testimonianza venne trasmessa durante un servizio della trasmissione di Italia 1 Le Iene. Nel servizio, realizzato da Ismaele La Vardera, si sosteneva la tesi «del fuoco amico». In sostanza Raciti, secondo i racconti dei due indagati, non morì perché colpito dal sotto lavello impugnato da Antonio Speziale ma perché investito da un Range Rover della polizia guidato da un agente. 

Il servizio andò in onda a ridosso della scarcerazione dello stesso Speziale, avvenuta il 15 dicembre 2020 con tanto di festa degli ultras davanti casa del 31enne. Speziale è stato condannato – insieme a Daniele Micale – in via definitiva per l’omicidio Raciti ed è uscito di galera dopo otto anni e otto mesi. I due testimoni, i cui racconti vennero presentati come esclusivi, secondo la procura di Catania avrebbero affermato «in modo implicito» che nelle indagini sulla morte dell’ispettore «sarebbero state coperte volontariamente le responsabilità dei veri» autori «indirizzandole dolosamente a carico di Speziale». 

La donna, interpretata da un attrice, ha sostenuto che, poiché in qualità di familiare acquisita della famiglia Raciti, aveva partecipato ai funerali e in quell’occasione «aveva udito un poliziotto che avvicinandosi a Nazareno Raciti» avrebbe «chiesto scusa al padre dell’ispettore perché la morte del figlio era stata causata dalla manovra errata di un collega». Ha inoltre aggiunto che «aveva capito che Speziale era stato solo un capro espiatorio». L’uomo ha invece raccontato che Nazareno Raciti avrebbe riferito a suo padre di «avere saputo che Filippo non era stato ucciso da Speziale, ma da colleghi con un’errata manovra con un’auto di servizio». Nazareno Raciti, sentito dalla procura, ha smentito entrambe le ricostruzioni.


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