Numero chiuso e test dingresso in tutte le facoltà, la nuova offerta formativa alla prova del taglio dei fondi imposto dalla Gelmini, aumento delle tasse e diritto allo studio: Step1 apre un forum sottoponendo ai docenti dellAteneo cinque domande sulluniversità che verrà. Iniziamo con Fabrizio Sciacca, giovane ordinario di Filosofia politica a Scienze Politiche che sulle lauree specialistiche ha un'idea precisa...
Il futuro di Unict/1 «Sbocchi lavorativi, falso mito»
1. A partire dall’AA 2010-2011 sarà introdotto il numero chiuso in tutte le facoltà. In un’intervista a Step1 e RadioZammù il Rettore ha parlato di un test d’ingresso per ogni facoltà e della possibilità, da parte degli studenti, di partecipare a tutte le selezioni, che si effettueranno in giorni diversi, indicando però un ordine di preferenza. Come crede debbano essere strutturati i test per garantire una selezione equa? Ha fiducia nella capacità dei test di selezionare? A suo avviso, quali dovrebbero essere i contenuti?
«In senso lato, un ‘‘test” è una prova. I test universitari di selezione dovrebbero misurare l’idoneità dei candidati studenti alla frequentazione di un certo corso di laurea. Quanto alla fiducia, il problema non è averne nella capacità di un test, perché un test è solo un meccanismo logico che dà dei risultati in base ai criteri di misurazione assegnati. Il punto è, semmai, che i risultati dipendono dai criteri stabiliti. Non posso avere una precisa idea sui criteri di selezione per ogni corso di laurea. Comunque, nell’ipotesi di una introduzione di test per ogni corso, potrebbe essere ragionevole pensare a una parte “generale”, con un set standard di quesiti uguale per tutti (tra i quali non dovrebbero mancare quelli volti all’accertamento di conoscenze di cultura generale di base e dell’uso della logica) e una parte “speciale”, con domande calibrate sull’offerta formativa di ogni singolo corso di laurea. Il tutto, però, non nel senso di pretendere la padronanza di un corredo nozionistico specifico – che difficilmente potrebbe esserci in un diciottenne appena diplomato, ed è anzi ciò che il potenziale studente dovrà apprendere proprio nel corso di studi al quale intende iscriversi- bensì di verificare le attitudini e le capacità di acquisire al meglio le competenze proposte dall’offerta formativa del singolo corso di studi».
2. Come crede che le future matricole affronteranno i test d’ingresso? Non c’è il rischio che siano scoraggiate ad intraprendere gli studi universitari dal timore di non trovare posto nel corso di laurea prescelto? Non potrebbe accadere che gli studenti si indirizzino verso quei corsi in cui, secondo un calcolo delle probabilità è più facile entrare, sacrificando però i loro reali interessi? Inoltre, su Internet ci sono liceali che già si chiedono se ci saranno corsi (anche a pagamento) per prepararsi al test. Non si rischia di creare un grande business per i privati? Ha in mente possibili soluzioni?
«E’ abbastanza intuitivo pensare che un test di ingresso possa essere concepito in un modo o in un altro, e molto dipende da come esso viene redatto. Non è detto che un test ben fatto, cioè ben concepito e redatto, scoraggi candidati volenterosi e seri. Se fossi uno studente, non mi affiderei a internet per trovare le risposte al test. Invero non sarebbe un comportamento da furbi, ma da stupidi. I test sono fatti per misurare le capacità individuali: la prova è attendibile se le risposte sono autentiche, non se vengono prese su internet, ed è interesse dello studente fornire risposte autentiche. Comprare le risposte on line è una maniera poco intelligente di far fiorire un mercato che non merita di essere incoraggiato».
3. Il numero chiuso a Medicina ha già creato il fenomeno delle iscrizioni in corsi di laurea “affini” (ad esempio Farmacia), con successivo passaggio al secondo anno di medicina dopo il superamento del test. Non c’è il rischio che il numero programmato generalizzi questo fenomeno dei passaggi dall’una all’altra facoltà per sormontare gli sbarramenti?
«Sì, questo rischio c’è e mi pare difficilmente evitabile».
4. Passiamo alla situazione dei corsi di laurea specialistica. Considerando i drastici tagli di fondi a cui saranno sottoposte le tutte le facoltà dell’Ateneo catanese, crede possibile l’attivazione di specialistiche maggiormente “attraenti”? Come si pone il problema della qualità della laurea di secondo livello nella sua facoltà ed area disciplinare?
«Definire genericamente un corso di laurea “attraente” è del tutto privo di senso. Tale definizione dipende dai criteri (opinabili o meno) che sono adoperati per misurare cosa “attraente” sia e che possono variare dagli ambiti di misurazione. Ad esempio, il fin troppo noto ambito degli sbocchi lavorativi. “Sbocco lavorativo” è un concetto che rischia di rimanere generico e fuorviante, se non lo si passa al vaglio di ulteriori criteri di definizione, dato che ha senso parlare di sbocco lavorativo solo in base alle concrete possibilità di trovare un lavoro. Vorrei però precisare un concetto: per quanto attraente possa essere, anche il miglior corso di laurea al mondo non garantisce a chi lo frequenta di essere trasformato in un individuo in possesso di competenze e cognizioni eccellenti. Non sarebbe del tutto insensato, poi, assegnare altrettanta importanza ad altri criteri di misurazione di attrattività rispetto a quello degli sbocchi lavorativi: ad esempio, la qualità della docenza e la singola e complessiva congruità degli insegnamenti di ogni corso di laurea. Il corso di studi propone un’offerta formativa che lo studente, se la prende sul serio, può utilizzare come una possibilità di verifica dei propri talenti e di acquisizione di competenze e cognizioni spendibili sul mercato del lavoro. Nella mia facoltà (Scienze politiche) è stata fatta una precisa scelta, quella di offrire un numero di lauree magistrali maggiore rispetto a quelle triennali, puntando su una formazione triennale di base più caratterizzante come facoltà e su una offerta specialistica molto differenziata. Per quanto riguarda la mia area disciplinare, Filosofia politica, si tratta di una disciplina tradizionalmente tipica delle facoltà di Scienze politiche ed è presente in diversi corsi di laurea della facoltà, soprattutto nelle lauree magistrali».
5. A partire dal prossimo anno accademico, oltre alla selezione all’entrata, i tagli all’Università provocheranno l’aumento delle tasse per gli iscritti. “In nome di una maggiore qualità”, sostiene il ministro Gelmini. Pensa che il miglioramento qualitativo della didattica sarà immediatamente percepibile?
«In tempi di difficoltà economiche i “tagli” sono inevitabili. In tali casi, allestire una lista di priorità dei beni che dovrebbero essere maggiormente salvaguardati dagli esiti delle logiche economiche è ciò che fanno i governi. Anche qui, però, tutto dipende dai criteri che vengono assegnati nel dare priorità alla salvaguardia, ovvero cosa è meno sacrificabile. Personalmente, in una prospettiva di medio-lungo periodo, ritengo che i tagli inferti alla ricerca scientifica italiana danneggino irreparabilmente l’Università e, soprattutto, il nostro Paese».
Prof, e tu come la pensi? I docenti che hanno voglia di rispondere al questionario di Step1 possono mandare una mail con le risposte all’indirizzo redazione@step1.it