Una lezione di giornalismo. Quello che - in tutti questi anni - non abbiamo mai letto sul quotidiano cittadino "La Sicilia". Riprendiamo alcune parti di testo del servizio di Report andato in onda il 18 ottobre su Rai Tre
Il disastro di Catania in 3.000 parole
Report torna a parlare del disastro a Catania. Ecco un breve estratto degli interventi fuori campo di Milena Gabanelli e Sigfrido Ranucci durante la trasmissione, andata in onda lo scorso 18 ottobre.
Milena Gabanelli in studio: Catania, a marzo scorso avevamo visto come erano stati spesi 850 milioni destinati all’emergenza sismica, risorse disperse, un indebitamento non più sostenibile e un comune a rischio fallimento. E’ stata una denuncia forte, ora se il dissesto lo saneremo tutti noi, vogliamo sapere in che modo, e soprattutto cosa è successo in questi 8 mesi. Sigfrido Ranucci è tornato a Catania.
DA REPORT “I Vicere'” DEL 15 MARZO 2009
Sigfrido Ranucci fuori campo:
Catania è la città a più alto rischio sismico che c’è in Europa e non solo a causa dell’Etna…
Dopo il terremoto di Santa Lucia, del ’90, dove muoiono 17 persone e 15 mila rimangono senza casa, il governo stanzia 4 mila miliardi di lire da spendere per la ricostruzione e la prevenzione. Nel 2002 Silvio Berlusconi nomina il sindaco di Catania, Umberto Scapagnini, commissario per l’emergenza traffico e sicurezza sismica e può disporre di 850 milioni di euro per mettere in sicurezza anche le scuole.
E’ la scuola elementare Brancati.
Negli anni passati si erano aperte delle crepe sui muri, quando ad ottobre, improvvisamente, è crollato il soffitto.
In realtà l’edificio stava cadendo a partire dalle fondamenta. Dopo la nostra trasmissione la scuola è stata chiusa definitivamente e i bambini sono stati tutti spostati. Anche nella sede centrale, qualcosa è accaduto: la ditta incaricata dal Comune aveva piazzato delle scale antincendio che erano inaccessibili perché mancavano le porte.
Poco dopo la trasmissione la Procura di Catania ha sequestrato un’altra scuola, la Angelo Musco, dichiarando inagibile una parte. Quando gli uomini della protezione civile sono scesi nelle fondamenta hanno visto le condizioni dei pilastri.
Nel 2007 il Comune, per adeguare la scuola ai criteri di sicurezza imposti dalla legge 626, ha appaltato lavori per un milione e mezzo di euro, ma le ditte invece di intervenire sui pilastri, hanno preferito costruire questa gigantesca torre per l’ascensore.
E poi hanno restaurato questa palestra, che se da una parte è in perfette condizioni, dall’altra a pochi mesi dal collaudo, si presenta in questo modo.
Se non sono stati spesi per mettere in sicurezza le scuole, dove sono finiti i fondi destinati alla prevenzione antisismica? L’ufficio speciale, diretto da Scapagnini, in questi anni li ha spesi in parcheggi che dopo essere stati inaugurati, sono stati abbandonati o sequestrati come quelli realizzati con la cosidetta “finanza di progetto”, che dopo l’aggiudicazione, con una semplice scrittura privata, sono diventati centri commerciali. Eppure nel maggio del 2005, a pochi giorni dalle elezioni, il sindaco Scapagnini, scrive in un suo provvedimento, che “è atteso un avvenimento sismico disastroso”. Però non mette in sicurezza le scuole ma dà il via libera alla costruzione di Via Alcide De Gaspari: costo 10 milioni di euro.
Questa è Via De Gaspari, l’ipotetica via di fuga per la popolazione da un ipotetico rischio Tsunami. Come abbiamo già visto a marzo però, ci si fermerebbe qui perchè l’opera ancora non è stata completata e a pagarne le conseguenza è, per ora, il signor Panebianco.Per realizzarare la via di fuga dallo tsunami, il livello del manto stradale è stato innalzato di circo 50 cm e quando piove, l’acqua si accumula a ridosso delle pareti della casa del signor Panebianco.
L’acqua poi filtra nel suo salotto che da circa 5 anni è in queste condizioni.
Non è servito neppure un magistrato che gli abbia dato ragione.
E’ successo anche che a partire dal 2007, il responsabile unico del progetto ha stravolto l’opera.
La protezione Civile è contraria e invita ad annullare la gara. Ma i dirigenti del Comune vanno avanti, cambiano carta intestata ed aggiudicano la concessione ad un gruppo d’imprese.
L’immobile Alcalà, secondo questa vesura, ha un capitale di 90 mila euro, un solo dipendente e si trova in via Artale Alagona 39. Quando arriviamo però, non troviamo nessuna insegna della ditta che ha invece la sede legale presso il Giocabingo.
l’incontro però non c’è mai stato ed il progetto per ora è bloccato anche perché sulle attività dell’ufficio speciale sta indagando la procura.
Milena Gabanelli in studio: Sono 7 i fascicoli aperti dalla procura di Catania dopo la nostra puntata. Intanto l’effetto pratico e immediato è che hanno messo le porte a scala antincendio in una scuola e un’altra scuola è stata spostata perché era a rischio crollo. I soldi della prevenzione sismica sono finiti anche in una strada che diventerà il tetto di un centro commerciale. E poi c’era un intero quartiere, c’è un intero quartiere che deve essere risanato dagli anni 50, ma la ditta incaricata non è mai riuscita ad arrivare in fondo e non per colpa sua. Pertanto adesso chiede conto. Però le casse sono disastrate e allora come salda il comune?
C’è un nuovo sindaco che si arrabatta, ma ha ereditato una montagna di debiti e ha degli impegni da mantenere, come la cessione di vie, di piazze e una scuola pubblica. Una delle poche scuole a posto con le norme antisismiche verrà abbattuta per essere ricostruita più in là. Al di là di ogni logica.
Sigfrido Ranucci fuori campo:
L’edificio ospita più di 550 studenti di 3 scuole diverse ed è l’unico della zona. Ma è stato svenduto per poco più di 10 milioni di euro, da un commissario straordinario, per sanare i debiti maturati con le ditte private che avrebbero dovuto 50 anni fa risanare l’intero quartiere che per ostacoli burocratici ancora oggi si present così. E siccome nel frattempo il Comune ha dovuto pagare pure gli interessi, ha ceduto pure piazze e strade.
Nel frattempo ci va di mezzo una scuola che funziona, dove riescono a fare anche la raccolta differenziata. Hanno i lavoratori per la musica, per l’informatica ed un’ottima palestra. La promessa sulla carta è che verrà ricostruita a poche decine di metri di distanza.
A marzo poi, c’eravamo occupati del buco di bilancio del comune ci Catania il cui fallimento è stato evitato in extremis dal Cipe che ha stanziato 140 milioni prelevandoli dai Fas, i Fondi per le aree sottosviluppate. Per ottenerli, il nuovo sindaco Stancanelli aveva inviato al Cipe una lista opere da realizzare.
Cosa ci sarebbe stato da sistemare con i Fondi per le aree sottoutilizzate?
Villaggio Goretti: da quando è stato costruito il nuovo aeroporto, ogni volta che piove un pò più del normale lo scenario che si presenta è questo. E pensare che era stato costruito negli anni ’60 per ospitare 1400 sfollati rimasti senza tetto dopo l’alluvione del ’51. Pensavano di poter star meglio…
Dopo la nostra trasmissione il sindaco si è recato al villaggio Goretti per tranquillizzare gli abitanti.
Ancora non è piovuto in maniera torrenziale a Catania, ma queste immagini girate 20 giorni fa nella parte nord-ovest del villaggio, non promettono nulla di buono. Comunque oltre al villaggio Goretti, nella lista del Cipe, il sindaco aveva indicato il restauro per 32 milioni dell’ex palazzo delle poste che lo Stato aveva comprato e donato al Comune di Catania per destinarlo a uffici Giudiziari, anche perché il Tribunale è nei guai. Nonostante il ministro Alfano abbia presentato Catania come una delle sedi dove da due anni è cominciata la sperimentazione per il processo informatico, la situazione che avevamo trovato nel marzo scorso, era pessima.
Siamo Tornati a settembre e la situazione è peggiorata. Poi a causa della mancata manutenzione, il cortile interno è usato come una piccola discarica, la maggior parte dei bagni è fuori uso, l’impianto elettrico fuori norma e gli estintori sono guasti. Per molto meno un’azienda normale sarebbe già stata posta sotto sequestro.
Anche nella sezione penale la situazione non è bella. Negli uffici del Gip ci sono delle parti che a causa delle continue infiltrazioni d’acqua stanno crollando.
I dipendenti non sanno dove mettere i fascicoli e così hanno riempito le camere di consilio e non solo quelle.
Ogni volta che piove più del normale gli archivi si presentano in uno stato ancora peggiore. Anni e anni di lavoro finiscono sotto 30 centimetri d’acqua. E intanto la prima preoccupazione è quella di fare uscire l’acqua dall’archivio.
Gli archivi della Procura di Catania contengono documenti delicatissimi per lo svolgimento delle indagini sui rapporti tra mafia e personaggi eccellenti della città. La porta blindata è scardinata e appoggiata al muro.
Importanti documenti che dovrebbero mantenersi nel tempo, essendo prove a livello giudiziario, stanno marcendo. Alcuni sono già diventati inutilizzabili e altri rischiano di esserlo presto. Tra l’altro per le condizioni di pericolo che presenta l’archivio il personale non può accedere. Non sono al sicuro neppure gli ufficiali giudiziari che si trovano nei locali affittati, perché a causa della sofferenza della cassa del Comune, le minacce di sfratto sono dietro l’angolo.
Eppure per rimediare a questa situazione, al Comune sarebbe stato sufficente utilizzare i Fondi del Cipe per restaurare il vecchio palazzo che è invece ancora lì sottoposto a degrado e destinarlo agli uffici giudiziari. Ma non è possibile utilizzare i 140 milioni perché, come abbiamo sentito, sono finiti per coprire il buco del bilancio.
Ma se la lista di opere era inventata in base a quale criterio il Cipe aveva destinato i 140 milioni dei fondi Fas? Avevamo provato a chiederlo già nel marzo scorso ma ci fù consigliato di non trattare l’argomento e di posticiparlo.
Non abbiamo rimandato la puntata a data consona al Cipe, ma dopo più di 8 mesi se si va sul sito del Cipe, si vede che le delibere ci sono tutte e in numero progressivo. Ma dal numero 91 si passa al 93. Manca la delibera 92, proprio quella relativa allo stanziamento dei 140 milioni. Allora quale criterio è stato seguito per stanziare questa cifra? Il sindaco ci aveva parlato di un accordo precedente la delibera, in cui lo stesso sindaco ammetteva che l’accordo era precedente alla richiesta che aveva fatto al Cipe, che aveva chiesto 140 milioni ed il governo ha utilizzato lo strumento dei fondi Fas.
Ha ragione il sindaco, ci ha detto la verità: l’accordo è precedente, e tra le intercettazione agli atti dell’inchiesta sul buco di bilancio, ce n’è una dalla quale abbiamo finalmente capito come nascerebbe la cifra 140 milioni. E’ il 18 settembre 2008 e mancano pochi giorni alla delibera del Cipe. Il sindaco Stancanelli parla al telefono con il suo ragioniere generale, il Dott. Bruno, che è tra gli indagati e per questo è intercettato. Stancanelli confida al suo ragioniere che ha appena telefonato Berlusconi. Il Premier, dice Stancanelli, vuole sapere il valore dei beni che il Comune di Catania può vendere. Vuole una scusa per poter destinare i soldi. Il ragioniere Bruno risponde che un valore di massima lo si può inventare e lo invita a sparare una cifra sui cento milioni… anche se, ammette, è fondata su poco o niente. Bruno aggiunge poi che il valore complessivo dei beni del comune è di circa 140 milioni, ma confessa che il 90% è invendibile e che 140 milioni è la cifra che Stancanelli porta a Berlusconi. E per avere i soldi il sindaco, come abbiamo visto, inventa una lista di opere e la invia al Cipe. Ci penserà il governo, con un decreto ad hoc, a destinarli alla copertura dei disavanzi. Dopo più di un anno i 140 milioni non sono ancora arrivati ma il sindaco ne ha già utilizzata una parte per coprire i buchi di bilancio del 2003 e 2004. E per tranquillizzare i cittadini ha fatto una conferenza stampa mostrando una delibera della Corte dei Conti.
Insomma, soldi stanziati per fare opere sono stati già utilizzati per coprire buchi al bilancio vecchi di cinque anni e che formalmente erano stati già coperti. La Corte dei Conti cosa dice su questo? Per il sindaco Stancanelli la Corte dei Conti non dice:“ Potete coprire…” ma la Corte dei Conti dice: “ Avete fatto bene a coprire”.
Milena Gabanelli in studio: Non tanto legittimamente. E per la Corte dei Conti, nella delibera che il sindaco ha letto dice che tali operazioni non sono conformi. Per renderle possibili bisogna modificare il testo unico degli enti locali, che non è stato modificato. Quindi quei 140 milioni di non si possono usare per tappare un buco di bilancio vecchio di 5 anni fa. Pertanto il comune di Catania tecnicamente sarebbe fallito. E i 140 milioni stanziati sono frutto di una falsa rappresentazione contenuta in una richiesta del sindaco di Catania e diretta al Cipe. Una scusa, la cui origine, stando a quel che dice il sindaco, sarebbe stata concordata col Presidente del Consiglio. Quindi saremmo di fronte ad una destinazione di fondi per la finalità diverse su una lista inventata. Un reato, ha detto il sindaco, e chi suggerisce concorrebbe.