Confidenze di Riina a due guardie del carcere «Erano loro che cercavano me, per trattare»

«Io non ho cercato nessuno, erano loro che cercavano me, per trattare». È una delle frasi che Totò Riina avrebbe detto a due agenti del Gom (Gruppo operativo mobile, reparto mobile della polizia penitenziaria) mentre andavano nella saletta del carcere Opera di Milano per assistere a una delle udienze del processo sulla trattativa Stato-mafia. 

A raccontarle in aula, nell’udienza odierna dello stesso processo che si sta svolgendo nell’aula bunker del carcere Ucciardone di Palermo, è uno di quei due agenti, Michele Bonafede. Riina avrebbe parlato in due occasioni: il 21 e il 31 maggio 2013. E le sue frasi sono finite agli atti del processo. Tornando alla frase sibillina, Bonafede ha spiegato: «Sia io che il mio collega abbiamo chiaramente udito questa frase che non è stata preceduta o seguita da altre espressioni di Riina che potessero farci comprendere meglio il contesto da cui scaturiva. Riina era assolutamente lucido, cosciente, padrone di sé e ha scandito quelle frasi perché noi le sentissimo chiaramente. La frase è stata proferita da Riina circa uno o due minuti prima dell’accesso nella saletta e cioè durante il tempo utile a coprire il breve percorso del corridoio, considerato anche il passo lento del detenuto ormai anziano». Tuttavia sul finale della frase incriminata la versione dei due agenti è parzialmente diversa. Francesco Milano, l’altro poliziotto, riferisce di aver sentito: «Il non cercai a nuddu, furono iddi a cercare a mia». Senza aggiungere altro, né spiegare il contesto.

Ma non sarebbero le sole parole che il capomafia avrebbe detto. «Appuntato, ha visto quante persone hanno chiamato a testimoniare per il processo Stato-mafia? – ricostruisce ancora la guardia penitenziaria nella sua deposizione – Vogliono chiamare circa 130 persone. Le pare giusto quello che stanno facendo? Mi vogliono condannare per forza, mi vogliono mettere sotto pressione, a me e alla mia famiglia, facendo perizie calligrafiche». Affermazioni che risalirebbero al 21 maggio e che l’agente avrebbe subito riportato in una relazione di servizio. «Io di questo papello non so nulla, non l’ho mai visto – avrebbe aggiunto Riina -. La vera mafia in Italia sono i magistrati e i politici che si sono coperti tra di loro, loro scaricano ogni responsabilità sui mafiosi. La mafia quando inizia una cosa la porta a termine, assumendosi tutte le responsabilità, io sto bene, mi sento carico e riesco a vedere oltre queste mura».

«Io sono stato 25 anni latitante in campagna – avrebbe riferito Riina a Bonafede, come scritto dall’agente nella relazione di servizio – senza che nessuno mi cercasse, come è che sono responsabile di tutte queste cose? Nella strage di Capaci mi hanno condannato con la motivazione che essendo il capo di Cosa nostra non potevo non sapere. Lei mi ci vede a confezionare la bomba di Falcone?». Poi il padrino avrebbe aggiunto: «Brusca non ha fatto tutto da solo. Lì c’era la mano dei servizi segreti. La stessa cosa vale anche per l’agenda del giudice Paolo Borsellino. Perché non vanno da quello che aveva in mano la borsa e non si fanno dire a chi ha consegnato l’agenda? In via D’Amelio c’entrano i servizi che si trovano a Castello Utveggio e che dopo cinque minuti dall’attentato sono scomparsi, ma subito si sono andati a prendere la borsa».

Un Riina stranamente loquace avrebbe anche aggiunto una battuta sul suo arresto. «A me mi hanno fatto arrestare Bernardo Provenzano e Ciancimino e non, come dicono, i carabinieri». Confidenza riportata ancora da Bonafede e che confermerebbe quanto detto dal figlio di Ciancimino, Massimo, che per primo ha parlato del ruolo del padre e del capomafia di Corleone nella cattura di Riina. Al boss i carabinieri sarebbero arrivati grazie all’indicazione del covo segnata da Provenzano nelle mappe catastali fattegli avere dal Ros attraverso Vito Ciancimino. L’agente Bonafede racconto poi di aver posto una domanda al capomafia: «Ma è vera la storia del bacio ad Andreotti?», a cui Riina avrebbe risposto: «Appuntato, lei mi vede a baciare Andreotti? Le posso solo dire che era un galantuomo e che io sono stato dell’area andreottiana da sempre».


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