Un enorme edificio storico è oggi abbandonato da circa vent'anni. Dopo la gestione dello Stato e un'istanza da parte del Comune di Catania, l'immobile sarebbe di proprietà del demanio regionale. Intanto, abitanti e consiglieri lamentano il degrado e la presenza di clochard all'interno
Via Ala, il palazzo storico che cade a pezzi Crollo cornicioni. Il Comune: «Non è nostro»
Prima condominio appartenuto a un misterioso proprietario americano, poi casa protetta per i figli minori dei detenuti di piazza Lanza, ora scheletro disabitato, esposto ad incursioni notturne e a cedimenti strutturali. La vicenda del palazzo di via Ala 63 – una delle strade che costeggia il carcere cittadino – è un ulteriore capitolo che si aggiunge alla più ampia collezione di paradossi burocratici che, spesso, colpiscono gli immobili storici all’interno dei Comuni siciliani. Colpito nei giorni scorsi dal crollo di alcune parti di cornicione, l’«ennesimo» come fanno notare alcuni abitanti della zona, l’enorme edificio sarebbe ufficialmente disabitato da circa vent’anni.
Anche se, come conferma una signora che abita nel palazzo accanto, «è stato utilizzato come rifugio da persone senza fissa dimora». Una presenza che «non ha mai dato fastidio a nessuno», aggiunge l’anziana, ma che si è «ridotta nel tempo, dopo la cementificazione delle finestre e delle porte d’ingresso». Interventi che, come fanno sapere dal Comune di Catania, non sono stati effettuati dall’amministrazione cittadina ma che, a rigore di logica, sarebbero opera dell’effettivo proprietario della struttura: la Regione Siciliana. «Abbiamo chiesto formalmente che ci venisse consegnato – dicono dagli uffici comunali – Ma non ci è ancora stato assegnato. Quindi allo stato attuale quel palazzo non è nostro e noi non possiamo intervenire».
Dopo esser transitato per un breve periodo dalla gestione della Corte d’appello del tribunale di Catania e, quindi, del ministero della Giustizia – che lo utilizzava come spazio per accogliere le famiglie dei carcerati – l’immobile sarebbe stato trasferito al demanio regionale in seguito a un provvedimento legislativo degli anni Ottanta. Passato sotto il controllo di Palermo però, l’edificio sarebbe rimasto sfitto fino al 2015. Data in cui, con un provvedimento varato dal Consiglio comunale, palazzo degli Elefanti avrebbe presentato un’istanza per farlo rientrare nel novero delle sue proprietà. Per destinarlo, come prevede la legge, ad attività socioculturali. Dalla presidenza della Regione, però, non sarebbe mai arrivata risposta.
«La struttura è molto precaria e pericolante – spiega Salvo Tomarchio, consigliere comunale, presidente della commissione Patrimonio che, proprio in questi giorni, ha effettuato un sopralluogo sul posto – tra l’altro si trova in una zona dove passano gli autobus del Brt, e che è stata transennata in seguito agli ultimi crolli». Nonostante la smentita da parte degli uffici competenti, Tomarchio afferma che l’edificio sia stato affidato in comodato d’uso al Comune di Catania e, proprio per questo, chiede un intervento immediato da parte dell’amministrazione. «Abbiamo segnalato il problema ma nessuno ha ancora fatto nulla – spiega a MeridioNews – Dalla nostra ispezione, tra l’altro, abbiamo potuto appurare che ci sono persone che abitano lì dentro, abbiamo visto alcuni materassi».
La tesi è sostenuta anche dal collega di commissione Francesco Saglimbene che aggiunge: «Come spesso capita in questi casi – scrive il consigliere in una nota – la mancanza di controlli e il completo disinteresse dell’amministrazione ha trasformato l’immobile in un riparo per senza tetto. Se il Comune in questo momento non ha la possibilità di prenderne possesso ufficialmente – conclude – deve almeno adoperarsi per impedire il continuo via vai di clochard dal cancello arrugginito».