Società di autonoleggio truffava i clienti con verbali taroccati. Decisiva denuncia di due turisti

Danni alle vetture e violazioni del codice della strada – alcune mai commesse – ma che coincidevano con addebiti sulla carta di credito lasciata come garanzia. Lo schema è quello di una truffa ideata da una società di autonoleggio con sede a Siracusa ma attiva anche nei pressi dell’aeroporto Fontanarossa di Catania. Il sistema fraudolento è stato scoperto dalla polizia municipale di Catania dopo la denuncia di due turisti, originaria della Polonia. Proprio i vacanzieri erano le vittime preferite della società, il cui nome non è stato fornito agli organi di stampa. Secondo le stime degli inquirenti il profitto sarebbe stato di decine di migliaia di euro solo nel biennio 2018/2019.  In questo periodo – a fronte di effettive spese di riparazione auto di circa 10mila euro – la ditta in questione ha trattenuto dalle carte di credito dei clienti circa 150mila euro, ripartendo l’ingente differenza, in parti diverse, tra soci e dipendenti della società.

L’autonoleggio – quando non falsificava i verbali – riscuoteva dai clienti – mediante addebito sulla carta di credito registrata o sulla cauzione versata – le somme relative alle multe, facendo credere loro che il denaro riscosso sarebbe stato poi utilizzato per il pagamento delle multe. Di fatto la ditta, una volta incassato il denaro, non provvedeva al pagamento del verbale ma si limitava a comunicare il nominativo del cliente-trasgressore all’ente che lo aveva elevato, per la doppia notifica del verbale. I clienti truffati dovevano così pagare la multa due volte, all’autonoleggio e all’ente che l’aveva emessa.

Altra illecita fonte di reddito, molto più proficua, consisteva nell’addebitare ai clienti i costi per danni arrecati ai veicoli noleggiati, per importi sproporzionati rispetto all’entità del danno e nell’ascrivere lo stesso danno a clienti diversi. Impossibile per il cliente, soprattutto se straniero, verificare a posteriori la genuinità della richiesta di risarcimento e, quindi, nella maggior parte dei casi accettava di corrispondere il pagamento per l’ingiusto addebito.


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