Anche oggi le tute blu sono scese in piazza. Hanno prima 'presidiato' la sede dell'Agenzia delle Entrate della cittadina del palermitano. Poi si sono spostati alla stazione ferroviaria. Un'iniziativa già messa in campo ieri.
Termini, protestano operai «Esasperati e senza futuro»
Bissano la protesta gli operai dell’ex stabilimento Fiat di Termini Imerese e dell’indotto. Anche stamani si sono dati appuntamento davanti la sede dell’Agenzia delle Entrate della cittadina in provincia di Palermo. Un sit-in pacifico di oltre due ore contro lo stallo in cui si trova la vertenza. «Siamo un centinaio – racconta Roberto Mastrosimone, leader della Fiom Cgil Sicilia, a Meridionews -. Adesso ci siamo spostati alla stazione ferroviaria per occupare i binari». Una protesta che le tute blu avevano messo in campo già ieri, provocando ritardi e cancellazioni di treni.
Da gennaio non percepiscono la cassa integrazione in deroga, che scadrà il 31 maggio. «Sono esasperati – aggiunge il leader sindacale -. La vertenza ha assunto dimensioni drammatiche. Fino ad ora abbiamo assistito solo a pseudo imprese e a progetti mai realizzati. Le riforme pensionistiche hanno aggravato la situazione, consegnando una platea di lavoratori fuori dal mercato del lavoro, troppo vecchi per lavorare e troppo giovani per andare in pensione».
Gli operai si dicono pronti a non pagare le tasse: «Dal momento che lo Stato non ci versa la cig non pagheremo le tasse – dice Giovanni Schillaci, 44 anni, operaio della Biennesud -.Non possiamo andare avanti così, siamo senza stipendio da cinque mesi”. A Termini Imerese la svolta doveva arrivare a gennaio. Quando, cioè, in base all’accordo siglato, gli oltre 760 dipendenti dell’ex stabilimento del Lingotto avrebbero dovuto approdare alla corte di Blutec, newco del gruppo Metec. Ma, secondo quanto denunciato dalla Fiom, i lavoratori transitati nella nuova società non hanno ancora percepito lo stipendio di aprile. «Il progetto di rilancio dell’area industriale rischia di fallire, riaprendo una vertenza, che ci trasciniamo da anni. Occorre un accordo per una prospettiva seria, perché per il rilancio della fabbrica non bastano i fondi pubblici, ma una politica industriale capace di guardare a lungo termine».