Tassisti catanesi in agitazione «Non si mangia lo stesso panino in tre»

Piazza Università è piena di taxi. Con questo e altri presidi nella città i tassisti catanesi stanno protestando contro le prossime liberalizzazioni annunciate dal governo Monti e in solidarietà al movimento dei Forconi che dallo scorso lunedì blocca i punti d’accesso strategici delle città siciliane. In effetti molti problemi sono comuni, a cominciare dal caro benzina. «Abbiamo grandi problemi ad andare avanti con questo stato di cose, abbiamo dei costi di gestione altissimi tra cui la benzina che ormai ha i prezzi alle stelle e l’assicurazione che paghiamo con almeno il 40 per cento in più di una macchina normale, perché siamo radiotaxi. Inoltre siamo costretti a fare la revisione ogni anno anche in caso di macchina nuova. Con le liberalizzazioni saremmo finiti» afferma Francesco La Rosa. «Pago 1300 euro ogni sei mesi in prima classe» gli fa eco un altro tassista.

Il lavoro, poi, è poco. Si lavora soprattutto con i turisti, in particolare crocieristi, ma a volte è difficile a prescindere. «Aspettiamo ore e ore, anche quattro o cinque, all’aeroporto per una sola corsa» dice Francesco. I catanesi non sono buoni clienti, anzi non sono proprio clienti. A Catania, infatti, manca la cultura del taxi. «Nelle famiglie dei catanesi la voce taxi non esiste se non in casi di estrema emergenza» afferma ancora La Rosa.

Per quanti usufruiscono del servizio saranno giorni difficili, le corse sono garantite solo in caso di emergenza: «Faremo solo pronto soccorso e trasporto di persone invalide. Non sappiamo fino a quando durerà lo sciopero» rispondono gli operatori del servizio radio taxi catanese.

I problemi di categoria sono tanti, senza dimenticare la concorrenza sleale di chi tassista non è e invece si spaccia per tale. C’è anche chi viene dai territori limitrofi alla città, magari con licenza Ncc, noleggio con conducente, che non è proprio la stessa cosa del taxi. Con le nuove liberalizzazioni, che comunque non è ancora chiaro se verranno fatte in base al numero degli abitanti o più probabilmente saranno legate alle decisioni degli amministratori locali, i tassisti catanesi avrebbero quindi una preoccupazione in più: dividere il già poco lavoro che hanno con altri concorrenti. «Non c’è il mercato. È come se con lo stesso panino dovessimo sfamarci in tre, rimarremmo tutti morti di fame» lamentano. Tengono a specificare che loro non sono una casta. E lo stesso pensa anche Mario Cavallaro, un ex lavoratore Cesame, che passando in piazza ha voluto portare la sua solidarietà «agli amici tassisti, che hanno tutte le ragioni per manifestare». Guadagnano dalle 1000 alle 1300 euro al mese, «ma soprattutto d’estate e siamo i tassisti meno cari d’Europa» sottolinea Giuseppe Pelleriti.

Insomma, i tassisti catanesi sono convinti che le liberalizzazioni porteranno soltanto nuovi problemi ai già tanti che devono affrontare quotidianamente. Sono in piazza Università a manifestare come stanno già facendo i colleghi di categoria in altre città italiane e lì continueranno a stare. Loro che sono già in 200 a Catania, hanno paura che non riusciranno a portare i soldi necessari a casa per sfamare la famiglia. Hanno paura di dover vendere tutto e rimanere in mezzo alla strada. «Vogliono impoverirci e favorire i grandi gruppi che possono ancora permettersi investimenti. Non lo permetteremo» conclude Pelleriti.


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