Un’audizione protetta per ascoltare la 13enne vittima dello stupro di gruppo alla villa Bellini di Catania e il fidanzato 17enne. Un incidente probatorio per evitare che i due minorenni debbano poi essere chiamati a testimoniare durante il dibattimento pubblico per ripercorrere quanto accaduto nel tardo pomeriggio del 30 gennaio nei bagni del più importante giardino […]
Foto di Dario De Luca
Stupro di gruppo villa Bellini, oggi il racconto delle vittime ascoltate in modalità protetta
Un’audizione protetta per ascoltare la 13enne vittima dello stupro di gruppo alla villa Bellini di Catania e il fidanzato 17enne. Un incidente probatorio per evitare che i due minorenni debbano poi essere chiamati a testimoniare durante il dibattimento pubblico per ripercorrere quanto accaduto nel tardo pomeriggio del 30 gennaio nei bagni del più importante giardino pubblico del capoluogo etneo. Una prassi utilizzata quando le vittime e i testimoni sono «in condizioni di particolare vulnerabilità per la minore età e per la spiccata gravità dei fatti». La richiesta di procedere in questo modo per la violenza sessuale di gruppo ai danni dell’adolescente e per la violenza privata nei confronti del ragazzino era arrivata dal procuratore Sebastiano Ardita e dalla sostituta procuratrice Anna Trinchillo. Ad accoglierla è stato il giudice per le indagini preliminari Carlo Cannella che ha fissato per questa mattina l’incidente probatorio che si svolgerà in un’aula al terzo piano del tribunale dei minorenni di Catania.
«Trattandosi di soggetti minori vulnerabili – si legge nel documento dell’avviso di fissazione dell’incidente probatorio – per garantire serenità e attendibilità della testimonianza», verranno adottate particolari misure per l’audizione protetta. Innanzitutto, entrambi i minorenni esporranno i fatti – con loro testimonianza che saranno registrate per la successiva trascrizione – con il sostegno di personale specializzato: una neuropsichiatra infantile e una psicologa. Poi, verranno adottate tutte le cautele necessarie a evitare contatti (anche solo visivi, occasionali o temporanei), pure all’esterno del tribunale sia all’ingresso che all’uscita, tra le vittime e i sette ragazzi indagati. Per loro, che sono tutti di origini egiziane, sarà presente anche un interprete di lingua araba.
Secondo quanto emerso finora nel corso delle indagini iniziate con la denuncia dei due giovanissimi, il gruppo li avrebbe accerchiati all’uscita dei bagni di villa Bellini, quelli vicini all’ingresso di piazza Roma. Tutto sarebbe iniziato da un video girato con un cellulare da uno dei ragazzi alla giovane coppia appartata in quell’area del giardino pubblico. «Avevo sentito rumori provenire dall’altro bagno», aveva dichiarato il 17enne agli inquirenti ammettendo di non essersi reso conto che qualcuno stava filmando lui e la fidanzata. Lei sarebbe stata dell’idea di ignorare il video girato dagli sconosciuti per fare in modo che li lasciassero in pace; lui, invece, avrebbe insistito perché cancellassero quelle immagini offrendo in cambio i pochi soldi, le sigarette e un power bank che aveva in tasca. «Io sono pazzo, posso ammazzarti, posso spaccarti il culo», si sarebbe sentito rispondere però da uno dei ragazzi che avevano violato la loro privacy.
«Dai, dammi un bacio, non avere paura», avrebbe detto uno dei giovani iniziando a palpeggiare la 13enne prima di chiudere nel bagno. «Ero impanicata (spaventata, ndr) – aveva raccontato l’adolescente – Tentavo di respingerlo, ma la sua resistenza era maggiore della mia». Dietro la porta del bagno chiusa con il chiavistello, avviene la violenza. La prima. «Dicevo “Basta!”, chiedevo di smetterla ma non riuscivo a urlare». Esce uno, entra un altro. «Ero bloccata con le spalle al muro, lui tremava ed era contento». Dietro la porta, c’è il fidanzato 17enne tenuto immobilizzato da alcuni degli altri tra calci, spintoni e minacce di morte. Sente, impotente, i lamenti della fidanzata. Altri due indagati si sarebbero affacciati a guardare, a turno, arrampicandosi sul water nel bagno accanto. «Forse ridacchiavano», aveva riferito la vittima. Uno degli indagati, che si è dichiarato estraneo ai fatti, ha sostenuto di essersi avvicinato per caso dopo avere sentito delle urla, di essersi arrampicato, di avere visto la scena e di avere cercato di fare spaventare l’aggressore per farlo scappare. Un racconto non confermato dalle vittime che sostengono che nessuno abbia provato a dissuadere gli altri.
In un momento di distrazione, la 13enne sarebbe riuscita a liberarsi e a uscire dal bagno. Si divincola anche il 17enne e, insieme, corrono verso l’ingresso principale di villa Bellini, verso via Etnea. Sulla grande scalinata, la 13enne si sarebbe accasciata e avrebbe iniziato a piangere. Lì alcune persone si sarebbero avvicinate per soccorrerla, mentre il fidanzato allerta i carabinieri che, arrivati sul posto, fermano subito alcuni dei giovani, quelli che non erano riusciti a fuggire. Non è ancora chiaro se fosse un unico gruppo: stando a quanto emerge, infatti, i ragazzi sarebbero stati in tutto una decina (e non solo i sette indagati per cui sono stati convalidati i fermi), alcuni sconosciuti tra loro. Da alcune testimonianze pare ci fosse anche un italiano.