A meno di cento metri dall’ingresso principale della caserma Gamerra di Pisa, dove nel 1999 il parà siracusano è stato ucciso, da oggi c’è il giardino Emanuele Scieri. «Così il suo nome e la sua storia verranno tramandati alle generazioni future e ricordati per sempre». È la speranza commossa di Isabella Guarino, la madre del 26enne trovato morto a soli tre giorni dall’arrivo in caserma per il servizio militare di leva, che all’epoca era obbligatorio. Una vicenda per cui, a distanza di quasi un quarto di secolo dai fatti, è iniziato un processo per omicidio volontario aggravato. Al momento, è in corso l’Appello per due ex caporali – Alessandro Panella e Luigi Zabara – mentre è stato assolto un terzo ex commilitone, Andrea Antico. Dal procedimento erano già usciti i vertici militari, ovvero gli ex ufficiali della Folgore Enrico Celentano e Salvatore Romondia, che erano imputati per favoreggiamento.
«Sono passati 25 anni – ha detto il fratello, Francesco Scieri, durante la cerimonia di inaugurazione del giardino in via Di Gello – ma sono contento che ci siano anche alcuni rappresenti dell’esercito. Non abbiamo mai avuto un conflitto con l’esercito, ma – ha sottolineato – solo con chi non ha tutelato la vita di Emanuele e ha determinato un’ombra anche sulle divise». Dal giardino Emanuele Scieri si vedono le torrette di lancio per le esercitazioni della Gamerra. «Siamo vicinissimi alla caserma – ha ribadito il sindaco di Pisa, Michele Conti – In questa area verde riqualificata, il bianco e il rosso (che sono i colori della città) abbracceranno il nome di Emanuele Scieri. Chi passerà da qui – ha aggiunto il primo cittadino – lo leggerà sulla targa e speriamo abbia la curiosità di conoscerne la storia. Per non dimenticarlo e per evitare che possano accadere ancora vicende simili».
Al centro del giardino Emanuele Scieri, che è stato già inserito nella toponomastica di Pisa, è stato piantato un Liquidambar, che – come ha spiegato l’assessora Gabriella Porcaro – è «una pianta che evoca la pace. L’abbiamo scelta perché, simbolicamente, speriamo possa aiutare a sanare la ferita che quell’atroce delitto ha inferto anche alla città». Un atto dal valore simbolico che è stato apprezzato da chi, dall’indomani della morte del parà siracusano, lotta perché abbia verità e giustizia. «Una vita, quella di Emanuele, spezzata senza un motivo, senza una ragione, senza un perché. Il percorso giudiziario – dice il presidente dell’associazione Giustizia per Lele, Carlo Garozzo – continuerà a fare il suo corso, ma in quell’area verde il nome di Emanuele guarderà fiducioso al futuro, a una società migliore, senza violenza, senza l’esercizio della prevaricazione, senza nonnismo, senza bullismo, senza viltà, a una società pulita, sana e giusta».
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