Il sociologo dell'università di Torino è stato ospite di un dibattito sui processi di trasformazione che riguardano il quartiere popolare di Catania. L'evento è stato inserito nel programma del progetto Trame di Quartiere. «Naturale l'interesse dei privati ma bisogna chiedere qualcosa in cambio»
San Berillo, rigenerazione secondo Giovanni Semi «Usare investimenti privati anche per gli abitanti»
«La rigenerazione urbana deve essere fatta con un approccio consapevole tra amministrazione comunale, realtà associative e abitanti». È questa la ricetta proposta da Giovanni Semi per il rinnovamento del quartiere popolare di San Berillo. Professore di Sociologia al dipartimento di Culture, politica e società dell’università di Torino, studioso del fenomeno di rigenerazione e rinnovamento dell’aree urbane, è l’autore del libro Gentrification. Tutte le città come Disneyland?. Semi è stato il relatore di un seminario inserito nel calendario di Trame di quartiere, il progetto vincitore del concorso di idee Boom polmoni urbani che mira alla promozione di nuovi modelli di sviluppo nello storico rione catanese.
«Mi è sembrato un quartiere molto ricco di storie, con un vissuto importante che deve essere raccontato», spiega il docente piemontese a MeridioNews. Tra i vari spunti c’è quello sul tessuto urbanistico, definito «straordinario e che merita di essere preservato». Da tutelare c’è pure la «vecchia vita dell’area in un processo di trasformazione che prima o poi dovrà occuparsi della zona che mi pare sia stata già stata lasciata andare abbondantemente».
Quando si parla dei privati, come probabili protagonisti della nuova veste di San Berillo, emergono i timori legati alla speculazione immobiliare e all’espulsione degli abitanti originari a favore di classi più agiate: un insieme di fenomeni riassunti nel sostantivo gentrification. Per Semi la via d’uscita è rappresentata da un «processo di trasformazione negoziato». Una sorta di «sforzo congiunto nella gestione del processo di cambiamento».
Gli attori dovrebbero essere l’amministrazione pubblica, le realtà associative e gli stessi abitanti rimasti tra i vicoli del quartiere a luci rosse. «È naturale che i capitali provengano dai privati – analizza il sociologo – ma si può chiedere loro qualcosa in cambio come ad esempio di destinare parte del nuovo costruito al sociale e agli stessi abitanti».
Sul nuovo volto di San Berillo non ci sono ancora tante certezze così come, secondo lo studio, non ci sono oggi esempi interessanti di rigenerazione e rinnovamento delle aree urbane che possano essere presi come modelli virtuosi. «Ci sono state stagioni positive per la politica urbanistica negli anni ’70 – conclude – con amministrazioni che tutelavano ma successivamente c’è stato un lungo periodo di abbandono di queste politiche».