Ristorazione e campetti in mano a Cosa nostra Roberto Vacante gestiva i soldi dei Santapaola

Una montagna di soldi sporchi da riciclare in affari apparentemente puliti. Da anni sarebbe stato questo il pensiero fisso di Roberto Vacante. È il suo il nome di spicco dell’operazione antimafia Bulldogportata a termine all’alba di oggi dalla squadra mobile etnea su delega della procura di Catania. L’indagine, iniziata a novembre del 2012, ha tolto il velo su una fitta rete di società e teste di legno che avrebbero gestito i capitali della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola. Tra le 16 persone coinvolte c’è anche Irene Santapaola, nipote del capomafia Benedetto, sorella di Antonino e Vincenzo detto Il grande, recluso al carcere duro, e sopratutto moglie di Vacante. Una dinastia che, secondo gli investigatori, viene tramandata attraverso il vincolo di sangue di generazione in generazione

Al centro del sistema scoperto dagli agenti ci sarebbero state
numerose società, che sono state sottoposte a sequestro preventivo e affidate a un amministratore giudiziario. Tra queste la Sportitalia, che gestiva alcuni campi da calcetto nel quartiere Cibali, quote della società Parking car srl, che in via Santa Sofia si occupa di parcheggi e lavaggio auto, ma anche la Giarrusso catering, azienda titolare di una rosticceria in via Renato Imbriani. Nella misura interdittiva sono finiti anche il lido balneare di Riposto Satin blu, nella frazione di Torre Archirafi e le quote della società The bull dog camp. Una cooperativa – da qui il nome dell’operazione – che si stava occupando dei lavori di realizzazione di alcuni campi da calcio nella periferia di Nesima.  Non solo palloni e macchine da lucidare, i Santapaola avrebbero lavato i soldi della famiglia anche nella periferia cittadina attraverso un centro estetico a San Gregorio di Catania e il ristorante L’Oste di Tremestieri Etneo

«Li abbiamo colpiti al centro dei loro interessi – spiega il magistrato Rocco Liguori -, ossia l’attività economica e di natura patrimoniale». Ad allargare le fila del gruppo ci sono anche alcuni uomini ritenuti vicini agli affari di Vacante. Il fratello Giuseppe, il tuttofare Santo Patantè e Francesco Russo. Quest’ultimo viene definito un elemento di cerniera, non affiliato a Cosa nostra ma che si sarebbe occupato di svolgere alcune mansioni delicate. «Un gruppo accorto – lo definisce il pm Liguori -, basti pensare che molti incontri venivano tenuti al cimitero». Il silenzio del campo santo, secondo gli inquirenti, sarebbe servito a Vacante e soci per discutere affari e programmare anche una fiorente attività di recupero crediti. Numerosi commercianti si sarebbero rivolti a boss e gregari per ottenere delle spettanze: «Nessuno dei debitori però ha collaborato con la giustizia e ha ammesso di essere stato taglieggiato», è il commento sconfortato che arriva dalla procura etnea. 

Il passato criminale di Vacante è legato a numerosi arresti, condanne e aneddoti. Alcune fotografie lo hanno immortalato a cena, all’interno di un albergo a cinque stelle a Taormina, in compagnia di Eugenio Sturiale. L’ex capomafia, capace di girare le principali cosche della città di Catania, che oggi è tra i principali collaboratori di giustizia. Nel 2000 Vacante viene coinvolto in un’inchiesta insieme al consigliere comunale catanese Alfio Russo. Il medico e politico democristiano viene però assolto dopo qualche anno dal reato di concorso esterno alla mafia. Nel 2007 il nome del genero di Salvatore Santapaola finisce nella lista dell’ordinanza cautelare dell’operazione Arcangelo con le accuse di traffico di droga ed estorsioni. Successivamente viene condannato a sei anni nel processo con rito abbreviato. L’ultimo capitolo delle vicissitudini giudiziarie era quello risalente al 2012 con l’operazione Efesto


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