Regione, un Governo nel panico fa ‘pace’ con se stesso e con il PD. La situazione è grave ma non seria…

LA BARCA DI CROCETTA RISCHIA DI AFFONDARE PER DAVVERO. TANTO CHE, IERI, ANCHE IL MINISTRO ALFANO HA LANCIATO UN SEGNALE AD ANTONELLO MONTANTE, CHE E’ IL VERO ‘CAPO’ DEL’ARMATA BRANCALEONE CHE OGGI HA IN MANO LA SICILIA

All’Ars, ormai, siamo alla farsa. Mentre la Sicilia affonda giorno dopo giorno, travolta da mille problemi irrisolti, con intere categorie di lavoratori che si accingono a organizzare manifestazioni e scioperi, Sala d’Ercole continua a restare paralizzata.

Le cronache di ieri – che non sappiamo se definire comiche o tragiche – registrano una presa di posizione del presidente della Regione, Rosario Crocetta, che se la prende con il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, reo, a suo dire, di aver fatto perdere tempo al Parlamento siciliano.

Un’accusa così ridicola che si commenta da sé. In realtà, a non sapere quello che deve fare è lo stesso Crocetta, che sembra più confuso che persuaso. Dopo aver firmato decine e decine di intese e accordi vari con questa o quella categoria sociale – intese e accordi che lo stesso Governo si è guardato bene dal rispettare (anche perché non è in grado di rispettarle) – il presidente della Regione si ritrova in mezzo al mare.

Non, per sua fortuna, in una delle tante carrette del mare che solcano il Mediterraneo con il rischio di affondare, me in mezzo al mare della politica siciliana che né lui, né i suoi alleati – il senatore Lumia e Confindustria Sicilia – hanno dimostrato di conoscere.

Di fatto, il Governo naviga a vista. Lo ribadiamo: né il vero ‘capo’ di questo Governo, il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, né Lumia né, tanto meno, il presidente della Regione sanno dove mettere le mani. L’attacco sbrindellato del governatore al presidente dell’Ars, più che una manifestazione di forza sembra una testimonianza palmare di debolezza politica.

Anche la sceneggiata andata in scena ieri nella sede del gruppo parlamentare del PD non è facile da interpretare. Gli osservatori attenti non possono non aver notato il cambio di linguaggio dei vertici del Partito Democratico nelle ultime due settimane.

Dalle polemiche roventi tra Crocetta e il segretario regionale del Partito, Giuseppe Lupo, si è passati al silenzio tombale sui nodi politici tra PD e Megafono che non sono mai stati sciolti.

Forse, all’arrivo di questa strana ‘pace’ hanno contribuito i fatti interni al PD, con l’imminente elezione dei segretari provinciali. E con l’entrata in scena, piuttosto ‘pesante’, dei renziani siciliani, ormai alleati di ferro di Crocetta.

Non può essere escluso che a quest’accordo tra il Governo regionale e i renziani dell’Isola abbiano avuto un ruolo, tutt’altro che secondario, Matteo Renzi e Antonello Montante. Quest’ultimo, ormai, è troppo potente per non parlare direttamente con quello che in Sicilia di definisce “il principale”.

Ma gli scenari interni al PD siciliano non spiegano l’improvvisa ‘esplosiome di pace’ tra Partito Democratico e Governo Crocetta. Se, da un lato, ricordando una celebre battuta di Ennio Flaiano, si può affermare che la situazione, tra PD e Crocetta, “è grave ma non seria”, la situazione della Sicilia, purtroppo, è seria.

Se le dimissioni degli assessori Luca Bianchi e Nino Bartolotta si sono trasformate in un’operetta oscena, i danni prodotti soprattutto dall’assessore all’Economia sembrano irreversibili. Prova ne è il fatto che l’assessore Bianchi, dai primi di settembre ad oggi, non ha cavato un ragno dal buco.

Per essere chiari, noi torniamo alla nostra tesi: a nostro avviso non è da escludere che PD e Crocetta stiano mettendo nel conto l’ipotesi di scioglimento anticipato dell’Ars. Ad avvalorare la nostra tesi ci sono almeno tre elementi. Vediamoli.

Il primo elemento è rappresentato dalle difficoltà nel mettere giù il Bilancio regionale 2014. Già le condizioni erano difficilissime lo scorso agosto, quando il Governo ha inviato ai dipartimenti regionali un ‘bozzone’ a ‘chilometro zero’. Dove per ‘chilometro zero, in questo caso, si intende l’impossibilità di far ‘camminare’ il prossimo Bilancio insieme al governo dell’Amministrazione, dato che il quel ‘bozzone’ intere categorie sociali venivano lasciate senza risorse finanziarie.

La situazione si è aggravata con la comparsa della manovra di ‘stabilità’ del Governo Letta-Alfano. Che, oltre a contenere una quantità impressionante di tasse occulte (cosa, questa, che avvantaggia il Movimento 5 Stelle), prevede un ulteriore inasprimento a carico delle Regioni. Del quale nemmeno noi abbiamo compreso i termini, visto che il ‘bozzone’ dello scorso agosto contiene già un nuovo ‘regalo’ della Sicilia a Roma pari a circa un miliardo di euro. La manovra del Governo Letta-Alfano prevede un ulteriore prelievo?

Il secondo elemento che lascia immaginare un non improbabile ricorso alle urne e al contestuale commissariamento della Regione è la strana dichiarazione venuta fuori durante i lavori dell’assise dei Democratici e Riformisti. I rappresentanti di questo schieramento politico, a un certo punto, si sono detti disponibili “a sostenere il secondo mandato di Crocetta”. Quello che state leggendo è ciò che abbiamo letto su altri giornali.

Da qui una domanda: che senso ha parlare di un “secondo mandato” a meno di un anno dall’insediamento del Governo, se la legislatura dovrebbe durare cinque anni? I vertici dei Democratici e Rifornisti sono impazziti? Non esattamente. Anche loro stanno mettendo nel conto l’impossibilità di approvare il Bilancio 2014.

Il terzo elemento che lascia ipotizzare un imminente scioglimento dell’Ars sono le dichiarazioni rilasciate ieri dal ministro Angelino Alfano, che la lodato quello che, lo ribadiamo, è il vero ‘capo’ del Governo effettivo della Sicilia: Antonello Montante.

Alfano – che in questo momento gioca cinicamente su quattro cinque tavoli politici (mantiene i rapporti con Berlusconi, lavora con Casini al Ppe, governa con Letta) ha lanciato anche un messaggio a Montante. Come decifrarlo? A nostro avviso, che un eventuale commissariamento della region e non intaccherebbe il grumo di affari in corso d’opera negli ex Consorzi Asi.

Insomma, anche senza Governo e Parlamento dell’Isola, la Sicilia che conta, secondo uno schema che va avanti dal 1943 ai nostri giorni sarebbe ‘salva’.

 

 


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